Inaugurazione anno giudiziario: Emilia Romagna

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Per il presidente della Corte d’Appello Colonna, «allarme prescrizione, genera impunità. Fondamentale potenziare organici»

inaugurazione anno giudiziario bolognaPrescrizione in aumento costante, soprattutto in secondo grado. E’ uno degli elementi segnalati nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario nel distretto di Bologna dal presidente della Corte d’Appello, Giuseppe Colonna. I dati confermano che la prescrizione «diviene fonte di una sorta di impunità – ha detto Colonna -, che certamente nuoce sia all’interesse pubblico, che vorrebbe che ad ogni violazione grave corrispondesse la irrogazione di una pena, sia alla stessa durata dei processi, incentivando le lungaggini nei procedimenti di primo grado e la proposizione degli appelli».

Anche per questo, ha aggiunto Colonna, «rimane fondamentale un potenziamento degli organici che, riducendo i tempi dei processi, disincentiverebbe anche gli appelli», soprattutto in appello, «collo di bottiglia che rallenta enormemente l’andamento della giustizia», civile e penale. In secondo grado, infatti, le sentenze di prescrizione sono state 1.182: quasi uno su cinque (19,4%) dei processi definiti. Oltre ad essere argomento «ancora non risolto dal Parlamento», ha detto inoltre Colonna, la prescrizione «costituisce una aspettativa formidabile per chi impugna la sentenza a fronte di una situazione di arretrato penale tale da renderla probabile nel corso del giudizio di appello, soprattutto per i reati contravvenzionali». Nel periodo che va dal primo luglio 2015 al 30 luglio 2016, nei tribunali emiliano-romagnoli i procedimenti definiti con archiviazioni o sentenze per prescrizione davanti ai Gip-Gup sono stati 7.694, il 12,1% di quelli definiti (l’anno prima 4.748, pari al 7,2%); sempre in primo grado, davanti ai giudici monocratici è andato prescritto il 12% dei processi, il 3,9% davanti ai collegi. Legato alla prescrizione c’è poi il tema della durata dei processi, mediamente di 488 giorni per il rito penale collegiale (a fronte dei 468 giorni del periodo precedente), con il tribunale di Piacenza che è risultato il più veloce (177 giorni) e Modena il più lento (953); 350 giorni è la media per il monocratico (a fronte di 301 giorni), con più celere Ravenna, 199, e meno veloce Rimini, 584. La durata dei giudizi in appello è stata invece di 748 giorni, con una riduzione di 137, «dovuta all’attenzione prestata allo smaltimento dell’arretrato, malgrado il numero di sopravvenienze». Nel penale, infatti, le pendenze sono state 18.454 (+7,3%) in Corte di Appello, che anche per il settore civile deve smaltire 15.199 procedimenti pendenti, +1,8%. Qui le cause hanno una durata media di tre anni e nove mesi.

E’ per questi motivi che Colonna, nel suo intervento, si è soffermato sul problema dell’organico «assolutamente insufficiente» della Corte, che non è stata «in alcun modo compresa» negli aumenti che hanno invece riguardato altri uffici, nonostante sia quello in maggiore sofferenza. L’auspicio è allora che questo venga rinforzato «in tempi brevissimi» e non solo per l’arretrato che l’affligge, «ma anche per il concreto rischio che esso sia destinato ad aumentare in misura esponenziale, proprio per effetto dei benefici effetti degli aumenti di organico dei giudici dei Tribunali».

Colonna ha esaminato anche i filoni di intervento della giustizia, con la netta crescita dei divorzi, anche per effetto di quello “breve”, e il boom dei procedimenti per il riconoscimento della protezione internazionale. In materia di famiglia, i nuovi procedimenti di divorzio aperti sono stati 5.970 nei tribunali della regione (+36%), quelli definiti 5.473 (+20%) a fronte di 6.186 fascicoli per separazione arrivati (-4%) e 6.430 definiti (-6%): insieme rappresentano il 5,6% degli affari civili trattati nel distretto. Di «criticità estremamente rilevante» che «richiede con tutta probabilità un intervento normativo» ha parlato invece Colonna soffermandosi sulle richieste dei migranti, che gravano interamente in primo grado sul tribunale di Bologna, con 1.547 nuove pratiche , 741 decise e 1.282 pendenti, con crescite rispettivamente del 180%, 43% e 169%; anche in appello i fascicoli pendenti, 430, sono raddoppiati.

