L’Ufficio parlamentare di Bilancio smonta la manovra economica del governo BisConte

Nel 2020 crescita molto modesta (+0,2%), con il rischio di cadere in recessione specie se aumenterà l’Iva dal 10% al 12% e dal 22% al 25,5%.

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Ufficio parlamentare di Bilancio

Nonostante gli sforzi messi in campo dalle forze di maggioranza del governo BisConte, l’Ufficio parlamentare di bilancio, organismo super partes, smonta la manovra economica 2020 e il sempre più certo aumento dell’Iva nel 2021 già inserito nella manovra con le clausole di salvaguardia.

Nella sua “nota sulla congiuntura di febbraio” redatta dall’Ufficio parlamentare di bilancio in merito alle previsioni macroeconomiche 2020, il Pil nel 2020 crescerà solo dello 0,2%, replicando il misero dato del 2019. I primi spiragli di luce dovrebbero arrivare nel 2021, quando si dovrebbe registrare un +0,7%; ma sarà decisiva la disattivazione delle clausole di salvaguardia: l’aumento dell’Iva potrebbe tagliare le stime tra 0,1 e 0,3 punti percentuali, portando il Pil tra lo 0,6% e lo 0,4%.

Il dossier contiene le previsioni sul mercato del lavoro, dove si scrive che «l’effetto congiunto dell’introduzione del reddito di cittadinanza e quota 100 «sarebbe pressoché neutrale sul tasso di partecipazione». Il tasso di occupazione quest’anno «resterebbe invariato» sui livelli del 2019, mentre nel 2021 «fletterebbe marginalmente». La stima di febbraio 2020 si discosta dall’ultimo scenario formulato dall’Upb, che risale a ottobre 2019 quando, in occasione della nota di aggiornamento al Def, aveva previsto una crescita dello 0,5%. A modificare il dato è stata «prevalentemente l’inattesa, marcata, flessione del nello scorcio finale del 2019», sommata alla revisione al ribasso delle ipotesi di domanda estera su tutto l’orizzonte di previsione. L’Ufficio parlamentare di bilancio ritiene, inoltre, che «i fattori di rischio sulla crescita economica sono fortemente orientati al ribasso».

Se da una parte si registra «l’assenza di nuove tensioni sulle politiche commerciali e l’avvio della Brexit in condizioni ordinate», dall’altra parte di rileva che (anche se non sono considerati nella stima) potrebbero emergere «nuovi fronti di instabilità politica, in particolare in Medio Oriente, oltre che rischi ambientali». Un «rischio specifico» riguarda, inoltre, gli effetti economici del coronavirus, che «non vengono quantificati in questo quadro previsivo, in quanto le informazioni disponibili sono ancora troppo preliminari».

La crescita del 2019, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, «risultata moderata nei primi tre trimestri dell’anno», mentre negli ultimi tre mesi «ha segnato una brusca interruzione nel quarto (-0,3%). Tale evoluzione implica un trascinamento statistico negativo per l’anno in corso (-0,2 punti percentuali)».

I modelli di previsione di breve periodo dell’Ufficio parlamentare di bilancio stimano che, nel trimestre in corso, «il Pil non recupererebbe il netto calo del periodo precedente». L’attività economica, secondo l’analisi, «riprenderebbe vigore nei trimestri successivi, sostenuta dal lento recupero della domanda interna, mentre l’apporto di quella estera netta sarebbe nullo».

La crescita dell’economia italiana nell’orizzonte di previsione, si legge nell’indagine, «sarebbe prevalentemente sospintadalla domanda finale interna, che contribuirebbe alla dinamica del Pil per oltre mezzo punto percentuale nella media dei tre anni». Mentre l’apporto complessivo della domanda estera netta «si annullerebbe quest’anno e si innalzerebbe appena il prossimo».

Dal lato delle componenti di domanda, la spesa delle famiglie, dopo il lieve rallentamento nel 2019, resterebbe «moderata quest’anno (0,4%)», ma «si riporterebbe gradualmente verso un sentiero di crescita di lungo periodo nel 2021 (0,7%)». I consumi privati, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, sarebbero «sospinti dalla dinamica del potere d’acquisto, che si avvantaggerebbe delle misure previste nella manovra di bilancio, dell’aumento dell’occupazione e della moderata inflazione al consumo».

Il processo di accumulazione di capitale, «in accentuato rallentamento» nel 2019, è atteso «in ulteriore indebolimentoanche quest’anno (0,4%), risentendo dell’elevata incertezza economica e geopolitica e delle modeste attese sulla domanda interna, nonostante costi del finanziamento contenuti». La spesa per investimenti, secondo l’Ufficio, sarebbe «nuovamente in miglioramento l’anno prossimo, comunque a un ritmo moderato (1,4%, a fronte di un tasso di crescita più che doppio nella media del precedente triennio)».

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