Un evidente rallentamento ha caratterizzato il 2018 per l’Emilia Romagna. Frena la crescita del PIL regionale, che nel 2018 è stimata pari 1,4%, anche se il dato definitivo sarà probabilmente più contenuto, ma resta comunque più rapida di quella nazionale, trainata da esportazioni e ciclo degli investimenti. Le attese per il 2019 sono, anche per il dato regionale, di una attenuazione della crescita, un +0,7% che sarà sicuramente ridotto.
Nel 2019 il PIL regionale sarà, in termini reali, sostanzialmente pari a quello ante-crisi del 2007, mentre quello nazionale sarà ancora inferiore di diversi punti, segnalando una maggiore resilienza dell’Emilia Romagna.
È questa la fotografia scattata dall’indagine congiunturale sul quarto trimestre e anno 2018, con previsioni 2019 sull’industriamanifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia Romagna, Confindustria Emilia Romagna e Intesa Sanpaolo.
Venendo all’analisi del quarto trimestre 2018, il volume della produzione dell’industria in senso stretto, rispetto all’analogo periodo del 2017, è aumentato solo dello 0,6% con un ulteriore sensibile rallentamento rispetto al risultato del trimestre precedente (che aveva segnato +1,4%).
Allargando l’analisi all’intero anno, il 2018 si è chiuso con un incremento produttivo del 1,8% ben inferiore al 3,2 per cento registrato nel 2017, mentre la crescita del fatturato si è ridotta al 2,0 per cento, sostenuta dall’aumento del 2,7% del fatturato estero. L’incremento degli ordini è stato inferiore, sia nel complesso (+1,2%), che per l’estero (+1,3%).
E’ negativo l’andamento delle industrie della moda (-1,8%), debole la crescita dell’industria alimentare (+0,6%). La dinamica della produzione del gruppo eterogeneo delle “altre industrie” (che comprende chimica, farmaceutica, plastica e gomma e trasformazione dei minerali non metalliferi, ovvero ceramica e vetro) è rimasta costante (+1,6%). La piccola industria del legno e del mobile ha accelerato il ritmo della produzione (+2,0%). Restano settori trainanti la metallurgia e le lavorazioni metalliche, nonostante un incremento della produzione in sensibile discesa (+2,1%), e soprattutto l’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto, che, nonostante la decelerazione, aumenta la produzione del 2,9%, l’incremento settoriale più elevato.
Secondo l’indagine Istat, in Emilia Romagna, l’occupazione dell’industria in senso stretto nella media del 2018 ha quasi raggiunto quota 533.000, con un aumento del 5,6%, pari a oltre 28.000 unità, rispetto al 2017.
La variazione ha trascinato l’andamento dell’occupazione complessiva in regione (+1,6%, +32.000 unità) e va ben oltre la tendenza positiva dell’occupazione dell’industria in senso stretto nazionale (+1,8%). Negli ultimi dodici mesi il risultato positivo è da attribuire sia agli occupati alle dipendenze, che sono risultati quasi 488.000, con un aumento del 5,8%, pari a quasi 27.000 unità, sia all’occupazione autonoma, che è salita del 3,6% a quasi 45.000 unità.
Sulla base dei dati del Registro delle imprese, le attive dell’industria in senso stretto regionale, che costituiscono l’effettiva base imprenditoriale del settore, a fine 2018 risultavano 44.818 (pari all’11,1% delle imprese attive della regione), con una diminuzione corrispondente a 294 imprese (-0,7%) rispetto all’anno precedente. La flessione si conferma al di sotto dell’uno per cento e risulta la meno ampia dal 2012. Inoltre, le imprese attive nell’industria in senso stretto nazionale hanno subito una riduzione lievemente più ampia (-0,9%).
Riguardo alla forma giuridica, sono aumentate le società di capitale (+2,3%), giunte a rappresentare il 37,8% delle imprese attive dell’industria, mentre le società di persone registrano una riduzione (-4,2%), e ora costituiscono solo il 20,9%. Nuova flessione (-1,5%) per le ditte individuali che sono il 39,7% del totale. Si è ridotto (-0,8%) il piccolo gruppo delle imprese costituite secondo altre forme societarie (consorzi e cooperative) che rappresentano l’1,6% del totale.
