La pizza è patrimonio dell’Unesco

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Napoli in festa con pizzaioli in strada a celebrare il riconoscimento. Coldiretti: la pizza muove 12 miliardi di euro di fatturato nella sola Italia. Zaia: «soddisfatto per il riconoscimento che ho avviato quando ero ministro all’agricoltura»

pizzaioli napoli piazza plebiscitoTavoli in strada dalle prime ore del giorno, i primi pizzaioli targati Unesco al lavoro, esibizioni acrobatiche e tanta gente per il ritorno della tradizione della pizza sospesa offerta a coloro che non possono permettersi di pagarla nella storica via Chiaia che è il centro dei festeggiamenti nel cuore di Napoli vicino all’Antica Pizzeria Brandi, dove secondo tradizione è nata la Margherita.

Soddisfazione grande anche per Coldiretti che è stata protagonista della più grande raccolta di firme a sostegno di una candidatura mai realizzata prima, insieme all’Associazione Pizzaiuoli Napoletani e alla fondazione UniVerde che ha portato all’iscrizione dell’“Arte dei Pizzaiuoli napoletani” nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco, approvata dall’apposito comitato intergovernativo riunito nell’Isola di Jeju in Corea del Sud. 

«Un risultato straordinario alla vigilia di un 2018 che è stato proclamato l’Anno internazionale del cibo italiano nel mondo – ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -. L’Italia è il Paese dove più radicata è la cultura alimentare e l’arte della pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale con circa 5 milioni di pizze sfornate al giorno». 

La tutela dell’Unesco è stata riconosciuta per «il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaiuoli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti – conclude la Coldretti – diventare Pizzaiuolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale».Moncalvo con Pizza

«E’ per me davvero una grande soddisfazione apprendere che l’Unesco ha inserito l’arte dei pizzaiuoli napoletani nella lista dei beni immateriali dell’umanità. Un riconoscimento che assegna piena e totale dignità a un prodotto fortemente identitario, simbolo di una gastronomia la cui genuinità si basa sui prodotti tipici del territorio» dichiara il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, che nella sua veste di ministro delle Politiche agricole avviò il processo per il riconoscimento nel 2009.

La pizza genera un giro d’affari di 12 miliardi di euro in Italia dove sono almeno 100.000 i lavoratori fissi nel settore della pizza, ai quali se ne aggiungono altri 50.000 nel fine settimana, secondo i dati dell’Accademia Pizzaioli. Ogni giorno solo in Italia – ricorda la Coldiretti – si sfornano circa 5 milioni di pizze nelle circa 63.000 pizzerie e locali per l’asporto, taglio e trasporto a domicilio, dove si lavorano in termini di ingredienti durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.

Nata a Napoli, la passione per la pizza è diventata planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono questa classifica.