Latte Trento, la più grande cooperativa lattiera del Trentino, ha chiuso il 2017 con dati in crescita, supportati dal deciso incremento utilizzo di grassi di origine animale dopo l’abbandono dell’olio di palma da parte dell’industria dolciaria, sostituito da panna e burro. Un andamento che si è riverberato sull’andamento del prezzo dei prodotti, mentre quest’anno prezzo e produzione sono rientrati nella normalità, con un tasso di crescita del 5% rispetto al 2016.
Secondo il direttore di Latte Trento, Sergio Paoli, «quest’anno il mercato è tornato nella normalità, anche se è difficile capire l’andamento di certi prezzi. Comunque, riusciamo a liquidare ai nostri soci un corrispettivo decisamente interessante, tale da coprire anche tutti gli extra costi derivanti dal lavorare in montagna e con realtà decisamente piccole e disagiate».
Latte Trento si caratterizza per la produzione quasi interamente di montagna: «la quasi totalità degli allevamenti dei nostri soci è situata sui mille metri di quota, con aziende con pochi capi, spesso sparpagliate nelle valli e distanti tra loro. Questo è fonte di un deciso aumento dei costi di produzione e di raccolta del latte – dice Paoli -. E poi, le aziende zootecniche trentine non possiedono grandi appezzamenti su cui fare pascolare le mucche e per produrre fieno, magari facendo anche due o tre tagli all’anno come si fa in pianura. Qui è tutto di dimensione più piccola e più difficile da lavorare».
Le condizioni ambientali in cui opera la zootecnia trentina non sono tali da scoraggiare i soci della cooperativa: «tutt’altro – dice Paoli con un pizzico di legittima soddisfazione -: ai nostri soci riusciamo a liquidare oltre 50 centesimi al litro per il latte conferito, un livello che stiamo mantenendo negli ultimi anni. Si tratta di un riconoscimento che il mercato ci dà per la qualità del nostro prodotto, visto le nostre mucche, che sono le nostre principali collaboratrici, sono alimentate con un disciplinare decisamente più stringente rispetto agli allevamenti di pianura, con almeno il 60% di alimento secco fatto di fieno, mangimi e cerali certificati non ogm, percentuale che sale al 65% per il nostro prodotto di punta che è il Latte Fieno prodotto da bovine di razza Rendena o Bruna che richiedono meo alimentazione ma che hanno anche livelli di produzione più ridotti».
Paoli ha parlato di mucche come “principali collaboratrici aziendali”: «sì è così. E’ grazie al benessere animale se la produzione è di qualità e con le caratteristiche del nostro territorio di montagna non possiamo che puntare sulla qualità – dice Paoli -. Le mucche sono libere al pascolo e le stalle per il ricovero notturno sono quasi tutte moderne e ristrutturate grazie ai fondi erogati dalla Provincia di Trento, che vede nella pratica dell’alpeggio in malga un fattore di richiamo turistico e di manutenzione del territorio montano».
Latte Trento è anche formaggi, sia freschi che stagionati prodotti nel nuovo stabilimento di Trento appena inaugurato. «Tra quelli a pasta dura, il mercato sta attraversando un momento di crisi sul prezzo del Grana. Mai visto un prezzo all’ingrosso così basso negli ultimi anni – sottolinea Paoli -. Nel nostro caso è un po’ differente, con il Trentingrana che si mantiene stabile grazie alla produzione di nicchia (115.000 forme su un totale di circa 9 milioni di forme tra Grana padano e Parmigiano Reggiano) quasi tutta venduta localmente. Vanno meglio i formaggi freschi con prezzi decisamente più soddisfacenti, anche se Asiago e Piave risentono dell’andamento del Grana».
Quanto allo yogurt, Paoli guarda al futuro con fiducia: «noi abbiamo chiuso il nostro centro di lavorazione per affidarci a Trentinalatte che ha subito delle vicissitudini societarie. Ora con il passaggio decisivo alla cooperativa di allevatori sardi Arborea siamo fiduciosi che la produzione di yogurt trentino possa riprendere in grande stile, inserendoci nel filone che vede l’Alto Adige leader nazionale nella produzione di yogurt di qualità».