I dati Istat dell’export 2018 attestano una forte tendenza positiva (+5,2%) delle esportazioni dell’industria emiliano romagnola in senso stretto ammontate a 63,427 miliardi di euro.
Il dato che evidenzia l’attenuazione della velocità di crescita dell’export rispetto all’anno precedente (in cui si era registrato +6,8%) è però sensibilmente superiore rispetto all’incremento del 3,0% delle vendite sui mercati esteri del complesso dell’industria manifatturiera nazionale.
A livello settoriale, il risultato è da attribuire al contributo dell’importante industria dei macchinari e delle apparecchiature meccaniche (+4,7%), che rappresentano il 29,3% dell’export regionale. A seguire, il comparto dei mezzi di trasporto, che cresce del 7,0%, ma vale l’11,4% dell’export regionale, quindi la moda (+6,4%), che “pesa” l’11,1% delle vendite all’estero regionali. Più staccati, i prodotti della metallurgia e in metallo (+7,5%), apparecchiature elettriche, elettroniche, ottiche, medicali e di misura (+7,0%), industrie chimica, farmaceutica e delle materie plastiche (+5,6%). Bene la piccola industria del legno e mobile in legno (+8,5%), positiva l’industria alimentare e delle bevande (+4,2%). Nota negativa la dinamica dell’industria della ceramica e vetro (-3,1%).
Riguardo ai mercati di sbocco, le imprese emiliano-romagnole hanno aumentato le vendite dei prodotti in tutto il mondo. Buona l’accelerazione sui mercati europei (+5,5%), in particolare dell’Unione (+6,2%), americani (+5,7%) e asiatici (+3,1%), seppur con dinamica più contenuta. La tendenza è divenuta positiva in Africa (+5,5%) e si conferma l’espansione in Oceania (+7,2%).
A livello di singoli Paesi, nell’area dell’euro si segnala il mercato tedesco (+6,1%), che vale il 12,4% dell’export regionale, mentre è più contenuta su quello transalpino (+3,8%), che ne assorbe il 10,9%. Fuori dell’area dell’euro, prosegue il boom avviato nel Regno Unito (+12,5%). Fuori dai mercati dell’Unione europea, la crescita è minima per le vendite in Russia, mentre la grave crisi economica e politica della Turchia, con la svalutazione della lira porta a un crollo delle esportazioni verso quel Paese (-22,0%). Nelle altre aree del mondo, fondamentale il mercato statunitense (+7,3%), in crescita le esportazioni destinate in Cina (+73%), e India (+4,2%).
Nel 2019, l’economia regionale (secondo gli scenari di previsione di Prometeia) il rallentamento dell’attività dell’industria proseguirà nel 2019 (+0,6%). Al termine dell’anno, il valore aggiunto reale dell’industria risulterà di poco superiore al precedente massimo del 2007.
«L’Emilia Romagna è, assieme alla Lombardia, ancora ai vertici nel nostro Paese dove tuttavia si profilano problemi legati alla debolezza interna della ripresa. A fare da traino all’economia regionale è l’export − sottolinea il vice presidente di Unioncamere Emilia Romagna, Valerio Veronesi –. Il valore reale delle esportazioni è di oltre il 20% superiore al massimo storico del 2008. Una misura che conferma il successo sui mercati delle nostre imprese, ma evidenzia al contempo i rischi potenziali derivanti da uno quadro internazionale di crescenti tensioni commerciali. A sostenere la crescita anche gli investimenti, ma il loro valore cumulato è di oltre il 20% ancora inferiore ai massimi del 2008. I consumi delle famiglie riescono ancora a tenere, in qualche misura, il passo con un valore assoluto superiore ai massimi raggiunti nel 2011. Questi segnali positivi, che attestano la capacità delle imprese di stare sui mercati, investire, essere all’interno di filiere, devono fare i conti con uno scenario che prospetta un cambiamento strutturale e dinamico nel tessuto produttivo».
