La Fondazione Gimbe analizza la sanità in Italia, una realtà a macchia di leopardo, con aree di eccellenza ma anche tante sacche d’inefficienza e di pericolo per la vita, nonostante si spendano ben 204 miliardi di euro (dai 2017) per assicurare l’assistenza universale, con un taglio di 28 miliardi negli ultimi 10 anni.
Secondo il IV rapporto della Fondazione Gimbe, si sta «facendo cadere a pezzi il Servizio Sanitario Nazionale». Un grido di allarme che arriva proprio mentre l’attenzione è puntata su una nuova possibile sforbiciata al Fondo Sanitariodi 3,5 miliardi, dovuta alla clausola di invariabilità finanziaria contenuta nel Patto per la Salute. Una clausola imposta al ministro della Salute Giulia Grillo, che lancia un appello: per finanziare la sanità pubblica «servono fondi certi e non balletti di cifre, altrimenti è impossibile fare programmazione».
«Nel periodo 2010-2019, sono stati sottratti al Servizio Sanitario Nazionale 37 miliardi – spiega il presidente Gimbe, Nino Cartabellotta – e, contemporaneamente, l’incremento del fabbisogno sanitario nazionale è cresciuto di quasi 9 miliardi», con una differenza di 28 miliardi. In pratica, «la media annua di crescita è stata dello 0,9%, insufficiente anche solo a pareggiare l’inflazione (+1,07%)».
Questo finanziamento pubblico, «tra i più bassi in Europa, convive paradossalmente con il paniere di Livelli essenziali di Assistenza (Lea) più ampio, garantito però solo sulla carta», aggiunge Cartabellotta. La mancanza di copertura finanziaria non permette l’effettiva esigibilità di prestazioni che andrebbero garantite a tutti i cittadini». In questo quadro, sprechi e inefficienze erodono ben 21,5 miliardi dei 113 miliardi della spesa sanitaria pubblica del 2017, e di questi 6,5 vanno in prestazioni inappropriate mentre 4,8 in frodi e abusi.
«Davanti al lento e progressivo sgretolamento della più grande opera pubblica mai costruita in Italia – denuncia Cartabellotta -, negli ultimi dieci anni nessun esecutivo ha mai avuto il coraggio di mettere la sanità pubblica al centro dell’agenda politica». La denuncia arriva proprio mentre si avvia a chiusura il Patto per la Salute 2019-2021, il documento che progetta la sanità dei prossimi anni. Secondo la bozza consegnata alle Regioni, l’aumento di 3,5 miliardi del Fondo Sanitario previsto per il triennio è vincolato a «obiettivi di finanza pubblica», ed è tutt’altro che certo. Questa clausola, inserita dal Mef, ha ribadito il ministro Grillo, «è irricevibile politicamente e ha profili di incostituzionalità’. Era già presente nel precedente Patto per la Salute, ma se continuiamo a metterla chiudiamo il Servizio Sanitario Nazionale».
Secondo la Fondazione Gimbe, dei 204 miliardi di spesa 154 miliardi sono per la spesa sanitaria, 41,8 miliardi di spesa sociale di interesse sanitario e 7,225 miliardi di spesa fiscale mentre per il 2025 il fabbisogno di spesa sanitaria potrebbe raggiungere i 230 miliardi, con una spesa pro capite di 3.800 euro, con un incremento, entro il 2025 di 28 miliardi, di cui 12 miliardi di spesa pubblica e 16 miliardi di spesa privata.
Il rapporto Gimbe, suddiviso in cinque capitoli, analizza in dettaglio i numeri del 2017 della spesa sanitaria pubblica, che ha toccato la cifra di 113 miliardi, quella privata arrivata a poco meno di 41 miliardi, di cui 36 miliardi circa a carico delle famiglie e 5,8 miliardi di spesa intermediata, e di tutte quelle spese collegate come quelle sociali, che vanno dalle pensioni di invalidità alle spese a carico delle famiglie, e quelle fiscali, derivanti dalle deduzioni.
Cartabellotta denuncia gli sprechi nella sanità che nel 2017 sono stimati a ben 21,59 miliardi erosi da sovrautilizzo di servizi e prestazioni sanitarie inefficaci o inappropriate per 6,48 miliardi, frodi e abusi per 4,75 miliardi, acquisti a costi eccessivi per 2,16 miliardi, sottoutilizzo di servizi e prestazioni efficaci e appropriate per 3,24 miliardi, inefficienze amministrative per 2,37 miliardi e inadeguato coordinamento dell’assistenza per 2,59 miliardi.
«Quest’anno abbiamo deciso di uscire dal cosiddetto perimetro della spesa sanitaria andando a guarda la spesa sociale e la spesa fiscale perché si tratta di spese che incidono sulla salute dei cittadini – ha detto Cartabellotta -. L’idea di mettere a sistema tutte queste forme di spesa sanitaria evitando duplicazioni e sprechi credo che sia un obiettivo del sistema pubblico per utilizzare al meglio le risorse, che sono sempre meno, che fanno parte del salvadanaio della sanità pubblica».
La relazione è partita da un’analisi dei dati e dei numeri della spesa per arrivare a dare una serie di risposte sul giusto allineamento tra costi e reale ritorno in termini di salute. «Le due proposte innovative – ha aggiunto Cartabellotta – sono primo che non possiamo contare solo su numeri assoluti della spesa sanitaria, perché il ritorno in termini di salute di ogni euro speso nel servizio sanitario sia pubblico che privato fornisce in termini di salute diversi. Ci vogliono, quindi, una serie di riforme fiscali perché non possiamo permetterci che non ci sia un ritorno totale delle risorse spese per la salute. Il secondo aspetto è che non possiamo continuare ad illuderci di poter erogare tanti livelli essenziali di assistenza con un finanziamento pubblico così basso».
A questo link il IV Rapporto Gimbe completo.
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