Verso l’accordo col Governo su gestione diretta competenze e meccanismi di finanziamento con compartecipazione al gettito fiscale prodotto in loco senza nessun aumento di tasse per cittadini e imprese
L’Emilia-Romagna si avvicina sempre di più a una maggiore autonomia regionale. «Entro febbraio – afferma durante la relazione al Consiglio il presidente della Regione, Stefano Bonaccini – potremmo davvero firmare una intesa con il Governo sulle materie di cui abbiamo chiesto la competenza diretta. Il negoziato con l’esecutivo nazionale, condiviso con la Lombardia, sta proseguendo in maniera efficace e già fra due settimane, nella seduta del 30-31 gennaio, potremmo essere nelle condizioni di tornare in Assemblea legislativa, da cui continua ad arrivare un contributo importante, per chiedere il mandato a siglare l’accordo».
Per Bonaccini la firma «sarebbe un fatto storico, di fronte a un percorso mai intrapreso prima in Italia, e farlo in così poco tempo credo dimostri come le istituzioni siano in grado di fare un buon lavoro di fronte alla volontà comune di guardare certo all’interesse dei propri territori, ma anche a quello generale del Paese, senza colore politico. Un percorso, peraltro, che in Emilia-Romagna abbiamo fin dall’inizio condiviso con le rappresentanze sociali ed economiche, gli enti locali, le università e le associazioni nell’ambito del Patto per il Lavoro».
Il presidente della Giunta regionale è intervenuto in Assemblea legislativa sul negoziato con il Governo, finalizzato all’acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia avviato dopo la dichiarazione di intenti del 18 ottobre scorso firmata dallo stesso Bonaccini col presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e l’inizio formale del negoziato il 9 novembre successivo.
Un confronto che soprattutto su istruzione, lavoro (con, fra le altre, maggiori competenze regionali sulla sicurezza nei luoghi di lavoro), ambiente e sanità (modulazione dei ticket e fondo pluriennale per gli investimenti in edilizia sanitaria fra le richieste) è in uno stato ormai avanzato, per una intesa, chiarisce Bonaccini, «che dovrà individuare, da un lato, i meccanismi di finanziamento delle funzioni ulteriori attribuite alla Regione, dall’altro il metodo per la determinazione del costo di esercizio delle stesse funzioni». Quanto al primo aspetto, «e senza in alcun modo rivendicare la devoluzione dell’intero residuo fiscale regionale, la soluzione auspicabile è consentire alla Regione di compartecipare al gettito prodotto dai tributi erariali riferibili al proprio territorio. Ciò, peraltro, non dovrà generare alcun aumento della pressione fiscale a carico di cittadini e imprese». In merito al secondo, «sembra senz’altro preferibile procedere alla quantificazione dei costi di esercizio delle funzioni» di cui si chiede la gestione diretta «sulla base del criterio del “costo standard” invece del criterio ancorato alla spesa storica».
«Detto che l’unità nazionale non si tocca, l’iniziativa dell’Emilia-Romagna, insieme a quelle di Lombardia e Veneto, ha avuto il pregio – prosegue Bonaccini – di riaprire il dibattito sul futuro del regionalismo italiano. Di un nuovo regionalismo in cui si vuole superare l’area grigia della concorrenza con una leale collaborazione Stato-Regioni basata su nuovi e chiari accordi, con la necessità di procedere da un lato a una revisione delle modalità e delle forme della legislazione statale nelle materie che vedono il coinvolgimento delle Regioni, dall’altro, a un riordino delle leggi esistenti in queste stesse materie per ricondurre le istituzioni nell’alveo di quei principi che valorizzano le autonomie, pur sempre nella cornice unitaria della Repubblica».
Per Bonaccini «è questa anche l’occasione per realizzare un vero federalismo fiscale, in un quadro di rigorosa garanzia degli equilibri finanziari e di responsabilizzazione delle Regioni e degli enti locali sul lato delle entrate e delle spese. Innanzi tutto costruendo, a livello europeo, istituzioni politiche forti e più sensibili ai bisogni dei cittadini. Questa, in altre parole, può essere l’occasione sia per sperimentare un nuovo sistema di finanziamento delle funzioni territoriali, sia per rivedere i principi fondamentali per il coordinamento del sistema tributario».
Peraltro, con la strada aperta dal negoziato in corso «il tema delle autonomie territoriali torna ad assumere centralità, anche alla luce della rapida diffusione di iniziative analoghe in altri contesti regionali. Infatti, a quelle di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, si sono aggiunte Liguria e Piemonte, le cui regioni hanno annunciato di voler intraprendere lo steso percorso scelto dall’Emilia-Romagna. «Si tratta – riflette il presidente della Giunta – di Regioni che al di là delle diverse tradizioni politiche, esprimono con forza l’esigenza di superare il disagio che le forme di centralismo statale, prodotte nell’ultimo decennio dalla cosiddetta legislazione di crisi, hanno generato anche nei contesti regionali più virtuosi e nei relativi sistemi delle autonomie territoriali. Iniziative che in un equilibrio tra peculiarità e specificità territoriali e valori unitari della Repubblica, intendono sviluppare una competizione positiva che renda le istituzioni capaci di innescare processi ancora più virtuosi, sperimentando soluzioni di governo più innovative e funzionali che, a tempo debito, potranno essere estese anche alle altre».
Dopo la relazione del presidente, l’Assemblea legislativa ha dato il via al dibattito tra le forze politiche. Il gruppo della Lega Nord ha spiegato come «l’obiettivo che abbiamo tutti è portare a casa più deleghe possibili e avvicinare così i cittadini alle scelte degli amministratori». Anche se, sempre dagli esponenti del Carroccio, arriva la richiesta dei costi: «vorremmo capire qual è la “bilancia”, quali saranno i costi residui? Questo dibattito andava fatto prima dell’avvio della trattativa, non dopo». Un dibattito di certo diverso rispetto a quelli passati, come sottolineato da Sinistra Italiana («un clima molto diverso e che dimostra come sia inutile spendere soldi per un referendum sull’autonomia. A noi stanno a cuore temi come sicurezza sul lavoro e urbanistica») anche se da Fratelli d’Italia arrivano dubbi e perplessità: «ciò che mi lascia perplesso – ha spiegato il capogruppo – è che siano le Regioni a tutelare i grandi settori come quello dei rifiuti che hanno una partecipazione pubblica». Critiche arrivano anche dal Movimento 5 Stelle, che sottolinea come «la giunta non ha il mandato per la richiesta di ulteriori quattro competenze». Anche se alcune loro proposte sono state accolte, il Movimento solleva comunque delle perplessità: «se l’autonomia non andrà in porto, chi ci metterà i soldi per le bonifiche?». Mentre Forza Italia resta più distaccata: «abbiamo una valutazione positiva sul metodo, per quella sul merito aspettiamo».
Il Partito Democratico spiega come «stiamo facendo quello che dobbiamo fare» e da questo dibattito a cui «tutti stanno dando un contributo» si arriverà a una trattativa sull’autonomia con cui «stiamo facendo una cosa epocale, da cui non si può tornare indietro: stiamo facendo i veri legislatori. Abbiamo chiesto più autonomia non per avere più soldi ma per poter fare più riforme». E aggiungono come «maggioranza e minoranza si stiano interfacciando per il bene del Paese secondo punti di vista diversi».