Auto elettrica, il pieno di elettroni alle colonne veloci costa più di uno a gasolio

Oltre al caro prezzo di acquisto, la mobilità elettrica deve confrontarsi anche con il caro energia, specie se si utilizzano i puti di ricarica ad alta potenza, dove il costo del kWh costa quasi il triplo di quello casalingo a bassa potenza. 

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Oltre che con il prezzo d’acquisto ancora decisamente più alto rispetto ad un auto con caratteristiche simili spinta da un motore termico e nonostante i ricchi incentivi pubblici disponibili, l’auto elettrica deve fare i conti anche con il caro energia, specie se questa è prelevata da un punto di ricarica ad alta potenza che abbatte grandemente i tempi di attesa per fare il “pieno” di elettroni, ma a caro, carissimo prezzo.

L’autonomia dell’auto elettrica va di pari passo con la capacità delle batterie installate a bordo. Se per i primi modelli le batterie a bordo vantavano capacità ridotta di circa 30 kWh, con un’autonomia reale di circa 150-200 km, i modelli più recenti hanno portato l’autonomia a circa 400-500 km, raddoppiando (ma anche triplicando) la capacità della batteria installata. Ma con una capacità di 60-90 kWh, con la ricarica domestica a bassa potenza con 3 kWh (o 6 kWh) i tempi di ricarica si dilatano enormemente, tanto da rendere necessario il ricorso ai punti di ricarica ad alta potenza.

Il problema è che il prezzo del “pieno” di elettroni cresce decisamente all’aumentare della potenza del punto di erogazione. Se per la ricarica domestica il costo è di circa 20 centesimi a kWh, quello dei punti ad alta potenza al momento disponibili (attualmente a 50 kWh, in futuro 150 kWh e anche oltre con Tesla che sta portando i sui Supercharger a ben 250 kWh) crescedecisamente, attestandosi da 45 a 55 centesimi per kWh.

Se si calcola che in media la resa in chilometri di un kWh varia da 3 a 5 km a seconda dell’efficienza del gruppo motore-invertere del peso del veicolo, ne consegue che per fare i classici 10 km servono circa 3 kWh che, se prelevati da un punto di ricarica ad alta potenza portano il costo di percorrenza a circa 1,5 euro. Valore che ha un’evidente conseguenza: il costo di percorrenza di un’auto elettrica diviene non competitivo rispetto ad un’auto Diesel, per non dire di una a metano o Gpl. Con la differenza che specie con il Diesel, nei moderni motori Euro 6 D-temp i consumi sono decisamente ridotti (percorrenze medie di circa 15 kmcon un litro). Senza contare che nel ciclowell to whell” (dal pozzo alla ruota) l’impatto di un moderno veicolo con motore termico, specie se Diesel, è di gran lunga inferiore ad uno elettrico, soprattutto se l’energia che serve per farlo muovere non è di fonte rinnovabile.

Emerge in tutt’evidenza come la “febbre” da veicoli elettrici che ha tarantolato gran parte degli amministratori pubblici a qualsiasi livello essi operino (dall’Europa al più piccolo comunello) è un clamoroso autogol, che serve solo a spingere un comparto manifatturiero all’avanguardia con una tecnologia proprietaria (il Diesel è un patrimonio tipicamente europeo) a buttare via anni di investimenti in ricerca e sviluppo per ridurre i consumi (oggi decisamente ridotti) e l’impatto ambientale (con l’Euro 6 d-temp e ancora più con il prossimo Euro 6 saranno a livelli così bassi da essere strumentalmente difficilmente misurabili) per consegnarsi armi e bagagli alla tecnologia americana e, peggio, al monopolio cinese dei materiali rari indispensabili per la costruzione dell’attuale generazione delle batterie e dei motori elettrici.

Ne vale la pena? Se si dovesse ragionare a mente fredda e scevra da approcci ideologici e partigiani, si potrebbe affermare quasi certamente che spingere oggi fortemente sulla mobilità elettrica degli autoveicoli è controproducente, sia per il prezzo di acquisto che per le prestazioni delle batterie (entro due-tre anni è attesa la nuova generazione di accumulatori a stato solido e con l’avvento delle tecnologie a base di grafene che garantiranno maggiore densità energetica a parità di peso e tempi di ricarica ridotti a qualche minuto). Molto meglio, anche per un aspetto di strategia geopolitica, puntare ancora sul “tradizionalemotore termico, aprendo semmai ad investimenti sui carburanti ecologici e sintetici, dove la tecnologia europea e, soprattutto, italiana è all’avanguardia e può dare una concreta risposta all’“ecologizzazione” anche di gran parte del parco circolante ante Euro 5, oltre a ridurre la presenza del gas climalterante qual è l’anidride carbonica (CO2) e contribuire ad equilibrare una rete elettricache vede crescere sempre di più le energie rinnovabili intermittenti come solare ed eolico. Una sorta di quadratura virtuosa del cerchio con il difetto che tanti, troppi politici in attuale servizio non sono in grado di coglierò tempestivamente, preferendo piegarsi al pensiero politicamente corretto del momento che inneggia al veicolo elettrico.

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