Nanomnia, la startup trentina che combatte i danni causati dai pesticidi

Insediata in Progetto Manifattura, l’incubatore della sostenibilità di Trentino Sviluppo, sta sperimentando in Puglia un guscio organico per l’incapsulamento degli agrofarmaci. 

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Da qualche mese c’è anche una startup trentina impegnata in prima linea per contrastare l’inquinamento ambientale causato dall’uso eccessivo di diserbanti, pesticidi e insetticidi: è Nanomnia, fondata dai biotecnologi veronesi Marta Bonaconsa, Michele Bovi e Pietro Vaccari, ed è insediata in Progetto Manifattura a Rovereto, l’hub delle tecnologie sostenibili di Trentino Sviluppo.

L’azienda ha brevettato un guscio organico per l’incapsulamento degli agrofarmaci: una tecnologia innovativa fa sì che la pianta malata riconosca il trattamento antiparassitario che le viene applicato come una parte di sé stessa e pertanto lo inglobi, riducendo il rischio di rigetto, facilitandone l’assimilazione e permettendo di utilizzare dosaggi fino a 100 volte inferiori rispetto agli standard tradizionali.

Dopo il progetto di ricerca sui parassiti della vite svolto in collaborazione con l’Università di Padova e il Consiglio per la sperimentazione e la ricerca in agricoltura di Conegliano Veneto, l’impresa – recentemente premiata con un riconoscimento da 30.000 euro al Premio Unindustria di Confindustria Lazio – si prepara infatti a dare battaglia anche a Xylella, il batterio killer che minaccia l’economia dell’ulivo in Puglia.

Nello specifico, Nanomnia applicherà in campo i propri gusci di nanoparticelle biodegradabili per l’inoculo di fitofarmaci nelle piante. Ad oggi, meno dello 0,1% degli agenti curativi applicati in campo effettivamente raggiunge l’obiettivo. La tecnologia brevettata dalla startup, invece, prevede l’incapsulamento tramite un guscio organico, biodegradabile e biocompatibile, che la pianta assimila considerandolo parte dei suoi stessi tessuti.

«Così facendo – spiega la biologa Marta Bonanconsa, fondatrice di Nanomnia – facilitiamo l’assorbimento dell’agrofarmaco, che di conseguenza può essere somministrato in quantità fino a cento volte inferiori rispetto allo standard, con un notevole risparmio da parte dell’imprenditore, che potrà ridurre i propri acquisti di pesticidi».

Il maggiore assorbimento garantirà inoltre una maggiore specificità nel trattamento, una più alta resistenza dell’agrofarmaco alla degradazione e al dilavamento e, non ultima, una più bassa dispersione di residui inquinanti nel terreno e nella falda acquifera. Una tecnologia, quella della startup, che oltre all’Italia ha già conquistato il mercato svizzero e inglese e si prepara a sbarcare anche in settori molto diversi dall’agritech, come l’industria farmaceutica e biomedicale, la nutraceutica e la cosmetica.

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