La filiera agroalimentare italiana, secondo uno studio Teh-Ambrosetti, vale 540 miliardi di euro

Serve più equilibrio nella distribuzione degli utili tra gli operatori della filiera, che vede la produzione al capo estremamente penalizzata. Gran parte dei margini in mano a settori estranei alla produzione alimentare. 

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La filiera agroalimentare italiana estesa (agricoltura, industria, intermediazione, distribuzione e ristorazione) è il primo settore economico italiano, con un fatturato totale di 538,2 miliardi di euro (pari alla somma del PIL di Norvegia e Danimarca), un valore aggiunto di 119,1 miliardi di euro (4,3 volte le filiere estese automotive e arredo e 3,8 volte la filiera dell’abbigliamento estesa) e sostiene 3,6 milioni di occupati (pari al 18% del totale degli occupati in Italia), con 2,1 milioni di imprese. Questa la fotografia scattata da The European HouseAmbrosetti, che ha presentato il rapportoLa creazione di valore lungo la filiera agroalimentare estesa in Italia” assieme a Federdistribuzione, ANCC Coop, ANCD Conad e in collaborazione con ADMAssociazione Distribuzione Moderna.

Valerio De Molli, Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti, presentando il rapporto, ha spiegato il calcolo dell’utile di filiera: «ogni 100 euro di consumi alimentari degli italiani, il 32,8% remunera i fornitori di logistica, packaging e utenze, il 31,6% il personale della filiera, il 19,9% le casse dello Stato, l’8,3% i fornitori di macchinari e immobili, l’1,2% le banche, l’1,1% le importazioni nette e solo il 5,1% gli operatori di tutta la filiera agroalimentare estesa». Non solo: secondo De Molli «questi 5,1 euro di utile per ogni 100 euro di consumi alimentari si ripartiscono nelle seguenti proporzioni: l’Industria di trasformazione alimentare ottiene la quota maggiore, pari al 43,1%; il 19,6% va all’Intermediazione (grossisti e intermediari in ambito di agricoltura, industria e commercio); il 17,7% all’Agricoltura; l’11,8% alla Distribuzione e il 7,8% alla Ristorazione».

Il rapporto, infine, sottolinea anche che, all’interno dell’Industria di trasformazione alimentare, la ripartizione dell’utile è altamente concentrata: le aziende leader con una quota di mercato superiore al 40% nei propri mercati di riferimento (57 aziende su 56.757) catturano il 31,1% dell’utile di tutta l’Industria alimentare e il 13,4% dell’utile dell’intera filiera agroalimentare.

Secco il commento delle associazioni della grande distribuzione rappresentate in conferenza stampa dai loro pesi massimi – Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione, Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, e Giorgio Santambrogio, presidente di Adm nonché amministratore delegato di VeGé – che hanno rilasciato una dichiarazione comune in cui s’afferma che «l’analisi di The European HouseAmbrosetti pone in luce una situazione inequivocabile: la filiera agroalimentare in Italia produce poco utile per i suoi azionisti diretti e la ripartizione di questo utile è dominata dall’Industria di trasformazione, con una quota in crescita significativa negli ultimi 6 anni e un estremo livello di concentrazione, considerando che solo 57 grandi imprese industriali, in gran parte multinazionali, assorbono un utile complessivo superiore a quello dell’intera distribuzione».

Secondo gli esponenti della Gdo, si tratta di «un quadro di squilibrio che dura da anni e che si è accentuato nel tempo, lasciando alle altre componenti della filiera la ripartizione di un utile sempre minore. La quota di utile ottenuta dalla Distribuzione è infatti poco più di un quarto di quella dell’Industria ed è in diminuzione, come lo è anche quella dell’agricoltura. Il fatto che solo l’1 per mille delle imprese industriali assorba un utile di filiera così elevato pone un serioproblema di equilibrio: questi pochi gruppi si pongono di fronte alle altre componenti di filiera, a monte e a valle, in una posizione di grande forza, capace di superare ogni confronto e di imporre le proprie condizioni in tutte le forme di negoziazione e trattativa».

La dichiarazione delle quattro associazioni della Grande Distribuzione si conclude con un appello alle istituzioni ed al mondo politico: «la filiera agroalimentare italiana è un patrimonio che dobbiamo coltivare e sviluppare, non solo per il valore che ha di per sé ma anche per la sua capacità di attivare indotto e crescita dei territori. E’ necessario che il mondo delle istituzioni favorisca questa dinamica positiva, creando le condizioni per ridare slancio ai consumi e agli investimenti delle imprese, ponendo in questo modo le basi per aumentare il valore complessivo creato nella filiera. Occorrono decisioni che partano da un’analisi corretta e oggettiva della situazione e che favoriscano la collaborazione tra tutti gli stakeholders coinvolti, pubblici e privati, contribuendo così ad aumentare la capacità complessiva della filiera agroalimentare di produrre sviluppo per sé e per l’intera collettività, rendendola in questo modo ancor più protagonista della ripresa del Paese».

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