Trivelle in Adriatico: secondo Confindustria Romagna i siti “Bianca e Luisella” rispettano l’ambiente

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Il Consiglio di Stato dà il via libera alle prospezioni su 30.000 chilometri quadri per la ricerca di gas e petrolio.

Nei giorni scorsi, con la bocciatura dei ricorsi presentati in appello da Puglia e Abruzzo – ricorsi con cui le due Regioni si opponevano alla realizzazione di nuovi siti di estrazione – il Consiglio di Stato ha dato il suo via libera alla prosecuzione delle trivellazioni e alla costruzione di nuove piattaforme per la ricerca di gas e idrocarburi nel mare Adriatico.

Una sentenza che riguarda l’intera costa adriatica, per un totale di 30.000 chilometri quadrati, compresa quella emiliano-romagnola su cui scende in campo Confindustria Romagna con una nota dove l’associazione che raggruppa gli industriali di Ravenna e Rimini, plaude alla scelta compiuta dal Consiglio di Stato toccando, in particolare, i siti di “Bianca e Luisella”. Questi sono contenuti nel progetto presentato da Eni nel 2013, che prevede la costruzione di una piattaforma con otto nuovi pozzi e tre condotte sottomarine nel tratto di mare che collega la costa romagnola e quella marchigiana, tra i comuni di Cattolica e Gabicce Mare.

Proprio il comune di Cattolica, a gennaio, ha presentato un ricorso al Tar contro il parere favorevole rilasciato alla fine dello scorso novembre dal ministero dell’Ambiente alla costruzione della piattaforma. «In Romagna – scrive Confindustria Romagna – ha sede il più importante distretto nazionale di Oil&Gas che, da decenni, convive con le comunità locali e rappresenta uno dei principali comparti produttivi del territorio: ci sono voluti molti anni e una sentenza del Consiglio di Stato per riaffermare la legittimità delle esplorazioni in Adriatico, e il loro impatto sull’economia e l’occupazione, ricordando come tutta l’attività avvenga nel pieno rispetto delle norme e dell’ambiente in cui è integrata. Siamo certi che il progetto “Bianca e Luisella” non farà eccezione».

A giudizio degli industriali romagnoli, «le imprese del settore e dell’indotto, le migliaia di lavoratori e le loro famiglie hanno già sofferto un blocco delle attività che ha aggravato una pesante crisi congiunturale: spiace, ma è doveroso da parte di Confindustria Romagna, ribadire i quanto i costi del non fare siano dannosi per tutta la collettività, soprattutto quando i “no” arrivano da amministratori della cosa pubblica».