Messa in sicurezza il tracciato che conduce alla vista delle due serre. Le visite saranno a cura dell’Ecomuseo dell’Argentario
Riapre al pubblico la forra di Ponte alto a Trento, meglio conosciuta dai trentini come l’“Orrido”. Per motivi di sicurezza la forra sarà accessibile solo se accompagnati da una guida con servizio a cura dell’Ecomuseo dell’Argentario.
Si tratta di uno degli interventi più attesi dalla città. Le opere per mettere in sicurezza l’accesso a questo canyon straordinario dal punto di vista naturalistico e turistico sono state lunghe e difficoltose e hanno rischiesto l’investimento di circa 500.000 euro. L’orrido è il tipico sito da cartolina, che vale il viaggio perché regala nello stesso tempo bellezza (quella della natura più aspra), emozioni (l’emozione dell’altezza, del vuoto, della verticalità), conoscenze scientifiche e storiche, se è vero che le “serre” (gli sbarramenti) costruite per mitigare la forza dell’acqua sono ancora in parte quelle di Cristoforo Madruzzo, oltre che un viaggio nella geologia.
La Forra di Ponte Alto val bene una visita: alle porte di Trento si apre una gola millenaria scavata dalle acque del torrente Fersina che fin dal 1500 ha visto l’uomo impegno nella lotta impari di imbrigliare l’impeto della natura con opere di ingegneria idraulica. Nel tempo questo connubio riuscito tra natura e uomo ha garantito alla Città del Concilio sicurezza dall’impeto delle acque alpine, energia elettrica e acqua.
Un tempo, il torrente Fersina, dopo aver percorso la Val dei Mocheni, si dirigeva verso sud-est lungo la Valsugana e confluiva nel Lago di Caldonazzo. Circa 7.000 anni fa i detriti depositati dai ghiacciai, in ritiro dopo la fine dell’ultima glaciazione, si accumularono nella piana di Pergine creando una “diga” che costrinse il Fersina verso ovest, nel suo corso attuale.
Il torrente ha quindi dovuto farsi strada erodendo strati di rocce calcaree depositate nel corso di ben 140 milioni di anni (perlopiù Scaglia Rossa), fino a creare una forra profonda un centinaio di metri, oggi conosciuta come “Orrido” di Ponte Alto.
In molti punti l’incisione si restringe in modo impressionante, tanto che non si riesce a vederne il fondo. Scendendo nella forra, ci s’immerge in un mondo cupo e ombroso, saturo di umidità. Qua e là, su qualche balza, crescono gli ultimi alberelli e isolati esemplari di tasso, miracolosamente abbarbicati. Sulle pareti strapiombanti, fradice per lo stillicidio, crescono rare felci, con lunghe foglie verdissime e lucide. Incuranti del frastuono prodotto dal torrente vorticoso, il merlo acquaiolo e la ballerina gialla fanno la spola in cerca di cibo tra gli spruzzi incessanti.
Alla bellezza naturale dell’Orrido si unisce la presenza di una delle più antiche opere di sistemazione idraulica d’Europa, la cosiddetta “Serra di Ponte Alto”, realizzata per volere del Principe Vescovo di Trento Bernardo Clesio nel 1537. Si tratta di uno sbarramento che intercetta il materiale solido trasportato dal torrente Fersina, per evitare che possa raggiungere la città di Trento causando esondazioni.
La costruzione originale della Serra era costituita da una struttura in legno e raggiungeva la ragguardevole altezza di circa 20 m. Più volte demolita dalla furia delle acque, dopo innumerevoli rifacimenti e consolidamenti il suo aspetto attuale è legato all’ultima ricostruzione eseguita nel 1850 dall’Impero austro-ungarico con grossi conci squadrati in pietra: ha uno spessore di 6 metri alla base e un’altezza di 43 metri circa.
L’enorme struttura risulta interrata per circa i 2/3 dell’altezza totale per effetto del deposito alluvionale formatosi in seguito alla realizzazione di una “controserra” denominata “Madruzza”, posizionata 80 metri a valle della Serra principale al fine di stabilizzare l’alveo a valle dell’opera e di altezza pari a circa 41 m. Queste due opere di regimazione danno luogo a due spettacolari cascate, una delle quali può essere ammirata da vicino scendendo una scala a chiocciola scavata nella roccia che porta il visitatore dietro la cascata stessa.
Presso Ponte Alto è presente anche un bacino artificiale costruito per alimentare la centrale idroelettrica di Ponte Cornicchio, situata in centro città: entrò in funzione il 6 maggio 1889 e fu la prima centrale idroelettrica dell’Impero austroungarico e una delle prime al mondo. L’acqua del bacino viene convogliata al “vascone” di carico a S. Donà, a monte della forra: da qui un tempo una condotta forzata raggiungeva direttamente Ponte Cornicchio, con un salto di 86 metri. Nel 1993 la centrale è stata spostata all’altezza di S. Donà, presso Ponte Lodovico realizzata in un pozzo verticale.
A Ponte Alto sono presenti anche alcuni pozzi dell’acquedotto di Trento, che rifornisce la città e i sobborghi. Delle condotte in roccia portano l’acqua fino alle vasche di accumulo delle Laste e di Via Venezia.
Nel 2015, il Servizio Bacini montani della provincia di Trento ha progettato un intervento di manutenzione straordinaria degli accessi, che si trovano in parte su proprietà pubblica, in parte su proprietà privata, finalizzato ad una complessiva valorizzazione della zona. E proprio alla disponibilità dei privati, in particolare la famiglia Tomasi, che negli anni addietro ha curato ed in parte realizzato il percorso, che oggi si deve la possibilità, dell’apertura al pubblico della forra.
L’intervento ha consentito il completo rifacimento degli accessi nella parte prospiciente la forra, di proprietà pubblica, con la realizzazione di due nuovi poggioli di affaccio alle due cascate e di un percorso di collegamento costituito da un camminamento a sbalzo coperto da una struttura paramassi: il tutto realizzato mediante carpenteria in acciaio corten. Il progetto ha previsto inoltre la realizzazione di altri tipi di lavorazioni: disgaggi, consolidamento delle pareti rocciose e manutenzione della “gaveta” della Controserra Madruzza.
Ora il sito è aperto al pubblico su prenotazione e con biglietto di 5.00 euro per adulti (3.00 per i minori di 12 anni). Stante il suo notevole significato naturalistico e storico, sarebbe utile che gli amministratori della città e della provincia di Trento inserissero il luogo tra i beni culturali visitabili gratuitamente la prima domenica di ogni mese, per facilitare l’accesso dei residenti al loro “Orrido”.