Istat indice di fiducia di febbraio contrastato: in calo per i consumatori in rialzo per le imprese

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Per le aziende tocca il livello più alto da gennaio 2016. Consumatori: «serve un deciso taglio della tassazione per tornare a risparmiare e a spendere»

istatA febbraio, secondo la periodica rilevazione Istat, il clima di fiducia dei consumatori scende per il secondo mese consecutivo passando da 108,6 a 106,6; viceversa, l’indice composito del clima di fiducia delle imprese aumenta da 103,3 a 104,0, raggiungendo il livello più elevato da gennaio 2016.

Il peggioramento dell’indice di fiducia dei consumatori riflette dinamiche omogenee per tutte le sue componenti: il clima economico e il clima personale mostrano segnali negativi passando, rispettivamente, da 124,6 a 121,2 e da 103,8 a 102,1; il clima corrente e quello futuro scendono, rispettivamente, da 107,6 a 104,7 e da 111,5 a 109,6. I giudizi e le aspettative dei consumatori riguardo la situazione economica del Paese peggiorano per il secondo mese consecutivo (per i giudizi il saldo passa da -53 a -59 e per le aspettative da -28 a -37). 

Analizzando le opinioni sull’andamento dei prezzi al consumo, espresse su un arco temporale di 12 mesi (giudizi sui 12 mesi passati e aspettative per i prossimi 12 mesi), per quanto riguarda i giudizi si evidenzia un incremento, rispetto al mese scorso, della quota di coloro che ritengono i prezzi aumentati (il saldo passa da -28 a -16); invece, la quota di coloro che si attendono un aumento dei prezzi risulta in diminuzione (da -10 a -17 il saldo). Infine, diminuiscono le aspettative sulla disoccupazione (da 32 a 30 il relativo saldo). Quanto alle imprese, nel mese di febbraio si registra un miglioramento della fiducia nel settore manifatturiero (l’indice passa da 105,0 a 106,3) e nel commercio al dettaglio (da 103,4 a 108,5 il relativo indice); nei servizi l’indice passa da 105,4 a 105,5 e nelle costruzioni rimane stabile a quota 123,9.

Per quanto riguarda le componenti dei climi di fiducia, nel comparto manifatturiero migliorano i giudizi sugli ordini (il saldo passa da -10 a -6) ma si registra un lieve calo delle attese sulla produzione (il saldo passa da 13 a 12); il saldo dei giudizi sulle scorte aumenta (da 3 a 4). Nel settore delle costruzioni, i giudizi sugli ordini peggiorano (da -31 a -32 il relativo saldo) mentre le aspettative sull’occupazione sono in aumento (da -6 a -4 il saldo). Nei servizi, i giudizi sul livello degli ordini sono in deciso miglioramento (il saldo passa da 11 a 14) mentre le relative attese rimangono stabili (il saldo rimane a quota 2); le aspettative sull’andamento dell’economia mostrano segnali di deterioramento (da 3 a 0 il saldo). Nel commercio al dettaglio migliorano sia i giudizi sulle vendite correnti sia le attese sulle vendite future (il saldo passa, rispettivamente, da 8 a 12 e da 25 a 34); il saldo dei giudizi sulle scorte di magazzino diminuisce da 15 a 12.

Per Confesercenti il commercio il 2016 è finito male ed il 2017 sembra essere partito addirittura peggio. Il deterioramento del clima di fiducia dei consumatori è infatti un segnale preoccupante, che sembra confermare un andamento deludente dei Saldi invernali e che potrebbe preludere ad un ulteriore rallentamento delle vendite nei prossimi mesi, dopo la frenata già registrata nel 2016. A preoccupare i consumatori sono in primo luogo la situazione economica del Paese e quella personale; ma iniziano a farsi strada anche i timori per il ritorno in territorio positivo dell’inflazione che, in assenza di un contesto generale di crescita economica, inciderà sul potere d’acquisto delle famiglie. Emerge ancora una volta un quadro stagnante o di debolezza del mercato interno e del commercio di beni in particolare, confermato anche dal peggioramento della fiducia delle imprese della distribuzione tradizionale. Per i negozi, infatti, l’indice perde oltre quattro punti, passando da 107,9 al 103,3, il valore più basso degli ultimi quattro mesi.

Secondo Confesercenti servirebbero interventi mirati anche per il mercato interno ed il commercio di vicinato in particolare, con l’obiettivo di valorizzare la rete dei negozi di quartiere di cui le nostre città – in particolare i piccoli centri – rischiano di rimanere prive. Per arrivare ad un consolidamento definitivo del clima di fiducia, però, occorre fare di più.

Sulla stessa lunghezza d’onda Confcommercio, secondo cui si «conferma un clima di diffusa e generalizzata incertezza. Da un lato, le famiglie che continuano a guardare con molta preoccupazione sia al futuro personale, sia quello del Paese indotte a mantenere comportamenti di consumo molto prudenti, dall’altro le imprese che mostrano un atteggiamento più positivo, seppure con differenze tra i diversi settori, portando il clima di fiducia su valori superiori a quelli di inizio 2016. E’ auspicabile – prosegue Confcommercio – che l’atteggiamento delle imprese, che per il manifatturiero è guidato anche da un incremento degli ordini, si traduca in breve tempo in una crescita più sostenuta, rispetto ai ritmi attuali, dell’attività produttiva e dei livelli occupazionali favorendo il recupero della fiducia da parte delle famiglie e di conseguenza un miglioramento sul versante dei consumi. Resta, dunque, fondamentale in questo quadro evitare manovre recessive sul fronte della finanza pubblica e imboccare la strada della riduzione della pressione fiscale in modo certo e generalizzato agendo sulle aliquote Irpef».

Il fronte delle associazioni consumeristiche giudicano negativamente il dato Istat: «dopo il calo registrato a gennaio, la fiducia dei consumatori diminuisce ulteriormente – spiega il presidente del Codacons, Carlo Rienzi –. Si tratta senza dubbio di un brutto segnale per i consumi, per il commercio e per l‘economia nazionale, perché la mancanza di ottimismo da parte delle famiglie si riflette in modo diretto sulla spesa, che viene ridotta o rimandata al futuro. E il nuovo calo della fiducia arriva in un momento delicatissimo per le vendite al dettaglio, che a dicembre hanno fatto registrare una forte contrazione. Il clima politico di incertezza che caratterizza il paese ha avuto un ruolo non indifferente sul livello di fiducia degli italiani – prosegue Rienzi -. Occorre quindi – conclude – giungere ad una stabilizzazione che dia sicurezza alle famiglie riportandole a spendere, perché i segnali giunti dall’Istat sono tutt’altro che rassicuranti».

«Difficile essere fiduciosi se le tasche sono vuote – commenta così Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori -. Fino a che le attese sulla situazione economica familiare peggiorano, da -9 di gennaio a -12 di febbraio, i consumi non possono che restare al palo. Anche chi può spendere, se non si attende nulla di buono per il futuro, non mette mano al portafoglio».

Per Adusbef e Federconsumatori «tutti gli indicatori alimentano la preoccupazione per un sistema economico che non riesce ad aprirsi ad una nuova fase di sviluppo. È evidente ed urgente la necessità di un intervento deciso da parte del Governo, orientato alla ripresa del potere di acquisto delle famiglie ad al rilancio dell’occupazione».