Riforme spesso bloccate dalla mancata emanazione dei decreti attuativi. Difficile che il governo Gentiloni riesca ad emanarli prima che decadano
A fine legislatura si tira il bilancio di quanto fatto e di quanto si sarebbe potuto o dovuto fare, facendo emergere luci ed ombre dell’azione dei governi che si sono succeduti alla guida della barca Italia.
Nel corso del quinquennio, il Parlamento si è sobbarcato una buona mole di lavoro, approvando numerose leggi di riforma, alcune delle quali anche di rilevante importanza. Peccato che, per le tecniche parlamentari, molte di queste riforme siano ancora in larga parte inattuate per la mancanza dei decreti attuativi che avrebbero dovuto essere emanati dal Governo.
Secondo l’ultimo rapporto diffuso da Palazzo Chigi nel il 2014, quando alla guida del governo c’era Matteo Renzi, restano ancora 36 decreti attuativi da adottare: uno riguarda la riforma della finanza degli enti locali, 2 la legge sull’emergenza abitativa, uno la legge che tutela cultura e turismo, un altro il decreto di semplificazione nella pubblica amministrazione, 2 decreti mancano alla legge sulla competitività, 7 allo “Sblocca Italia”, ben 15 alla legge di Stabilità 2015, 4 alla legge che istituisce la dichiarazione dei redditi precompilata e un decreto a testa per la legge sulla violenza negli stadi e per la riforma della giustizia.
Ne va meglio l’anno dopo: solo prendendo in considerazione i principali provvedimenti approvati nel 2015, sono ben 47 i decreti che ancora devono essere adottati. Le leggi più indietro sono ancora quella di Stabilità 2016 (30 decreti) e la riforma della “Buona Scuola” (5 decreti), la riforma degli enti locali (4 decreti), la legge che riordina i servizi per il lavoro (3 decreti), il decreto legislativo che prevede misure per la crescita (2 decreti), la legge che introduce misure urgenti (!!) per il sistema bancario (mancano 2 decreti), la legge di contrasto al terrorismo e quella sulle disposizioni in materia fallimentare (per ciascuna manca un decreto a testa).
Man mano che ci si avvicina alla fine della legislatura, cresce il numero dei decreti da smaltire, perché agli arretrati si aggiungono quelli previsti dalle nuove leggi. Nel 2016 le norme non adottate salgono a 86, con il record della legge di Stabilità 2016. Subito dopo segue la riforma del codice degli appalti, dove mancano ancora 20 decreti. In arretrato anche il decreto fiscale, privo di 11 provvedimenti attuativi. Alla riforma del bilancio dello Stato mancano 5 decreti, a pari (de)merito con il decreto sulle banche. Vanno ancora adottati 3 provvedimenti per gli interventi che riguardano il terremoto dell’agosto 2016, altrettanti servono alla legge sul cinema e all’Integrazione del codice di amministrazione digitale e 2 al decreto che prevede misure finanziarie per gli enti locali. Ancora non pervenuto il 2017.
Che dire? Gran parte delle riforme strombazzate dal duo Renzi-Gentiloni sono corrono con il freno a mano tirato, anche perché ancora una volta si è preferito il calderone dei numeri piuttosto che quello della qualità. Certo, rimane il brutto vizio di utilizzare la legge di Stabilità come un carrozzone buono per tutte le occasioni per infilare provvedimenti di favore ora per questo ora per quel settore o clientela, spacciando per fatto quanto invece è ancora tutto in gran parte da fare.