A fine 2018 il credito bancario in Emilia Romagna, secondo l’analisi della Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, ha visto il proseguimento della dinamica positiva dei finanziamenti alle famiglie consumatrici mentre i prestiti alle imprese hanno rallentato, di riflesso al deterioramento del quadro economico. «Nonostante le condizioni di accesso al credito continuino ad essere favorevoli, il rallentamento registrato sul fronte delle imprese è sintomatico del contesto generale in cui operano le nostre imprese. – commenta Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo –. Le tensioni commerciali internazionali e le loro ripercussioni locali non possono lasciare indenni le nostre aziende. Di conseguenza, la pianificazione degli investimenti è condizionata da una diffusa incertezza sul medio termine. Nel 2018 Intesa Sanpaolo ha comunque erogato oltre 1,6 miliardi di nuovo credito a medio-lungo termine, di cui il 58% alle imprese e il 42% alle famiglie».
In particolare, i prestiti all’industria hanno evidenziato una rapida frenata del trend di crescita, che per l’Emilia Romagna è passato dal +5,5% a/a di marzo 2018 al +2,3% di dicembre, con una media annua del 4,1% (al netto delle sofferenze), restando superiore all’andamento nazionale (+0,7% a/a a dicembre e +1% nell’anno). Inoltre, dopo quasi 4 anni di incrementi senza soluzione di continuità, si è fermata la crescita dei finanziamenti a medio-lungo termine destinati agli investimenti in macchine, attrezzature, mezzi di trasporto, che a fine 2018 hanno registrato una variazione pari a -0,4% a/a in Emilia Romagna, portando la crescita media annua a 3,1%. In Regione, la dinamica è rallentata più di quanto visto a livello nazionale (+3,1% a/a a fine 2018 e +4,4% nell’anno), dopo essere stata in precedenza più vivace. A livello provinciale, il trend dei prestiti per investimenti in macchinari è rimasto molto differenziato. In testa alla classifica delle province più dinamiche, Reggio Emilia ha tenuto bene, col +8,4% a/a di dicembre, mentre Parma, contrariamente al resto della Regione, da giugno ha evidenziato una ripresa, chiudendo l’anno a +7,6% a/a. Tutte le altre province hanno rallentato, con Bologna e Ravenna rimaste leggermente in positivo a fine 2018 (+0,7% e +0,5% rispettivamente) e le altre in calo, relativamente più moderato per Ferrara e Rimini, mentre Piacenza, Forlì-Cesena e Modena si sono confermate le più deboli.
Una crescita robusta continua a caratterizzare lo stock dei prestiti alle famiglie consumatrici per acquisto abitazioni che sul finire del 2018 si è rafforzata leggermente a +2,5% a/a in Emilia Romagna, rispetto al ritmo medio del 2% registrato nel resto dell’anno. Va evidenziato che nel quarto trimestre del 2018 i flussi lordi di mutui residenziali, tornati in crescita già nel II trimestre, hanno accelerato a +25,5% a/a in Regione, mostrando una velocità superiore alla media nazionale (+13,1% a/a). Tale recupero potrebbe essere stato indotto dalle attese di rialzo dei tassi di interesse sui mutui, effettivamente verificatesi nell’ultima parte del 2018 e a inizio 2019. L’andamento delle erogazioni di mutui è coerente con la crescita delle compravendite di immobili residenziali, che si è rafforzata nel II semestre 2018, e in Emilia Romagna è risultata più robusta del sistema nazionale (+16,3% a/a e +9,3% rispettivamente nel IV trimestre). Gli stock di mutui sono cresciuti in tutte le province, a partire dalla dinamica massima del 3,9% a/a che spetta ancora una volta a Bologna, seguita dal rimbalzo di Forlì-Cesana a +2,8% e dal 2,7% di Modena, anch’essa come il capoluogo saldamente in crescita di oltre il 2% lungo tutto il 2018. Una solida dinamica, ancorché più moderata, è evidente per Piacenza e Parma (+2,1% a/a e +2,0%). Reggio Emilia (+1,5%), Ravenna e Rimini (entrambe col +1,3%) confermano una crescita dello stock di mutui leggermente più moderata. Anche Ferrara risulta aver superato la fase di debolezza, tornando in aumento nel corso del 2018 e chiudendo l’anno a +1,7%.