Colonna ha chiesto risposte rapide e possibilmente convergenti sulla soluzione del trasferimento degli uffici del tribunale di Bologna nei locali dell’ex Maternità di via D’Azeglio, ricordando come l’attuale sede del tribunale in via Farini, in affitto in un immobile storico di proprietà dell’imprenditore Romano Volta, ponga problemi di capienza oltre che di sicurezza. E come il nuovo presidente Francesco Caruso abbia «con fermezza richiesto al Ministero» il subentro nel contratto firmato a suo tempo per l’Ex Maternità, di proprietà dello stesso imprenditore, «allegando conteggi che ne indicano chiaramente la convenienza, anche sotto il profilo squisitamente economico». Per il presidente della Corte, «l’urgenza» non consente «soluzioni diverse, quali sono quelle proposte dal Demanio per il riadattamento della caserma Stamoto, che richiedono tempi ben più lunghi e non sono neppure condivise dall’ordine degli avvocati di Bologna per l’impossibilità di allocarvi tutti gli uffici giudiziari e per la loro distanza dal cuore storico del “Diritto bolognese”». Di qui, allora, «l’auspicio che in tempi brevi pervenga una risposta circa le soluzioni da adottare, poiché anche l’incertezza impedisce a chi deve amministrare la giustizia a Bologna di fare scelte consapevoli per il futuro, e, soprattutto, che queste siano favorevoli al subentro nel contratto relativo alla ex Maternità, perché allo stato non se ne intravedono di alternative».

Colonna nella sua relazione si è soffermato anche sulla qualità degli addetti al servizio di giustizia che «si basa molto, troppo sul precariato. Quattrocento euro al mese o duecento euro a sentenza non possono risolvere i problemi della giustizia», evidenziando il contributo agli uffici giudiziari dei tirocinanti, «sempre più strumento indispensabile» per i magistrati e per le cancellerie. Come loro, perché «accomunati dal dato, certamente non positivo della precarietà», ci sono le persone in formazione professionale. Destinati in aiuto alle cancellerie, potranno usufruire di punteggio aggiuntivo per il concorso da assistente giudiziario. Anche il loro contributo è “prezioso e imprescindibile” per un indennizzo di soli 400 euro mensili. “Rimane tuttavia – ha osservato Colonna – la grande riserva che lo Stato possa utilizzare queste forme di precariato per alleviare la grave situazione degli organici».

Per il procuratore generale Ignazio De Francisci in regione sono aumentati i fascicoli aperti per reati di associazione sovversiva e associazione con finalità di terrorismo: 28 procedimenti nell’anno, di cui 17 contro noti, a fronte dei 17 del periodo precedente, di cui 10 contro noti. «L’aumento della popolazione carceraria di origine magrebina o comunque di fede islamica – ha detto De Francisci in un altro passaggio della relazione – si accompagna alla crescita del rischio di radicalizzazione ideologica dei detenuti di simile provenienza o religione, con la necessità di una massima allerta nel monitoraggio di quello che succede dentro le mura del carcere».

Diverso il discorso, invece, per detenuti stranieri dell’Est Europa. «Accade sempre più di frequente – ha spiegato De Francisci – che questi individui, spesso di origine romena, chiedano di scontare in Italia non solo le pene inflitte dai nostri giudici, ma anche pene inflitte all’estero, non ancora scontate e per le quali sono magari ricercati con mandato d’arresto europeo. La scelta è ricollegabile alle differenze di trattamento, regime penitenziario e benefici ottenibili da noi, in sede di esecuzione». Queste persone, dunque, «sfruttano una legislazione europea, nata per tutt’altri fini, come un’occasione per farsi ridurre le pene o comunque ottenere benefici che nei Paesi di origine non otterrebbero». Facendo poi una carrellata dei fenomeni osservati nel corso dell’anno, De Francisci ha parlato di «una multiforme attività criminale che mette a repentaglio il pur solido tessuto sociale e imprenditoriale» dell’Emilia-Romagna. Dalla presenza della ‘Ndrangheta, attiva per esempio «nell’edilizia ove ricicla gli ingenti proventi del traffico di cocaina» al «non felice primato costituito dalle bande specializzate negli assalti ai bancomat», al traffico di droga, per arrivare al fenomeno dell’ingresso in Italia di minori albanesi non accompagnati.

De Francisci è anche intervenuto sul caso Carife seguito dalla Procura di Ferrara: «al di là delle singole responsabilità penali, di per sé gravi, va posto in luce in questa sede che l’aver organizzato un aumento di capitale di 150 milioni di euro, fatto sottoscrivere a clienti piccoli o piccolissimi, poi interamente bruciato per operazioni scellerate, è atto criminale dalle conseguenze su tutta la popolazione, ingannata e derubata con un danno sociale elevatissimo. Viene quasi di rimpiangere – ha detto – la legge bancaria del 1936 (mirabile esempio di tecnica legislativa) e le conseguenze penali che derivavano per chi faceva uso sconsiderato della attività creditizia». Per De Francisci è quindi «giusto sapere presto chi siano i responsabili; parimenti è giusto sapere chi siano i grandi clienti della stessa Carife che non hanno onorato i loro debiti causando di fatto la distruzione della banca». E la Procura Generale, ha assicurato, «farà tutto il possibile per aiutare la Procura di Ferrara in questo gravoso impegno nel quale è validamente supportata dalla Guardia di Finanza, che per ciò ringrazio». Nell’intervento il Pg ha ricordato in generale poi la «rilevante presenza di reati economico-finanziari che causano danni devastanti e che incidono sensibilmente anche sulla vita stessa di numerosi corregionali».