Secondo lo studio di Unioncamere giù i prodotti non alimentari (-10%), stabile l’occupazione ma peggiorano le previsioni
Nel secondo trimestre 2012, sulla base dell’indagine VenetoCongiuntura condotta su un campione di 1.046 imprese con almeno 3 addetti, le vendite al dettaglio hanno registrato una forte flessione del -8,7% rispetto allo stesso periodo del 2011. La marcata contrazione dei consumi è ascrivibile a tutti i segmenti, ma la performance peggiore si registra nel commercio al dettaglio dei prodotti non alimentari con un calo del -10%. Più contenute, ma comunque molto negative, le variazioni per supermercati, ipermercati e grandi magazzini (-8,3%) e per il commercio al dettaglio di prodotti alimentari (-7,1%).
In aumento i prezzi di vendita (+0,5%), con variazioni più marcate per il commercio al dettaglio alimentare (+1,3%). Migliore l’andamento per commercio al dettaglio non alimentare e supermercati, ipermercati, grandi magazzini con una variazione del +0,4%. Crescita del +0,6% per le piccole superfici e del +0,4% per le medie e grandi. In linea col fatturato, gli ordinativi hanno segnato una flessione del -6,8% su base annua. La performance peggiore è stata rilevata per supermercati, ipermercati e grandi magazzini (-7,4%), seguiti dal commercio al dettaglio non alimentare (-6%) e dal commercio al dettaglio alimentare (-4,5%). Per quanto riguarda la classe dimensionale, i più colpiti risultano i punti vendita di media e grande superficie (-7,4%). Nonostante l’andamento negativo delle vendite, in linea con quanto rilevato nei trimestri precedenti, l’occupazione registra un aumento del +0,7% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. Diverse però le dinamiche relative ai settori: supermercati, ipermercati e grandi magazzini hanno segnato un aumento del +1,7%, negative invece le variazioni per commercio non alimentare (-2,5%) e per il comparto alimentare (-0,8%). Ad una variazione positiva nelle medie e grandi superfici (+1,8%), fa da contraltare la variazione negativa nelle piccole (-2,1%).
Peggiorano le attese degli imprenditori: il saldo tra chi prevede un aumento e chi una diminuzione delle vendite è di -48,1% contro il -35,8% del trimestre precedente. Per gli ordinativi le previsioni negative salgono al -45,% rispetto al -37,2% precedente. Le aspettative per l’occupazione sono -12,5% rispetto al -11,3% precedente), per i prezzi di vendita +4,5% contro +12,3% precedente.
Per Alessandro Bianchi, presidente Unioncamere del Veneto, “i dati del secondo trimestre mostrano una nuova e più marcata flessione nelle vendite al dettaglio (-8,7% rispetto al 2011) e dietro questi numeri si nascondono consumi sempre più deboli che, in termini reali e a livello pro capite, potrebbero toccare nel 2012 livelli minimi mai raggiunti prima. Tale dinamica è ascrivibile al continuo peggioramento del clima di fiducia dei consumatori che a giugno 2012 ha toccato un nuovo minimo, pesantemente condizionato dalle condizioni economiche delle famiglie”. A ciò, secondo Bianchi, “si aggiungono le numerose chiusure di esercizi commerciali: tra gennaio e giugno quasi 5.000 negozi hanno chiuso i battenti e il saldo tra nuove aperture e chiusure è risultato negativo per 1.800 unità. Il quadro che emerge non è incoraggiante, nemmeno se guarda al dato dell’occupazione, l’unico di segno positivo (+0,7%), ma prevalentemente ascrivibile all’incremento della domanda di lavoro innescata dalle aperture domenicali e festive nella grande distribuzione. Ciò significa che si tratta di lavoro temporaneo svolto da figure che non hanno professionalità”.
Per il presidente di Unioncamere del veneto “appare sempre più necessario ripensare il settore commerciale, che va modernizzato al fine di soddisfare le diverse nicchie di consumatori, mettendo a sistema esperienze già sperimentate con successo, come quelle dei centri commerciali naturali e dei distretti urbani del commercio. In un contesto economico in cui la ripresa stenta ad arrivare, permangono tuttavia forti criticità legate all’aumento dei prezzi (in agosto quelli relativi ai prodotti di acquisto e utilizzo quotidiano – il c.d. “carrello della spesa” – sono cresciuti del +4,2% in un anno), alla sostanziale stazionarietà dei salari e all’eccessiva pressione fiscale che riduce il potere d’acquisto delle famiglie”.