Pfas, dal ministero della Salute un “No” alla fissazione di limiti nazionali, uguali per tutti

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Risposta polemica degli assessori del Veneto: «in Italia il problema non esiste. Al confronto, Ponzio Pilato fu un dilettante». L’inquinamento da Pfas non è solo del Veneto, ma riguarda tutt’Italia

PFAS CNR 4«Il ministero della Salute, con una nota della Direzione generale della prevenzione sanitaria, ha respinto la richiesta a suo tempo avanzata dal Veneto di estendere a tutto il territorio nazionale i limiti di performance per l’inquinamento da sostanze perfluoro alchiliche (Pfas). Prendiamo atto con sbigottimento che, secondo il Governo nazionale e i suoi organismi tecnici, questo problema in Italia non esiste» affermano gli assessori all’ambiente Roberto Bottacin e alla sanità Luca Coletto della Regione del Veneto, dopo aver preso visione di una comunicazione provenienete da Roma appena giunta a Venezia.

«Il burocratese utilizzato per comunicarci questa assurdità – incalzano Bottacin e Coletto – non riesce a celare la triste realtà. Ci dice il Ministero che: “non si ritiene condivisibile la proposta avanzata da codesta Regione, anche in considerazione del fatto che l’Istituto Superiore di Sanità – attivamente impegnato nel roll-out dei PSA in alcune filiere idropotabili – ha segnalato alla scrivente Direzione generale che le valutazioni preliminari sinora effettuate sul pericolo di contaminazione da Pfas, sia per produzioni industriali pregresse (acque sotterranee captate in diverse zone industriali nell’area metropolitana di Milano), che per potenziali contaminazioni civili e industriali (acque superficiali captate da corsi d’acqua interessati da importanti fonti inquinanti antropiche civili e industriali, quali Arno e Po), non hanno evidenziato significative criticità”. Secondo loro quindi – commentano allibiti Bottacin e Coletto – siccome quelle sostanze le usano solo qui, il Veneto si arrangi. Ponzio Pilato, al confronto, fu un dilettante».

Bottacin e Coletto si chiedono «dobbiamo quindi arrangiarci? Bene, siamo pronti a farlo, appena quello stesso Governo che nega l’esistenza del problema in Italia ci metterà a disposizione gli ottanta milioni, garantiti in campagna elettorale e mai visti, per intervenire sulle fonti di approvvigionamento e sugli acquedotti, progetti già pronti con una doppia valenza: sia ambientale che di prevenzione sanitaria. La Regione Veneto ha già speso molto, sia sul piano ambientale che su quello sanitario per garantire ai veneti la qualità di vita e di salute di cui hanno diritto, e continuerà a farlo. Ma non siamo più disposti a trovarci di fronte a lettere come quella in questione e a comunicazioni che evidenziano la Torre di Babele del dialogo tra Ministeri: mentre quello della Salute ci dice che il problema non esiste, quello dell’Ambiente, con una nota del maggio 2017, ha chiesto alle Regioni (le altre) di attivare piani di monitoraggio sui Pfas che, è bene darlo, furono rilevati anche in altre parti d’Italia già nel 2013».

Bottacin puntualizza che «l’inquinamento da sostanze perfluoro alchiliche (Pfas, Pfos, Pfoa, Pfbs, PFpeA, PFHxA) salite alla cronaca come Pfas, è stato rilevato da tempo in più parti d’Italia come dimostrano le tabelle prodotte nella ricerca del Cnr, che evidenziò il problema, e le note del ministero dell’Ambiente del 18 maggio 2017, nella quale si indica a tutte le regioni di attivare piani di monitoraggio, e del 23 agosto successivo, nella quale il ministero sollecita le regioni a farlo. Per contro ieri il ministero della Salute ci dice ufficialmente, con nota del direttore generale della prevenzione sanitaria, che il problema di fatto esiste solo in Veneto e che non si ritiene di fissare limiti di performance nazionali. La vistosa discrasia di valutazione che emerge tra i due dicasteri è quanto meno preoccupante».

Bottacin sfoglia lo studio del Cnr secondo cui «forme d’inquinamento di questo tipo sono state rilevate in concentrazioni più alte nelle aree industriali del Bormida e nel Bacino del Lambro, oltre che, come arcinoto, in Veneto. Se l’impianto fluorochimico Trissino è la maggior sorgente individuata, un’altra sorgente significativa è l’area della concia di Santa Croce sull’Arno. Interessata è anche praticamente l’intera asta del Po, con la sorgente più significativa nel sottobacino Adda-Serio e con carichi da Torino a Ferrara. Per quanto riguarda i Pfoa, Trissino è in buona compagnia con l’area degli impianti chimici piemontesi di Spinetta Marengo. Di fronte a questo quadro, e alle iniziative del ministero dell’Ambiente – aggiunge Bottacin – risulta sempre più incomprensibile l’atteggiamento del dicastero della Salute, che non ritiene necessario fissare limiti nazionali».

Secondo l’assessore all’ambietne del Veneto «il risultato a oggi è che il solo Veneto si è mosso con celerità e ha speso in assoluta autonomia e solitudine, sia per la messa in sicurezza degli acquedotti e dell’ambiente, sia per la prevenzione sanitaria. Abbiamo pronti e li abbiamo inviati a Roma, i progetti per interventi strutturali sulle reti idriche che risolvano il problema alla radice. Quelli che non sono pronti sono gli 80 milioni promessi dal Governo e ripetutamente garantiti dai suoi sostenitori sul territorio. Roma ci tratta quasi come avessimo delle colpe, ma l’unica è quella di esserci immediatamente attivati, unici in Italia, per la salvaguardia dei nostri cittadini. Dobbiamo arrangiarci anche in questo caso? Ditelo chiaro».