Obiettivo la valorizzazione di cultivar locali come Rosso di Aquileia, socchievina, resiano, bianco perla friulano, pignoletto, dente di cavallo, cinquantino
Rosso di Aquileia, socchievina, resiano, bianco perla friulano, pignoletto, dente di cavallo, cinquantino: sono alcune delle antiche cultivar di mais a libera impollinazione che un gruppo di “contadini custodi” del Friuli Venezia Giulia continua a produrre in regime di certificazione biologica.
Una decina di agricoltori ha dato vita all’associazione “Produttori antichi mais friulani” con lo scopo di dare impulso alla valorizzazione delle vecchie varietà, che una recente ricerca del Dipartimento di Scienze agroalimentari dell’ateneo di Udine ha caratterizzato geneticamente. Negli anni gli studi, svolti in convenzione con l’Agenzia per lo sviluppo rurale (Ersa) che raccoglie e conserva nella propria banca del germoplasma queste importanti sorgenti di agrobiodiversità, hanno dimostrato che sono varietà con valori nutritivi (proteine) molto più alti rispetto agli ibridi, con maggiore adattabilità al territorio e che sono in grado di produrre farine di più elevata qualità.
L’associazione, che ad oggi conta una decina di produttori ma che ha già acquisito molte richieste di adesione tra la cinquantina di aziende coltivatrici in Regione, si è presentata in pubblico alla presenza dell’assessore regionale alle risorse agricole, Cristiano Shaurli.
«La costituzione di questa rete – ha osservato Shaurli – è un’ottima notizia e la sua importanza, come spesso accade quando ci si occupa di tutela di varietà antiche, dovrà essere difesa da quei detrattori che si faranno avanti per farci notare che tutelare questo genere di agricoltura è ‘romantico’, squisitamente di ‘nicchia’, ma che i numeri e i fatturati stanno altrove: per una regione piccola come la nostra, invece, questa è una scelta strategica non solo per motivi di tutela storica e identitaria, ma anche dal punto di vista economico perché proprio a noi spetta, per essere competitivi, produrre ciò che altri non possono copiare».
L’associazione, ha reso noto il suo presidente Gianpaolo Chendi, sarà aperta anche ai titolari di mulini, alle aziende come panifici, pastifici, birrifici, alle botteghe artigiane, alle cooperative e ai consorzi che utilizzano antichi mais friulani. L’invito a fare parte dell’associazione è rivolto anche ai ristoratori. «Un percorso di valorizzazione condivisa tra tutta la filiera – ha commentato Shaurli – è molto lungimirante e ritengo particolarmente importante il coinvolgimento del mondo della ristorazione».
A dimostrazione che questo è lo spirito dell’associazione è l’adesione annunciata da Chendi alla rete nazionale “Slow Mays”, che fa capo a Slow Food e si prefigge di valorizzare le piccole comunità del cibo italiane che continuano a produrre mais tradizionali legati alla loro cultura alimentare. Così, dopo Lombardia e Piemonte, il Friuli Venezia Giulia sarà tra le prime regioni ad aderire al movimento.