La voix Humaine e Cavalleria rusticana inaugurano la nuova stagione di opera della Fondazione Haydn

Odio e amore in due capolavori del teatro musicale in scena al Teatro comunale di Bolzano. 

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Fondazione Haydn

Il dittico “La voix humaine” e “Cavalleria rusticana”, due capolavori del teatro musicale di epoche diverse, inaugura venerdì 30 novembre (ore 20.00, con replica domenica 2 dicembre alle ore 17.00) la quarta edizione di OPER.A 20.21, la stagione regionale di opera contemporanea della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, con la direzione artistica di Matthias Lošek. Sotto il titolo Forces of Nature, OPER.A 20.21 2018/19 scandaglierà diverse modalità di fare teatro musicale nel solco della contemporaneità, soffermandosi nella prima tappa del suo viaggio sui due sentimenti antagonisti per antonomasia: amore e odio.

L’accostamento fra questi sentimenti contraddistingue infatti sia “La Voix Humaine” di Francis Poulenc che “Cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni: entrambe le opere sono affidate nell’occasione a uno tra i più interessanti e innovativi registi del panorama teatrale italiano di oggi, Emma Dante, chiamata a tracciare un filo rosso fra le due donne che ne sono rispettivamente protagoniste.

Elle, la protagonista de “La voix humaine”, sarà interpretata da Anna Caterina Antonacci, mentre il cast di Cavalleria rusticana comprenderà Teresa Romano (Santuzza), Angelo Villari (Turiddu), Monsoo Kim (Alfio), Giovanna Lanza (Mamma Lucia) e Francesca Di Sauro (Lola). Orchestra Haydn di Bolzano e Trento diretta da Francesco Cilluffo. Coproduzione Teatri di Opera Lombardia e Fondazione Haydn di Bolzano e Trento. Allestimento della Fondazione Teatro Comunale di Bologna.

La Voix Humaine” di Francis Poulenc, su libretto di Jean Cocteau, è un monodramma chiamato dagli autori (non senza una punta di ironia) Tragédie Lyrique: debuttò nel 1959 all’Opéra Comique, venne composta per la voce di Denise Duval (che aveva appena trionfato in Les Dialogues des Carmélites) ebbe altre grandi interpreti; nel 2010 è stata portata in scena al Teatro Comunale di Bolzano da Cristina Zavalloni.

La trama è al tempo stesso semplice ed altamente drammatica. Un uomo ed una donna (Elle), che si sono amati e forse si amano ancora, decidono di lasciarsi per sempre. Per l’ultimo colloquio si parlano al telefono. Vediamo, ed ascoltiamo, solo la donna, che passa da momenti di estrema tenerezza ed altri ricchi di passione, e pure di violenza. L’uomo rimane invisibile dall’altro capo del telefono (e non se ne sente la voce), ma la sua presenza viene evocata nelle pause del parlare/cantare della donna. Di tanto in tanto, il concitato colloquio si interrompe, ma nessuno dei due ha il coraggio di troncare questa ultima e disperata conversazione. Infine, la donna esausta si getta sul letto ed il filo del telefono è l’ultimo fragile legame con l’uomo. Lo scongiura di riattaccare. Il dramma finisce tra parole soffocate e grida mentre il ricevitore abbandonato cade a terra.

Cavalleria rusticana” è un atto unico di Pietro Mascagni, su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga. Fu la prima opera composta da Mascagni ed è certamente la più nota fra le sedici del compositore livornese: il suo successo fu enorme già dalla prima volta in cui venne rappresentata al Teatro Costanzi di Roma, il 17 maggio 1890, e tale è rimasto fino a oggi. L’intermezzo orchestrale è tra i momenti musicali più famosi: la pubblicità e il cinema (da Il Padrino parte terza a Toro Scatenato) se ne sono appropriati.

L’opera si svolge in un paesino della Sicilia, nel giorno di Pasqua, e comincia con la voce di compare Turiddu che intona una serenata a Lola, della quale è perdutamente innamorato; prima di partire per il servizio militare le ha giurato amore eterno, ma la giovane durante la sua assenza ha sposato Alfio, il carrettiere. Turiddu per vendicarsi inizia a corteggiare Santuzza, ma dopo averla sedotta la trascura. Il giovane si aggira nei pressi della casa di Alfio che spesso assente non si accorge di nulla.
Santuzza, angosciata e preoccupata, cerca Turiddu per parlargli e chiedere spiegazione del suo comportamento; entra allora nella casa di Lucia, madre del giovane e le confida quanto sta succedendo svelandole i suoi sentimenti e la sua disperazione: oramai è disonorata ed abbandonata. Arriva Turiddu e i due discutono animatamente finché passa Lola che si sta recando alla messa di Pasqua: le due donne si scambiano battute ironiche. Poco dopo Lola è seguita da Turiddu, insensibile all’implorazione di Santuzza che gli augura la mala Pasqua e decide, vedendolo arrivare, di rivelare quanto succede ad Alfio.
Dopo la messa la piazza torna a popolarsi. Turiddu offre agli amici nell’osteria della madre Lucia un bicchiere di vino e ne offre uno anche ad Alfio che, sdegnato, nel rifiutarlo lo abbraccia e gli morde l’orecchio sfidandolo a duello. Turiddu, che si finge ubriaco, rivolge commosse parole di saluto alla madre a cui affida Santuzza e va ad incontrare il rivale. Poco dopo il grido di una popolana, “Hanno ammazzato compare Turiddu!”, annuncia il tragico esito del duello.

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