Commercio in calo a dicembre 2017, mentre l’anno si chiude in leggerissima crescita

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Le vendite di Natale sono state “fredde”. Secondo l’Istat a gennaio 2018 cala la fiducia delle imprese e famiglie. Allarme delle organizzazioni dei commercianti e dei consumatori

carrello spesa supermercato 2Il motore dell’economia italiana è ancora imballato e, in carenza di un’energica cura (che sotto i governi Renzi e Gentiloni è sostanzialmente mancata), rischia di spegnersi e con esso l’aspettativa di uscire da una drammatica crisi economica e sociale che in Italia sta durando più che negli altri grandi paesi dell’Unione Europea che, pur partendo da posizioni uguali o peggiori di quelle italiane, sono già usciti in modo netto dalla crisi imboccando una consistente crescita.

Secondo la rilevazione Istat, a dicembre 2017 le vendite al dettaglio registrano una diminuzione, rispetto al mese precedente, dello 0,3% sia in valore sia in volume. In particolare, diminuiscono sia le vendite di beni alimentari sia quelle di beni non alimentari (rispettivamente dello 0,2% e dello 0,3%, in valore e in volume), a testimonianza di come le vendite natalizie siano state particolarmente “fredde”

Considerando l’andamento trimestrale, nel periodo ottobre-dicembre l’indice complessivo registra, rispetto al trimestre precedente, una variazione positiva dello 0,1% in valore e una flessione dello 0,2% in volume. Nello stesso periodo, per le vendite di beni alimentari si rileva un incremento dello 0,2% in valore e una diminuzione dello 0,5% in volume; sostanzialmente stabile l’andamento dei beni non alimentari (-0,1% in valore, invariato il volume). 

Nel confronto con il mese di dicembre 2016, le vendite al dettaglio registrano una flessione dello 0,1% in valore e dello 0,9% in volume. Nello stesso periodo quelle di prodotti alimentari aumentano dell’1,2% in valore e diminuiscono dello 0,4% in volume, mentre le vendite di prodotti non alimentari registrano una diminuzione per entrambi gli aggregati (rispettivamente -0,7% e -1,1%). Il 2017 si chiude quindi con una crescita delle vendite modesta (+0,2%), sintesi di un aumento dell’1,4% per la grande distribuzione (all’interno della quale emerge la crescita del 3,2% dei discount di alimentari a testimonianza di come le famiglie abbiano sempre meno soldi da spendere) e una diminuzione dello 0,8% delle vendite delle imprese operanti su piccole superfici. 

Se le vendite vanno male, anche l’andamento della crescita complessiva del Paese sta rallentando. Secondo l’Istat, «in un quadro di forte espansione del commercio mondiale, prosegue l’andamento positivo delle esportazioni Italiane. La produzione del settore manifatturiero registra invece qualche segnale di rallentamento. In presenza di un aumento del potere di acquisto delle famiglie, aumenta la propensione al risparmio. L’inflazione si conferma moderata e in ripiegamento. La lieve riduzione dell’indicatore anticipatore, che si mantiene comunque su livelli elevati, delinea uno scenario di minore intensità della crescita economica».

Sulle prospettive, l’Istat indica che la fiducia dei consumatori e delle imprese segna una battuta di arresto. A gennaio il clima di fiducia dei consumatori è diminuito dopo il forte aumento registrato il mese precedente (i giudizi dei consumatori sulla situazione economica del Paese sono in miglioramento mentre le aspettati-ve registrano un calo). 

L’indice composito del clima di fiducia delle imprese ha segnato un calo ancora più marcato, determinato in larga misura dalla flessione nei servizi mentre il clima di fiducia delle imprese manifatturiere si mantiene sui livelli dei mesi precedenti. In particolare migliorano i giudizi sulle attese di produzione ma peggiorano i giudizi sugli ordini e aumentano quelli sulle scorte di prodotti finiti. 

Le reazioni ai dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica non sono mancate. Secondo i consumatori del Codacons «i consumi delle famiglie non ripartono come dovrebbero, e anche durante l’ultimo Natale si è registrata una contrazione degli acquisti, esattamente come stimato dall’associazione. L’indagine dell’Istat rivela non solo la mancata ripresa delle vendite, ma anche una profonda modifica delle abitudini degli italiani, che stanno progressivamente abbandonando i negozi tradizionali in favore dei discount, unici esercizi che registrano performance soddisfacenti – afferma il presidente dell’associazione, Carlo Rienzi -. Nemmeno occasioni come il Natale o i saldi di fine stagione, un tempo attesi dai consumatori, riescono a salvare il commercio, che vive ancora una crisi nerissima». 

Per l’associazione il dato «più preoccupante è il drastico calo delle vendite fatto registrare dai piccoli negozi (-0,8%). Di questo passo le botteghe e i negozi di quartiere sono destinati a scomparire del tutto dalle nostre città, schiacciati dalla concorrenza delle grandi multinazionali e del commercio online». 

Per Confesercenti si è assistito ad «un Natale deludente, che chiude l’ennesimo anno nero per negozi e botteghe, durante il quale sono scomparsi altri 10.000 negozi. Se il 2017 è stato l’anno della ripresa, per le vendite del commercio indipendente i dati sono purtroppo ancora del tutto sconfortanti. E segnano un ulteriore allargamento della forbice tra piccoli e grandi superfici, le uniche che possono festeggiare – nell’arco dei dodici mesi – una piccola ripresa delle vendite. Per le imprese che operano su piccole superfici, invece, la situazione è andata purtroppo peggiorando di anno in anno registrando variazioni negative (in volume) crescenti (secondo le nostre stime): -0,3% nel 2015, -0,8% nel 2016, -1,6% lo scorso anno. La situazione è ancora più pesante per le imprese fino a 5 addetti, che nel 2017 registrano un crollo del 3,1%». 

Per Confesercenti «è evidente ormai che il commercio tradizionale si trovi in condizioni in cui è sempre più difficile operare: i piccoli imprenditori, stretti tra l’incudine della liberalizzazione e la crescita impetuosa dell’e-commerce, vedono sempre di più restringersi gli spazi di mercato. Ma incide anche la ripresa complessiva dell’indice dei prezzi, dovuta in primo luogo alla risalita dei beni energetici, che nel 2017 ha iniziato a far sentire i suoi effetti sul potere d’acquisto delle famiglie: in assenza di una ripresa stabile del quadro economico il riaffacciarsi dell’inflazione potrebbe portare ad una nuova riduzione complessiva dei consumi, con effetti pesanti su Pil e conti pubblici in un contesto di rallentamento della crescita già segnalato dall’Istat. Occorre quanto prima, dopo il responso delle urne, ridare fiducia e certezza al Paese con interventi mirati».

Allarmata anche Confcommercio: per il suo Ufficio studi «il calo delle vendite è in linea con le attese e si inserisce in un contesto congiunturale che si indebolisce. Al di là del dato del singolo mese, preoccupa che il raffreddamento del profilo dei consumi emerge in tutto il 2017 e si manifesta con maggiore evidenza nell’ultimo trimestre. Questa tendenza sta coinvolgendo, sia pure in modo articolato, quasi tutte le aree di spesa e le tipologie di attività commerciali, tra cui le più danneggiate sono sempre le imprese di minori dimensioni. Inoltre, non tranquillizza constatare che le dinamiche negative di dicembre siano comuni a tanti altri paesi europei. Insieme ai più recenti dati su fiducia e occupazione, il calo delle vendite al dettaglio getta qualche ombra sulle reali possibilità di raggiungere, nel 2018, una crescita simile a quella dell’anno scorso, cioè attorno al punto e mezzo percentuale».