Lungo tutto il 2018 è proseguita la riduzione dei rischi del sistema bancario dell’Emilia Romagna, come evidenziato dal rimarchevole miglioramento degli indicatori di qualità del credito. Il ritmo di emersione delle sofferenze delle imprese si è ridotto anche nel 2° semestre 2018, dopo essere tornato sotto la media nazionale nel II trimestre dell’anno. In dettaglio, il tasso di ingresso in sofferenza delle imprese dell’Emilia Romagna è diminuito a 1,92% nel 4° trimestre 2018, circa 1,5 punti percentuali in meno rispetto a un anno prima, mentre il dato nazionale si è ridotto nello stesso arco di tempo di mezzo punto percentuale a 2,40%. Il tasso di decadimento del credito alle imprese dell’Emilia Romagna è il più basso da metà 2009. Anche gli stock di sofferenze sono risultati ulteriormente in riduzione. In Emilia Romagna le sofferenze delle imprese sono scese a gennaio 2019 a 9,4% del totale dei prestiti al lordo delle rettifiche di valore, con un calo di 6,1 punti percentuali dal 15,5% di fine 2017, restando su valori più bassi della media nazionale (10,1% a gennaio 2019).
«La nostra indagine sulle previsioni per la prima metà del 2019 – dichiara il presidente di Confindustria Emilia Romagna, Pietro Ferrari – evidenzia un deciso peggioramento del clima di fiducia tra gli imprenditori, confermando i segnali di rallentamento che si erano manifestati a metà 2018. Le prospettive mostrano ancora saldi positivi, ma in forte calo per produzione e domanda, con segnali lievemente migliori per ordini esteri e occupazione. Il raffreddamento delle aspettative è evidente nella serie storica dei saldi ottimisti/pessimisti, quasi dimezzati per quanto riguarda produzione e domanda totale, meno netto per gli ordini dall’estero».
Secondo l’indagine semestrale realizzata da Confindustria Emilia Romagna – che ha coinvolto 493 imprese manifatturiere con 52.000 addetti e 17,8 miliardi di euro di fatturato – il 28,8% degli imprenditori si aspetta un aumento di produzione e il 54,6% la stazionarietà. Positive ma in peggioramento le aspettative per la domanda totale: il 30,9% delle imprese prevede una crescita degli ordini, con migliori aspettative per gli ordini esteri previsti in aumento dal 31,2% delle aziende. Segnali di maggior ottimismo dal mercato del lavoro: un imprenditore su 5 prevede un aumento dell’occupazione, con un saldo ottimisti/pessimisti pari a +14,2 punti, in aumento rispetto ai +11,1% di metà 2018.
«Già a partire dalla metà dell’anno scorso – commenta Ferrari – erano evidenti i primi segnali del rischio di rallentamento dell’economia. I numeri lo confermano. La priorità per tutti oggi deve essere il rilancio dell’economia: è indispensabile focalizzare il dibattito politico sul tema della crescita, la reale priorità per imprese e per cittadini. Senza crescita il Paese non sarà in grado di sostenere politiche per l’occupazione, il welfare, la solidarietà, il sostegno delle fasce più deboli della popolazione, la formazione, fondamentali per il futuro. È necessario rafforzare e sostenere il lavoro e le imprese attraverso una riduzione del cuneo fiscale e una forte accelerazione agli investimenti privati e pubblici. Si sta discutendo da tempo dello sblocco dei cantieri: occorre dare il via a tutte le opere in grado di partire, semplificando il più possibile le procedure e salvaguardando le corrette regole di concorrenza al fine di tutelare le imprese».
«All’inizio il Governo, nell’ottica di mantenere le promesse elettorali – conclude il presidente di Confindustria Emilia RomagnaPietro Ferrari – si è concentrato su due interventi costosi e con scarso impatto sulla crescita: il reddito di cittadinanza, che avrà impatti limitati sull’aumento dei consumi, concentrati probabilmente nel primo anno, e la cosiddetta quota 100, che avrà impatti marginali sull’incremento dell’occupazione, sia nel privato sia nel pubblico. In quella fase è stato completamente assente il dialogo e l’ascolto dei corpi intermedi da parte del Governo. Le organizzazioni imprenditoriali e sociali, invece, rappresentano parti importanti della società, in grado di avanzare proposte che guardano ad obiettivi di crescita complessiva dell’economia e della società. L’ascolto e la capacità di dialogo sono fondamentali per far ripartire il Paese».
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