Produzione di riso: l’Europa condanna l’agricoltura italiana leader continentale del settore

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Entro il 21 ottobre la decisione finale, ma la Commissione UE è propensa a mantenere il regime attuale di privilegio delle importazioni da Cambogia e Birmania che penalizzano la produzione continentale 

piante riso FbySh 2L’Europa sta per scrivere la sentenza di condanna del riso italiano: il 21 ottobre la Commissione Ue presenterà all’Europarlamento la relazione sull’applicazione del regolamento 978/2012, che ha creato un sistema tariffario preferenziale, con “dazio zero” sull’import di riso da alcuni Paesi dell’Estremo Oriente di cui beneficiano Cambogia e Birmania. Le importazioni di riso dalla prima sono passate dalle 5.500 tonnellate della campagna 2008-2009 alle 263.000 dell’ultima campagna, cui si aggiungono le 71.000 tonnellate in arrivo dalla Birmania, cresciute del 47% rispetto al contingente giunto in Europa nel 2015-2016.

Dall’Indocina arriva in Europa soprattutto riso della varietà Indica, quello col chicco lungo e stretto a prezzi che sono meno delle metà rispetto a quelli italiani, realtà leader in Europa nella produzione di riso. Il prezzo della varietà Japonica, quella che finisce sulle tavole degli italiani tutti i giorni col chicco corto e tozzo, ha visto le quotazioni in caduta libera. Dai 191 euro alla tonnellata della campagna 2014/2015 è sceso bruscamente ai 157 euro della scorsa campagna. E non va meglio per le varietà più pregiate del riso “Made in Italy”: le quotazioni dell’Arborio sono precipitate dai 457,50 euro la tonnellata dell’ottobre 2016 agli attuali 290 euro.

Già nel 2014 sia il ministero dello Sviluppo economico e l’Ente nazionale Risi hanno chiesto l’applicazione delle clausole di salvaguardia a tutela della produzione europea ed italiana in particolare, chiedendo la reintroduzione dei dazi. Richiesta caduta nel vuoto a Bruxelles, dove la Commissione, nel più classico stile “Ponzio Pilato”, ha promosso a marzo scorso una “consultazione pubblica” aperta a risicoltori e industrie di trasformazione per verificare presso i protagonisti della filiera il livello di rischio esistente. Consultazione trasformatasi in farsa, ad iniziare dalla lingua utilizzata per redigere la relazione: inglese, spagnolo, francese e portoghese. Italiano non pervenuto, nonostante l’Italia sia di gran lunga il primo produttore europeo di riso.

Un documento di 315 pagine piene zeppe di fuffa burocratica, contenete solo dati generici sul mercato del riso e senza alcuna menzione dei cerealicoltori europei, men che meno degli italiani, i più danneggiati di tutti.

A Bruxelles fanno finta di non capire: ad un’interrogazione dell’europarlamentare Angelo Ciocca (Lega Nord), la commissaria al Commercio Cecilia Malmström ha risposto di non ravvisare alcun pericolo dai contingenti di riso importanti, oltre a ribadire che che le importazioni a “dazio zero” dall’Indocina «sopperiscono a una parte del fabbisogno europeo, altrimenti non soddisfatto dalla produzione interna». Bella forza: la produzione europea, stante i prezzi praticati dall’Indocina, stanno mandando fuori mercato la produzione continentale ed italiana in particollare, con sempre meno produzione di riso autoctono.

Ultimo tentativo lo sta conducendo l’Ente Risi, che sta cercando di coinvolgere il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, per evitare che all’Italia venga affibbiata l’ennesima “sola”.