Confapi Padova: «Italia a rischio carenza di operai, specie in edilizia»

In certi settori la manodopera è quasi totalmente straniera, che potrebbe rientrare in patria a seguito della crescita economia dei loro paesi, lasciando sguarniti i posti occupati, specie nel NordEst. Valerio: «serve formare più operai». 

0
1430

Il Padovano è uno dei territori del NordEst dove la ripresa c’è da tempo e si sta consolidando al rialzo, ma è a serio rischio di carenza di operai, specie in certi settori come l’edilizia, dove la forza lavoro è in maggioranza, se non la totalità, straniera che potrebbe scegliere di tornare nei propri paesi d’origine dove la crescita si è fatta decisa.

Confapi Padova teme che la ripresa in atto nei paesi dell’Est Europa, come Cechia, Ungheria e Romania, che finora avevano fornito le imprese della Provincia di manodopera inizi a drenare i lavoratori attivi nel Padovano, lasciando le imprese sguarnite di manodopera.

Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha preso in esame i dati appena rilasciati dall’Eurostat, relativi al 2017, e li ha incrociati con quelli su base territoriale di Veneto Congiuntura e dell’Istat, relativi alla presenza delle comunità citate nel territorio della provincia di Padova. In Veneto il tasso di disoccupazione si attesta al 6,3%, all’incirca sui livelli di Lombardia (6,4%) ed Emilia Romagna (6,6%). Nella provincia di Padova, nello specifico, le assunzioni nel 2017 hanno riguardato 88.545 lavoratori italiani e 29.175 stranieri, con un saldo occupazionale positivo tra nuovi contratti e cessazioni di 6.370 posti di lavoro (4.370 destinati a cittadini italiani, 2.000 a stranieri). La situazione è ben diversa nelle altre aree d’Italia: la regione italiana peggiore è stata la Calabria, dove si è toccato un tasso di disoccupazione del 21,6%, percentuale quasi doppia rispetto all’11,2% registrato dall’Istat a livello nazionale.

Confrontando la situazione italiana con quella europea, si nota come i quadri a tinte più fosche in tema di disoccupazione siano quelli di Grecia (20,9%) e Spagna (16,4%), che con le loro regioni occupano le prime dieci posizioni per i valori di disoccupazione più alta. Ciò che colpisce è che il tasso di disoccupazione in Romania si attesti al 4,6%, in Ungheria al 3,9% e in Repubblica Ceca al 2,3%.

«Da queste statistiche discendono due considerazioni – afferma il presidente di Confapi Padova, Carlo Valerio -. La prima: quando, più di un anno fa, sostenevamo che per le nostre imprese il peggio era alle spalle e che l’economia stava ripartendo, in molti ci accusavano di eccessivo ottimismo, ma i dati relativi all’occupazione stanno ribadendo proprio quello che pensavamo, ovvero che la ripresa è in essere. E a chi sottolinea che aumentano solo i contratti a tempo determinato rispondo dicendo che parliamo, in ogni caso, di posti di lavoro che prima non c’erano e che la situazione italiana riguardo ai contratti a tempo determinato e indeterminato è molto simile a quella di nazioni che storicamente prendiamo come punti di riferimento, a partire dalla Germania».

In secondo luogo, secondo Valerio «prima ancora che dai numeri, parte l’esperienza diretta che chi fa impresa matura ogni giorno: in certi settori, come edilizia e costruzioni, ci sono lavori che sono svolti esclusivamente da manodopera straniera, perlopiù dell’Est Europa. Cosa accadrebbe se queste stesse persone rientrassero nei loro paesi d’origine, dove, oggi, esiste quell’offerta di lavoro che ieri mancava? Sono nazioni in cui il tasso di crescita demografica è sensibilmente più alto di quello italiano – 1,53 nascite per donna in Repubblica Ceca, 1,52 in Romania, 1,44 in Ungheria, solo 1,37 in Italia – ed è anche questo un elemento che vale la pena di considerare: se in questi paesi la popolazione cresce, per forza aumenta anche la necessità di manodopera interna, con il “rischio” di depauperare ulteriormente la forza lavoro presente in Italia».

La domanda, spontanea, che Valerio si fa è la seguente: «chi svolgerà certi compiti, visto che, come testimoniano proprio le analisi svolte negli scorsi mesi dal nostro centro studi Fabbrica Padova, non solo i nostri giovani non vogliono più fare gli operai, ma le stesse scuole non formano più i ragazzi ed è aumentata a dismisura la distanza tra la domanda delle imprese e l’effettiva offerta di forze lavoro? So che il tema è scomodo e può non piacere, ma credo che vada affrontato con più programmazione e meno demagogia». In parole povere, l’Italia e il NordEst in particolare ha fame di manodopera e il sistema formativo deve attrezzarsi per fornirla, possibilmente adeguatamente professionalizzata. Non solo: alle famiglie e ai disoccupati va fatto capire che è meglio avere un lavoro, anche da operaio, piuttosto che avere un futuro da disoccupato e che il lavoro va cercato anche lontano da casa.