Provincia di Trento, il debito cresce a 1,8 miliardi di euro

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I continui tagli alle finanze locali derivanti dai vari patti sottoscritti con il Governo (costati alle casse dell’Autonomia oltre 1,5 miliardi di euro) pesano sulla contabilità locale e sui tempi di pagamento dei fornitori

PalazzoPatPiazzaDanteAddio Trentino isola felice per quanto riguarda le risorse di bilancio. Dopo i vari tagli apportati dagli accordi sottoscritti dalle ultime due giunte di centro sinistra (quella a guida di Lorenzo Dellai e quella in carica di Ugo Rossi) che hanno comportato la devoluzione alle casse fameliche dello Stato italiano di quasi un quinto del bilancio provinciale (circa 1,5 miliardi di euro nel giro degli ultimi cinque anni), la situazione finanziaria inizia a farsi pesante.

I conteggi chiusi dalla ragioneria provinciale circa la situazione contabile del 2016 evidenzia come i debiti accumulati nel corso degli ultimi cinque anni dalla provincia di Trento siano saliti alla circa di 1,8 miliardi di euro, a fronte di crediti (definiti in una nota «senza che ne risultino di assolutamente inesigibili») di 2,4 miliardi di euro. Una situazione in apparenza sana, ma che evidenzia anche una serie di criticità, che saranno destinate ad ampliarsi nei prossimi anni.

Gli effetti nefasti dei patti di stabilità che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni hanno minato la capacità di autofinanziamento dell’Autonomia speciale: da una quota di competenza del 90% del gettito fiscale originato sul territorio provinciale, cosa che assicurava un’indiscussa floridezza delle casse provinciali, si è passati a circa il 70% con un taglio di circa 1,5 miliardi di euro all’anno devoluti dalle casse dell’Autonomia al buco nero del deficit dello Stato italiano, quello stesso Stato che, con una mano, taglieggia le competenze finanziarie delle autonomie speciali virtuose (il Trentino è in buona compagnia dell’Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia) mentre, con l’altra, pompa miliardi di risorse fresche nello scialo di una realtà come la regione Sicilia che si permette pure il lusso di evitare l’incasso di oltre 5 miliardi di tributi di propria competenza.

Le difficoltà di bilancio della provincia di Trento si traducono nella carenza di liquidità circolante, che si ripercuote sui tempi di pagamento dei fornitori, spesso rimandando di mesi la liquidazione delle fatture pagate ben oltre i termini concessi dalla normativa vigente solo grazie ad anticipi bancari. Per non dire degli investimenti infrastrutturali, decisamente sforbiciati rispetto agli anni d’oro dell’Autonomia.

Il futuro non è affatto roseo: entro un paio di anni, il bilancio provinciale dovrà fare fronte al venire meno di ulteriori 400 milioni di euro circa per l’esaurimento dei crediti pregressi nei confronti dello Stato. Inoltre, visto che è l’economia locale a finanziare le casse dell’Autonomia, se il Pil locale non torna a crescere con maggiore vigore, la stagnazione è assicurata, allargando così la forbice che si allarga sempre più rispetto alla “cugina” provincia di Bolzano, dove la politica ha dato migliori risposte anticongiunturali rispetto alle scelte trentine.