Qualcuno s’ostina a dire che il turismo e i servizi connessi costituiscono una sorta di miniera d’oro dell’economianazionale, ma altri tentano di soffocare uno dei pochi settori “in tiro” dell’economia nazionale, anche se l’epidemia di coronavirus ci ha messo lo zampino per stopparlo, cui s’aggiunge anche la “manina” della maggioranza di governo che propone di aumentare l’Iva sulle prestazioni rese da alberghi e ristoranti per cercare di chiudere i buchi sempre più grandi che si allargano nel bilancio dello Stato.
Insomma, il solito comportamento schizofrenico di una maggioranza di sinistra con poche idee e molto confuse, che rischia di compromettere anche quel poco che funziona del Paese, scatenando le reazioni delle categorie interessate.
«Il governo dice di voler ridurre le imposte sui ceti medio-bassi e per farlo propone di alzare l’Iva sul turismo, in particolare hotel e ristoranti, come se fossero soltanto i turisti stranieri a mangiare fuori casa o dormire in albergo – afferma Roberto Calugi, direttore generale di Fipe, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi -. Ovviamente non è così: ogni giorno circa 10 milioni di lavoratori pranzano nei bar e nei ristoranti e lo fanno per necessità, non certo per scelta. Un aumento dell’Iva colpirebbe innanzitutto loro. Le risorse per ridurre l’Irpef vanno trovate altrove».
Calugi rincara: «come se non bastasse, l’idea di rendere più salato il conto al ristorante per i turisti stranieri tradisce un paradosso di fondo: sono sempre di più le persone che arrivano in Italia per vivere un’esperienza non solo artistica, ma soprattutto enogastronomica, resa possibile dalla professionalità dei nostri cuochi e ristoratori. Penalizzare questa fetta di mercato, sulla quale in queste settimane già pesa l’insicurezza dovuta al Coronavirus, rischia di essere controproducente per tutti». Oltre che mettere un tappeto rosso per i turisti diretti in Francia, Austria e Croazia, che sentitamente ringraziano.
«Negli ultimi 10 anni – conclude Calugi – l’occupazione nel settore della ristorazione è cresciuta del 20%, mentre negli altri comparti è scesa del 3,4%. Mortificare uno dei pochi settori dinamici, capace di dare lavoro a 1,2 milioni di persone, non è certo una soluzione vincente per rilanciare i consumi e, più in generale, l’economia dell’intero Paese».
«Già ora l’Italia sconta un livello medio di prezzo su alberghi e ristoranti superiore a quello della concorrenza dei paesi confinanti, che possono contare su una tassazione inferiore, minori costi dell’energia e burocrazia meno farraginosa – afferma l’ex sottosegretario al Mef, Massimo Bitonci –. L’idea di aumentare l’Iva su alberghi e ristorazione portandola dall’attuale 10% al 22% (o, peggio, al futuro 25%), significa solo che il governo BisConte vuole allargare le fila dei percettori del fallimentare reddito di cittadinanza, incorporando tutti i lavoratori di questi settori delle aziende che saranno costrette alla chiusura. Siamo dinanzi all’ennesimo provvedimento contrario all’impresa e all’economia nazionale».
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