A Padova un operaio meccanico su 2 non si trova
e nell’ingegneria industriale
la difficoltà di reperimento supera il 70%

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confapi carlo valerio assemblea 2017
Confapi: «il rischio paradossale è che le piccole industrie si svuotino non per mancanza di lavoro, ma di lavoratori» 

confapi carlo valerio assemblea 2017Quando il lavoro c’è, mancano i lavoratori. La realtà è questa: in alcuni settori le imprese hanno difficoltà sia a reperire diplomati che laureati, a Padova come, in diverse misure, nel resto del Paese.

Nel Padovano è faticosa una ricerca su due per quanto riguarda un diplomato di indirizzo meccanico. Ma, per le aziende, è a rischio il successo di più di una ricerca di laureati nei campi dell’ingegneria elettronica e dell’informazione (difficoltà di reperimento al 66,2%) e dell’ingegneria industriale (qui si sale addirittura al 72,6%). 

Dopo aver dato voce ai propri imprenditori, che hanno testimoniato la difficoltà a trovare risorse umane per la propria azienda (le interviste sono disponibili ai link in coda al testo), Confapi, attraverso il proprio centro studi Fabbrica Padova, ha preso in esame i dati emersi dall’ultima indagine Unioncamere-Excelsior relativi alle previsioni occupazionali delle imprese private dell’industria e dei servizi, tarati sul territorio. Ne risulta che, tra i mesi di agosto e ottobre 2017, nelle aziende padovane sono state programmate circa 16.560 entrate (nella regione 86.300 e, complessivamente, in Italia circa 876.000), nel 32% dei casi con contratti stabili, ossia con un contratto a tempo indeterminato o di apprendistato. Ebbene, in provincia in 28 casi su 100 le imprese prevedono di avere difficoltà a trovare i profili desiderati. Una percentuale che sale vertiginosamente in alcuni settori, proprio quelli che, più nello specifico, riguardano il tessuto industriale del territorio. 

«Sono dati comuni a tutto il Paese, pur con qualche variazione. Ed è curioso incrociarli con quelli di una recente indagine Eurostat, da cui emerge una sorta di paradosso – evidenzia Davide D’Onofrio, direttore di Confapi Padova -. Da un lato l’Italia è il fanalino di coda in Europa per numero di laureati, perché solo il 25,3% degli italiani tra i 30 e i 34 anni ha un titolo accademico in tasca, rispetto alla media continentale del 38%. Dall’altro, i pochi che riescono a raggiungere il traguardo faticano a trovare un lavoro o lo ottengono non in linea con il proprio curriculum: appena il 53,9% è occupato a tre anni dal titolo (rispetto all’82% della media Ue), mentre la metà dei giovani occupati a 5 anni dal conseguimento del titolo utilizza in misura ridotta o per nulla le conoscenze acquisite nel percorso di studi. In alcuni settori, però, il numero di laureati “sfornati” è assolutamente insufficiente rispetto alle esigenze delle aziende. Un “mismatch” tra domanda e offerta che assume proporzioni drammatiche proprio nel settore manifatturiero. È chiaro che non si deve generalizzare, né quando si parla dell’offerta formativa universitaria, né se si allarga il ragionamento all’offerta formativa degli istituti professionali: nello specifico, l’Università di Padova è un’assoluta e riconosciuta eccellenza. Allo stesso tempo, tuttavia, viene da chiedersi se le università stanno perdendo il proprio radicamento in una realtà che ha esigenze peculiari, e se ascoltano le esigenze delle imprese in misura adeguata». 

Sul tema interviene Carlo Valerio, presidente di Confapi Padova: «al di là di ogni banalizzazione cui abbiamo dovuto assistere, con il percorso affrontato in queste settimane ascoltando i nostri imprenditori abbiamo voluto porre in evidenza la grande distanza tra la domanda di lavoro e l’offerta di formazione. Un problema che riguarda sia gli istituti professionali, a cui è richiesta una maggiore integrazione con il mondo dell’impresa attraverso percorsi obbligatori di alternanza scuola-lavoro, sia le università, chiamate a formulare corsi parametrati sulla domanda di lavoro. Per essere davvero efficaci, in entrambi i casi sarebbe indispensabile tener conto della specificità delle esigenze del territorio in cui si inseriscono, studiando, dove possibile, collaborazioni strutturali – afferma Valerio -. In Veneto e a Padova in particolare esiste un tessuto di aziende metalmeccaniche solide, che lavorano per conto terzi ed esportano soprattutto in Germania. Aziende che hanno bisogno di giovani che preservino la cultura della manifattura e della trasformazione meccanica. Il rischio paradossale è che le piccole industrie si svuotino non per mancanza di lavoro, ma di lavoratori».