Secondo il rapporto ICE-Prometeia lo sbocco principale in particolare nei paesi extra UE
Gli scambi mondiali di manufatti nel 2017 hanno raggiunto una crescita stimata del 4,6%. Una percentuale che sale al 5% se si considera l’intero triennio analizzato nel Rapporto ICE-Prometeia “Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori”, presentato a Milano.
Si tratta di un’accelerazione che arriva dopo il punto di minimo raggiunto nel 2016 (2,9%) e che continuerà nel 2018 e nel 2019 con una crescita stimata pari rispettivamente al 5,5% e al 5,3%. Si tratta di risultati che sembrano disattendere i timori di una contrazione degli scambi dovuta a un nuovo protezionismo promosso dall’amministrazione Trump. Eppure, evidenzia la ricerca, non mancano i fattori di rischio che potrebbero mettere in pericolo questo scenario di crescita. Tra questi, il rialzo dei tassi, la volatilità dei cambi, il brusco sgonfiamento dell’economia cinese, il ribasso delle commodity e anche l’incertezza politica generata dalle tensioni internazionali soprattutto tra Corea e Stati Uniti che «se dovessero inasprirsi potrebbero avere effetti economici devastanti sull’economia mondiale».
Al di la’ di queste potenziali criticità, il Rapporto ICE-Prometeia ha evidenziato che, per la prima volta dopo quasi un decennio, il commercio internazionale è tornato a crescere in maniera bilanciata in tutti i Paesi, compresi quelli emergenti che erano stati il punto debole nello scenario dell’anno precedente. Dal 2017 torna positivo anche il differenziale tra commercio e Pil in virtù del fatto che «il commercio torna a contribuire più che proporzionalmente allo sviluppo globale». Stati Uniti, Sud Corea, Australia Spagna e Giappone guidano, secondo le stime, le importazioni di manufatti nei mercati maturi, mentre tra quelli emergenti prevalgono Kenya, Vietnam, India e Cina.
Sempre sul fronte delle previsioni sulle importazioni mondiali, il Rapporto evidenzia che i settori che cresceranno di più sono il sistema moda, l’arredamento e la meccanica che ha beneficiato della diffusione dei concetti di “Impresa 4.0” e che, soprattutto nei paesi emergenti «rappresenta una buona possibilità di crescita per le aziende del nostro Paese». Possibilità di crescita che secondo il rapporto ci sono anche nel settore dei beni tecnologici dove l’Italia potrebbe ancora crescere nei mercati asiatici, e in quello dei beni di consumo sfruttando le potenzialità del web e delle piattaforme di e-commerce. Si tratta di una grande fetta di mercato che può essere raggiunta dagli attori nazionali «attraverso accordi commerciali preferenziali» e puntando sui nuovi canali digitali che «in alcuni Paesi emergenti – come ad esempio la Corea – viene utilizzato per gli acquisti in quasi il 50% dei casi».
Per quanto riguarda gli altri settori industriali, l’anno in corso è stato caratterizzato da un ritorno alla crescita degli investimenti. Per la meccanica, primo settore di esportazione dell’Italia, si stima che la domanda mondiale di importazioni chiuderà il 2017 con una crescita del 4,2% ed è prevista in ulteriore accelerazione nel 2018. Nei beni di consumo, dopo un 2017 più contenuto, sia il sistema moda sia l’arredo potranno contare su tassi di crescita delle importazioni mondiali tra il 6,5 e il 7% nel prossimo biennio. Rimane strutturalmente più lenta la domanda internazionale dell’alimentare, ma in questo settore le prospettive dell’Italia passano soprattutto da un aumento della penetrazione commerciale.
Si tratta di risultati positivi che lo studio attribuisce, più in generale alla ripresa del commercio mondiale, e nello specifico alle risorse messe in campo con il piano dedicato al “Made in Italy” pari a quasi 200 milioni investiti nel 2017, il triplo rispetto a quanto previsto nel 2014 (65 milioni). Il presidente Ice, Michele Scannavini, ha precisato che «per il 2018 dovrebbe essere previsto un nuovo stanziamento di 175,6 milioni, ma la cifra esatta verrà confermata solo con l’approvazione della Legge di Stabilita». Scannavini ha aggiunto che «stiamo lavorando per stingere accordi con retailer e market place soprattutto in Cina e tra 10 giorni annunceremo un accordo con un retailer globale che darà la possibilità a circa 100 aziende italiane del settore moda di entrare in Cina e in Usa».