Il Trio Altus per la Stagione dei concerti della Società Filarmonica di Trento

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La formazione esegue pagine di Beethoven, Casella, Schumann e Bernstein

filartn 15.Altus2La grande passione per la musica da camera ha spinto tre raffinati e curiosi musicisti a unire i loro distinti percorsi artistici concentrandosi sulla forma forse più generosa di repertorio del genere classico, quella del trio con pianoforte. L’ispirazione arriva da un luogo magico non solo per l’Italia, il Teatro alla Scala di Milano, dove lavora stabilmente il violoncellista di origine bresciane Sandro Laffranchini, dove ha operato per molti anni il violinista nato a Tirana Klaidi Sahatçi e dove si esibisce spesso il pianista, nato a Pesaro, Andrea Rebaudengo.

I tre grandi professionisti danno vita al Trio Altus nel 2010 debuttando proprio al Teatro alla Scala con il Trio di Leonard Bernstein che ora giunge a Trento nell’ambito del cartellone della Società Filarmonica con un interessante concerto in programma venerdì 17 novembre (ore 20.45). Da allora hanno percorso l’Europa suonando in diverse città con sale d’ascolto preziose come quella della Tonhalle di Zurigo, ampliando il loro repertorio verso il Novecento, facendo tesoro delle singole esperienze. 

Le esibizioni del Trio Altus incrociano infatti le professionalità sconfinate dei tre artisti: un Klaidi Sahatçi già primo violino di spalla presso l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano e dal 2009 a oggi primo Konzertmeister alla Tonhalle Orchester Zürich; un Sandro Laffranchini, dal 1999 primo violoncello del Teatro e della Filarmonica alla Scala e, nel 2007, primo violoncello ospite della London Symphony Orchestra; un Andrea Rebaudengo collaboratore prezioso della cantante Cristina Zavalloni e dell’ensemble Sentieri selvaggi diretto da Carlo Boccadoro. 

Considerare un pezzo scritto per violino, violoncello e pianoforte un “trio” è in qualche modo fuorviante: più consono sarebbe chiamarlo, difatti, quartetto. Ebbene sì, perché il peso musicale di un pezzo siffatto non è sostenuto equamente dai tre strumenti; si ripartisce bensì tra le coppie simmetriche e complementari formate da violino e mano destra del pianoforte, all’acuto, e da violoncello e mano sinistra, al grave. Solo così si può ottenere equilibrio strutturale, dinamico e soprattutto timbrico all’interno di una compagine così eterogenea.

Ben lo sapeva il virtuoso pianista Beethoven, che affida al suo strumento un ruolo preponderante. Eloquente l’incipit Poco sostenuto: a una linea discendente dal carattere malinconico, suggerita dal violoncello e imitata dal violino, segue l’ingresso del pianoforte, che, mostrandosi subito vero protagonista, trasfigura l’idea iniziale e modula finalmente verso la tonalità di impianto. 

Come tutta la sua generazione, Schumann ammirava Beethoven: la sua influenza si manifesta in questo trio però in maniera talmente chiara, da poter quasi parlare di epigonismo. La scelta del ritmo danzante di 6/8 per il movimento iniziale, l’uso pervasivo – talvolta persino accademico – del contrappunto, così come l’impianto formale dei movimenti, sono esplicito rifacimento dell’opera del suo predecessore. Solo moto di emancipazione pare essere lo spiccato lirismo di alcuni temi, come per esempio il delizioso cantabile del primo movimento. 

Anche l’ostinato percussivo che apre la Sonata a tre (1938) di Casella potrebbe ricordare certi gesti veementi del pianoforte beethoveniano. È però più corretto in questo caso riconoscere l’influenza della musica di Vivaldi, riscoperto proprio dalla Generazione dell’80, di cui il compositore faceva parte. L’Andante cantabile da concerto solista settecentesco e il finale a tempo di giga sono intelligente omaggio a un fortunato periodo dell’arte musicale italiana. 

Il Trio con pianoforte di Bernstein precede di un solo anno l’opera di Casella. Soggettive nostalgie melodiche (Andante), esuberanze ritmiche e umoristici giochi timbrici d’assieme (Tempo di marcia), ricordi malinconici (Largo) e brillanti citazioni folcloristiche chiuse da un idiomatico glissando (Allegro vivo) marcano le significative differenze. 

Programma

L. van Beethoven (1770-1827)

Trio in Mi bem. magg. op. 70 n. 2

Poco sostenuto. Allegro ma non troppo – Allegretto – Allegretto ma non troppo – Finale. Allegro

A. Casella (1883-1947)

Sonata a tre op. 62

Introduzione. Andante molto moderato e grave. Allegro ma non troppo – Andante cantabile, quasi adagio – Finale: Tempo di Giga. Allegro vivace

R. Schumann (1810-1856)

Trio n. 2 in Fa magg. op. 80

Sehr lebhaft – Mit innigem Ausdruck. Lebahft – In mässiger Bewegung – Nicht zu rasch 

L. Bernstein (1918-1990)

Trio (1937)

Adagio non troppo, più mosso – Tempo di marcia – Largo – Allegro vivo e molto ritmico