La proprietà di Snaidero rimane in Italia grazie all’alleanza con il fondo DeA Capital di De Agostini

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Respinta l’offerta dei cinesi. «Ora puntare sull’ottimizazione degli stabilimenti del gruppo e potenziare la rete vendita internazionale»

snaidero sede majano udineIl gruppo friulano Snaidero rimane in mani italiane e prosegue l’alleanza con il gruppo De Agostini. «Risorse necessarie per un importante progetto di sviluppo internazionale dell’azienda, investimenti per il completamento del progetto di ottimizzazione degli stabilimenti produttivi ed importanti sinergie con il gruppo per lo sviluppo della rete vendita internazionale». Queste le ragioni elencate dallo storico marchio di cucine il cui consiglio di amministrazione riunito a Majano (Udine) ha deliberato all’unanimità di proseguire nel percorso di collaborazione con il fondo Dea Capital CCR II, da fine dicembre il principale partner finanziario di Snaidero. 

Una decisione che Snaidero rivendica come migliore «per delineare un futuro di grande continuità e sviluppo nell’interesse dei partner finanziari, dei collaboratori, dei fornitori e dei clienti dell’azienda stessa». Una decisione presa dopo che il 21 gennaio scorso è «scaduta l’offerta vincolante di un importante gruppo cinese internazionale senza che i relativi contenuti siano stati approvati dalla maggioranza dei creditori finanziari». 

Snaidero, con i suoi oltre 70 anni di storia, non diventerà cinese ma resterà in mani italiane, quelle del fondo De Agostini, presieduto da Roberto Saviane. Che ora dovrà presentare una proposta vincolante. DeA detiene la maggior parte dei debiti Snaidero, acquisiti dalle banche, ed esperienza in operazioni di rilancio aziendale (con il fondo Idea Ccr I) e non ultimo un obiettivo più “modesto” in termini di quote: 51% contro il 91% dei cinesi. E’ probabile che la famiglia Snaidero non sarà tagliata fuori sotto il profilo azionario, mentre non è scontato che il management rimanga lo stesso, a cominciare dal presidente del gruppo, Edi Snaidero. Più preoccupati sono gli oltre 400 lavoratori, che hanno attraversato un lungo periodo di ammortizzatori sociali e vivono ancora oggi con la spada di Damocle di una cassa integrazione ancora aperta.