Cooperative sociali 2.0: nuove sfide e nuove prospettive

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Presentata la nuova ricerca di Legacoopbund sulle cooperative sociali: in Alto Adige rappresentano un attore sociale ed economico di grande importanza e hanno al loro interno un forte potenziale innovativo.

Le cooperative sociali rappresentano oggi un tassello irrinunciabile nei servizi sociosanitari e nell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. In Alto Adige si contano attualmente circa 220 cooperative sociali nelle quali lavorano più di 2.500 persone, di cui circa 500 persone svantaggiate, vale a dire persone che hanno trovato un’occupazione nelle cooperative nell’ambito di un progetto di integrazione lavorativa. Le cooperative sociali oggi sono messe a dura prova: aumenta la pressione su di loro, accresce la burocrazia, la concorrenza per l’assegnazione degli incarichi pubblici è sempre più agguerrita e diminuiscono in genere i contributi pubblici.

Il ruolo delle cooperative sociali deve dunque essere ripensato e reinventato. In che modo la cooperazione sociale può contribuire anche in futuro alla nostra società e quali risposte può dare ai cambiamenti demografici e ai mutamenti dei bisogni sociali? Di questo e d’altro si è discusso nell’ambito della conferenza “Cooperative sociali 2.0”. All’inconro presso la Camera di commercio di Bolzano, organizzato dall’associazione di rappresentanza delle cooperative Legacoopbund, hanno partecipato anche gli assessori Martha Stocker e Christian Tommasini, così come numerosi rappresentanti delle cooperative sociali altoatesine.

«Il valore che le cooperative creano grazie alla loro attività dovrebbe essere messo in risalto. Questo, ad esempio, attraverso una ricerca pubblica sulla ricaduta qualitativa e quantitativa dell’attività delle cooperative sociali sulla comunità, sulla qualità di vita delle persone svan- taggiate e sul loro ambiente», ha affermato il presidente di Legacoopbund, Heini Grandi. La realizzazione di un centro di competenza per l’innovazione sociale potrebbe dare una risposta a molte esigenze delle cooperative, ne è convinta l’assessore Martha Stocker: «siamo interessati a sostenere un tale progetto, a patto che venga condiviso e portato avanti da tutte le centrali cooperative». L’assessore Christian Tommasini ha ribadito, invece, la propria volontà di sostenere anche in futuro le cooperative sociali, quali importanti partner delle istituzioni pubbliche: «la giunta provinciale non può di certo dare risposta a tutti i bisogni sociali e della comunità. Qui sono chiamate in causa le cooperative, che dovranno affrontare le questioni sociali e sviluppare nuove soluzioni. Noi come giunta ci impegneremo a creare i presupposti legislativi e mettere a disposizione le risorse necessarie per rendere possibile questo percorso».

Grandi nell’ambito della conferenza ha ricordato che le cooperative sociali preferirebbero ricevere più incarichi lavorativi anche da parte degli enti pubblici piuttosto che contributi, non rinunciando però alle attuali tutele e ad una sempre maggiore attenzione verso la qualità. «non è sempre facile per le cooperative conciliare l’essere impresa con lo scopo sociale, soprattutto per quanto riguarda gli incarichi pubblici, dove spesso sempre più spesso sono le imprese provenienti da altre regioni ad aggiudicarsi gli appalti – ha raffermato la presidente della cooperativa sociale Oasis, Klaudia Resch -. Sarebbe importante che dopo l’assegnazione degli appalti pubblici venga controllata costantemente anche la corretta esecuzione degli incarichi».

Un’ulteriore tematica di cui si è parlato durante la conferenza è la possibile apertura a nuove categorie di persone svantaggiate. Si pone la domanda se le cooperative sociali siano chia- mate a svolgere progetti di inserimento lavorativo anche per nuovi gruppi sociali svantaggiati, quali i senzatetto, i migranti, i disoccupati a lungo termine, i giovani in cerca di lavoro ecc. «Si tratta in questi casi specifici di persone che si trovano in una situazione di svantaggio per un periodo breve della loro vita. Alle cooperative sociali dovrebbe essere concessa la possibilità di accompagnare queste persone per un certo periodo e ottenere per questo servizio un sostegno specifico; senza che vengano però modificate le categorie delle persone svantaggiate secondo la legge 381/1991» hanno sottolineato all’unisono i partecipanti alla discussione.

«Il lavoro nelle cooperative sociali è un arricchimento per tutti, non solo per le persone svantaggiate – ha ricordato Francesca Peruz, presidente della cooperativa sociale Clab -. Si creano nuovi contatti e relazioni sociali e le persone vengono accompagnate e sostenute in diversi ambiti della loro vita».

Nell’ambito della conferenza sono stati, inoltre, presentati i risultati di una nuova ricerca, svolta dalla cooperativa di innovazione sociale Sophia e commissionata da Legacoopbund. Oscar Kiesswetter, come autore di una parte della ricerca, ha presentato il percorso che ha portato all’emanazione della legge 381/1991 sulla cooperazione sociale: «la prima cooperativa sociale in Italia, la Cooperativa lavoratori uniti, è stata costituita nel 1972, quasi 20 anni prima dell’entrata in vigore della legge 381/1991, a testimonianza della forte vena innovativa presente nelle prime cooperative».

Anche Armin Bernhard ha presentato, come coautore, una parte della ricerca, evidenziando le nuove sfide sociali che attendono la cooperazione: «il progressivo invecchiamento della popolazione, l’integrazione di nuovi gruppi sociali, l’inserimento lavorativo di persone con un forte bisogno di aiuto ecc. costringono le cooperative a cercare nuove soluzioni e ad allargare le proprie attività. Nuove collaborazioni con il settore profit e non-profit e un sostegno flessibile da parte di partner pubblici e privati sono di fondamentale importanza».