Intervista con una delle più famose imprenditrici di successo del NordEst.
Marina Salamon è una delle imprenditrici italiane e del NordEst di successo conosciuta in tutto il mondo, Con lei una riflessione su dove va il mondo del commercio e le tendenze internazionali.
Signora Salamon, lei ha iniziato da giovanissima con un’attività in proprio nel campo della camiceria, per poi espandersi nel campo della moda di lusso per bambini fino alla comunicazione e alle indagini di mercato. Una realtà variegata e complessa…
Ho sempre avuto la voglia di fare da me, di sperimentare. Sono riuscita a mettere assieme una realtà molto attiva nel campo della moda per bambini di alta gamma con i marchi Gucci e Moschino Kids. Ho sperimentato con successo lanciando dal nulla la linea di piumini “Save the Duck” che ora ho ceduto. Sto guardando ad altre possibili iniziative nel campo della moda, sempre rivolta ad un target per adulti di fascia superiore. Vedremo nelle prossime settimane cosa si potrà fare: Altana, la mia holding nel campo della moda, è pronta ad investire la liquidità che ha in cassa.
Nel campo della moda, il “Made in Italy” è sempre un valore premiante?
Per alcune fasce di prodotto sicuramente, dove la qualità e lo stile del capo fa premio. Ci sono tante imprese che dopo la delocalizzazione stanno ritornando a produrre totalmente in Italia. Ma non si deve dimenticare che anche in Italia ci sono produzioni cinesi che prosperano grazie a metodi produttivi non sempre regolari. Sarebbe opportuno che le regole valessero per tutti e che fossero fatte rispettare per evitare l’insorgenza di concorrenza sleale, oltre che di sfruttamento dei lavoratori.
Anche la sua azienda è attiva in Cina.
Non potrebbe essere altrimenti, specie per le produzioni che rivolgiamo al mercato locale. In Cina abbiamo attive sia linee di produzione che accordi di distribuzione di alcune linee di prodotti realizzate in Italia. La Cina, così come gran parte dell’Asia costituisce una frontiera di sviluppo che qualsiasi imprenditore deve avere bene in vista, perché lì si concentra una grande fetta della popolazione mondiale che ha voglia di crescere e di spendere. Se qui in Europa ormai ci siamo un po’ seduti sul benessere acquisto, in Cina c’è una larga fetta di popolazione grande quasi quanto quella europea che possiede un reddito medio superiore a quello europeo, che ha grande voglia di spendere e di crescere acquistando prodotti di alta gamma spesso italiani, dalla moda all’elettronica, al cibo.
Oltre che nella moda, lei è attiva anche nel campo della comunicazione digitale con Connexia e nei sondaggi con Doxa. Due settori diametralmente diversi rispetto all’abbigliamento…
Doxa è un investimento dovuto all’amore per mio padre. Lui era un dipendente di Doxa e quando il fondatore morì io, a 32 anni, mi sono indebitata per rilevarla perché credevo nell’azienda, nelle sue possibilità e in mio padre. E’ stato lui a guidarla fino all’età di 75 anni, dopo di che l’abbiamo managerializzata. Lo stesso è accaduto con Connexia, dove i nostri soci sono persone cresciute all’interno dell’azienda fino a diventarne dirigenti. A Milano abbiamo una realtà che annovera 280 persone in gran parte giovani, molto motivati e rivolti verso il futuro.
Ecco il futuro: cosa ne pensa della digitalizzazione della società?
E’ una tendenza in corso in tutto il mondo e l’Italia arriva un po’ in ritardo rispetto ad altre realtà. Una decina d’anni fa, nel corso di un mio viaggio in Cina ero entrata in un negozio di ferramenta per cercare un carrellino per valige. Lì c’era un vecchio artigiano che stava seduto per terra intento ad armeggiare con il suo computer portatile collegato in rete con il WiFi a rispondere a un cliente. In Cina il commercio elettronico è una realtà consolidata nella vita di ogni giorno e tramite portali come Alibaba o Amazon si compre praticamente di tutto per mezzo del cellulare. Qui in Italia siamo ancora indietro, ci fidiamo poco del commercio elettronico preferendo il negozio tradizionale. Ma c’è da dire che proprio i grandi del digitale stanno ora investendo nelle catene commerciali fisiche, perché si sono accorti che il contatto diretto con il cliente è importante.
Con “Impresa 4.0” si è innovato nei processi produttivi e nella manifattura, mentre si è ancora indietro sulla comunicazione e sul marketing digitale. Lei cosa pensa?
Dipende dai settori in cui si opera. Se una grande azienda lavora praticamente solo per altre aziende, probabilmente le sue necessità di comunicazione e di marketing sono limitate. Così come è difficile cambiare organizzazione per una piccola realtà produttiva. Non bisogna dimenticare il grande balzo tecnologico che si è verificato negli ultimi vent’anni: quando ho iniziato c’era la posta cartacea e il fax sembrava una rivoluzione, poi è arrivato il telefono cellulare e internet. Una volta l’organizzazione aziendale prevedeva la gestione della posta cartacea, oggi con la posta elettronica è tutto più facile e i messaggi ti raggiungono anche sul cellulare dovunque si sia. Lo stesso si può dire per i servizi bancari: una volta si doveva andare in banca, fare la coda e svolgere le pratiche allo sportello. Oggi si fa tutto comodamente in azienda tramite computer e con le app di home banking lo si può fare anche da cellulare. Si tratta di cambiamenti epocali che hanno aiutato ad evolvere in meglio l’attività delle aziende e delle stesse persone.
Anche la comunicazione è profondamente cambiata, con il digitale che ha preso il largo sulla carta stampata…
La gente e le imprese sono sempre più digitali. Non ci sono solo i giovani che nascono praticamente con una tastiera in mano:, anche tra gli adulti è necessario avere confidenza con il mondo digitale, con il mondo delle app. Anche l’informazione è sempre più digitale, visto che su uno schermo si trova di tutto. Il telefono cellulare ha ormai soppiantato la posta e presto lo farà anche nei confronti della carta di credito per i pagamenti. La pubblicità se ne è accorta e investe sempre di più sui nuovi media, che sono utilizzati in modo maggiore da coloro che sono “altospendenti”, mentre chi utilizza la televisione è sempre più un pubblico anziano con una tendenza alla spesa ridotta e conservatrice.
“Impresa 4.0” ha avuto il merito di aprire la fase della digitalizzazione delle imprese.
I provvedimenti volti al sostegno degli investimenti in nuove tecnologie hanno messo in moto notevoli investimenti per modernizzare le imprese e il metodo della defiscalizzazione piuttosto che quello dei contributi a pioggia ha contribuito a responsabilizzare gli imprenditori ad investire nelle proprie aziende.
Secondo lei, piccolo è ancora bello?
Dipende dai settori, ma con un mercato sempre più globale anche per i “piccoli” è un fattore strategico crescere, magari stipulando alleanze, scambi azionari con realtà similari. Gli imprenditori italiani devono imparare a fare rete tra loro per potere avere una massa critica sufficientemente grande tale da potere competere sul mercato ed avere una forza di contrattazione adeguata nei confronti del sistema del credito. E, soprattutto, iniziare a ragionare in un’ottica globale, perché il mercato più innovativo e dinamico è sempre più verso Oriente.