Mercato auto italiano in contrazione nel 2018 e nel 2019

Le previsioni del Centro studi Promotor. Per il rilancio serve una nuova politica fiscale sugli autoveicoli, ad iniziare da quelli aziendali su cui pesa un’eccessiva tassazione. 

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Mercato auto italiano

Nel 2018 il mercato auto italiano dovrebbe attestarsi a quota 1.930.000 nuove immatricolazioni con un lieve calo sull’anno precedente (-2,1%). Questa previsione è stata fatta dal Centro Studi Promotor secondo cui il risultato del 2018 viene dopo crescite del 16% sia nel 2015 che nel 2016 e dell’8% nel 2017.

La mancata crescita del 2018 potrebbe quindi essere frutto di un fisiologico consolidamento della domanda al termine di uno sviluppo pluriennale sostenuto e prima di una nuova fase di crescita. Le immatricolazioni nel 2018 sono state tuttavia penalizzate anche dalla riduzione al ricorso ai “chilometri zero”, dall’introduzione del nuovo sistema di omologazione WLTP, dal rincaro dei carburanti (maggior spesa per benzina e gasolio per 4,6 miliardi) e dal rallentamento generale dell’economia nazionale che farà registrare una crescita dell’1% nel 2018 contro la crescita dell’1,6% nel 2017.

Nel 2019, sempre secondo il Centro Studi Promotor, le immatricolazioni potrebbero riguardare 1.900.000 auto con un ulteriore calodel 1,6%. I fattori che hanno limitato la crescita nel 2018 saranno in larga misura presenti anche nel 2019. Sui risultati del prossimo anno potrebbero gravare però anche altri elementi ed in particolare uno scenario economico a rischio di recessione, problemi derivanti dal conflitto con Bruxelles sulla manovra 2019 e la dinamica dello “spread” sui titoli di Stato che influenzerebbe negativamente tutto il mercato del credito.

«Lo scenario del prossimo anno cambierebbe però radicalmente – ha affermato Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – se venisse accolta la nostra proposta di incentivi alla rottamazione a costo zero che comporterebbe, non solo maggiori vendite di auto, ma anche un benefico impulso alla crescita delle entrate fiscali e del prodotto interno lordo oltre che benefici per l’ambiente e la sicurezza stradale».

Una proposta che prevede un bonus di 2.000 euro più uno sconto di altri 2.000 euro a tutti coloro che nel 2019 compreranno una nuova auto e contestualmente rottameranno un usato di oltre 10 anni. Il tutto, non solo a costo zero, ma con un aumento del gettito per l’Erario e con un impatto positivo sulla crescita del Pil. La proposta del Centro Studi Promotor è costruita sulla base dei primi incentivi alla rottamazione che furono in vigore nel 1997 e che ottennero ottimi risultati senza oneri per lo Stato, dato che l’aumento del gettito Iva e delle tasse di immatricolazioni sulle auto vendute in più coprì completamente il costo dell’erogazione del bonus e lasciò all’Erario un maggior gettito netto di 1.400 miliardi di lire (723 milioni di euro). E oltre a ciò vi fu un importante contributo alla crescita del Pil certificato dalla Banca d’Italia che sul suo Bollettino Economico N. 30 del Febbraio 1998 scrisse «la domanda di autoveicoli, sospinta dagli incentivi pubblici alla rottamazione, ha contribuito in modo significativo all’espansione dell’attività economica nel corso del 1997». «Il contributo all’aumento del Pil può essere stimato intorno a 0,4% punti percentuali».

Se la proposta del Centro Studi Promotor per il 2019 venisse accolta, il recupero del bonus a carico dello Stato (2.000 euro) sarebbe ampiamente garantito, dato che oggi, secondo l’Unrae, il prezzo medio per l’acquisizione di un’autovettura è di 21.020 euro di cui 3.790 di Iva. «La nostra proposta – ha dichiarato Quagliano – non è motivata dall’esigenza di sostenere le vendite di autovetture perché il mercato dell’auto pur non avendo ancora raggiunto il livello fisiologico gode di discreta salute. La nostra proposta è motivata dall’esigenza di supportare gli automobilisti, spesso a basso reddito, che possiedono una vettura di oltre 10 anni di anzianità e che hanno necessità di sostituirla per evitare le limitazioni al traffico imposte per motivi ambientali».

Un altro provvedimento che darebbe una mano al settore sarebbe la revisione della tassazione sui veicoli aziendali, la cui deducibilitàè decisamente troppo bassa, il 20% di un tetto di costo d’acquisto di poco più di 18.000 euro, indiscutibilmente lontana da quanto accade negli altri maggiori paesi europei dove l’auto aziendale è intesa solo come un costo di produzione e come tale ammortizzabile integralmente senza alcun limite. Se anche le aziende e le partite Iva italiane potessero essere messe sullo stesso livello dei loro concorrenti europei, lo Stato recupererebbe anche una non trascurabile fetta di gettito attualmente eluso con leasinge noleggi a lungo termine esteri, oltre a recuperare a Pil una fetta non indifferente di giro d’affari nella vendita di veicoli con il relativo gettito Iva e di tassa di proprietà che ora finiscono all’estero.

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