Il disco pubblicato da Warner Music contiene l’ultimo lavoro del celebre autore di colonne sonore
Di Giovanni Greto
Come scrive l’Autore stesso nell’introduzione al CD, la musica di “Lettere” «è la fotografia della mia anima adesso, la sintesi del tempo vissuto in tutti i luoghi dove ho composto in giro per il mondo». Ma è anche un ritorno a casa, l’isola veneziana di Burano, e al primo contatto con la musica classica, la scelta del violino, studiato al Conservatorio di Venezia prima, a quello di Milano poi. L’amicizia con un compagno di studi che sarebbe diventato anche lui famoso, Claudio Scimone, fondatore e direttore de “I Solisti Veneti”, nei quali Donaggio fu selezionato come primo violino (suonò nel primo concerto dei Solisti al teatro Olimpico di Vicenza nel 1959). Ben presto, però, abbandonò la classica per la musica leggera che lo avrebbe reso famoso, finché, dopo una fase di stanca, iniziò a misurarsi con la musica da film, divenendo uno tra i compositori più apprezzati e richiesti di colonne sonore.
Il disco contiene sette composizioni di Donaggio, cinque nuovissime, scritte appositamente per i Solisti, che testimoniano la bellezza della sua scrittura filmica. La prima, “Fotogrammi 55 A”, ricorda i 55 anni dalla fondazione dell’ensemble. E’ un brano pieno di “crescendi” dalle atmosfere che in certi momenti ricordano Bernard Herrmann (quello dei titoli di testa di “Psycho” di Alfred Hitchcock) o il Nino Rota del “Casanova di Fellini”, e che dà spazio non solo agli archi, ma anche ai flauti, all’oboe e al vibrafono, uno strumento utilizzato poco in orchestra, più ricorrente nel Jazz. Si riconosce il virtuoso di violino in “Eccesso”, un brano trascinante in cui lo strumento si scatena nei registri acuti e nel quale convivono momenti sereni accanto ad altri assai concitati.
Toccante è il pezzo successivo, “Lettera”. Inizia con una nota lungamente tenuta dai violini, mentre il violoncello dà vita ad un lungo assolo particolarmente emozionante. Anche in questo caso le atmosfere inducono a vedere un film che ancora non c’è, ma che potrebbe mescolare amore e mistero. In “Controcampo”, su di un tappeto d’archi che eseguono un fraseggio ossessivo tendente forse un po’ al claustrofobico, affiora un limpido suono di tromba libera che a un certo punto rimane per un tratto, breve ma significativo, da sola. Poi si rincorre con gli archi, dando vita ad una fase più oscura, piena di tensione. A poco a poco le ombre si dissolvono, il suono dello strumento si fa più acuto. Il peggio è passato. La tromba, di nuovo sola, sembra indicare il ritorno del bel tempo e il cammino da percorrere. Elegiaca, lenta e triste, “Prayer for Paris” è dedicata a Valeria Solesin, la giovane veneziana che perse la vita il 13 novembre 2015 a Parigi nell’attentato al Bataclan. Molti gli strumenti in primo piano – il violino acutissimo, il clarinetto basso, la celesta, il violoncello, il flauto-. La scelta di come utilizzarli conferisce al brano un’atmosfera di attesa per un finale, purtroppo, tragico.
Come scrive il maestro Simone nell’introduzione, i brani di Donaggio sono scritti «da un formidabile violinista, capace di sfruttare tutti i segreti degli strumenti». E’ forse questa la dote più importante, apprezzata dagli esecutori, stimolati a dare il meglio di sé.
In scaletta, tra i cinque brani inediti Donaggio inserisce “De Palma Suite”, in cui si riconoscono il tema di “Carrie, lo sguardo di Satana”(1976), che segnò l’inizio della collaborazione con il regista americano; un frammento di “Omicidio a luci rosse”(1984); il tema di “Vestito per uccidere”(1980). A seguire il brano, plurinterpretato (è stato inciso in 32 album), classificatosi al settimo posto al festival di Sanremo del 1965, “Io che non vivo” (testo di Vito Pallavicini), lanciato sul mercato internazionale da Dusty Springfield col titolo “You don’t have to say you love me”, ripreso in seguito anche da Elvis Presley. In questa versione, Donaggio crea, grazie agli archi, un clima di tensione che per così dire sviluppa la dolce riproposizione tematica da parte del mandolino, mentre nel finale fanno capolino dissonanze ottimamente collocate.
Gli ultimi due brani sono un omaggio a due celebri autori italiani di colonne sonore: Ennio Morricone, del quale l’orchestra esegue “Gabriel’s oboe”, il titolo guida di “The Mission”, il film di Roland Joffè vincitore della Palma d’oro al festival di Cannes del 1986 ; Nicola Piovani, di cui si ascolta il tema popolare de “La vita è bella” (1997) di Roberto Benigni, vincitore di un premio Oscar.
Detto dei brani, non rimane che segnalare l’ottima prova dei Solisti Veneti ed un suono limpido accurato, che induce il fruitore ad inserire più volte il disco nel lettore per ascoltarlo con immutato piacere.