La provincia guida la risalita “a corrente alternata”. Nei primi nove mesi l’attività accelera su base annua e supera il dato regionale (+2,4%). Balzo dell’export che distanzia il Veneto (+0,7) e si avvia al record di 9 miliardi. Segnali incoraggianti dall’occupazione (+1,1%)
Le stime più aggiornate vedono l’economia veneta nelle posizioni di testa tra le regioni. Il progresso del Pil è però limitato allo 0,8% nel 2016, non distante dalla media nazionale. Troppo poco per chi vorrebbe tornare “locomotiva”.
Disaggregando la performance su base provinciale, si scopre che c’è una “locomotiva” che tira più delle altre: è Padova a tirare la ripresa dell’industria, sia pure altalenante, disomogenea tra settori e aziende. Ma guidata da comparti, come macchine e impianti, macchine agricole, elettronica ed elettromeccanica, agroalimentare, chimica-farmaceutica, legno-arredo, che vanno spediti, spinti dalla capacità di intercettare la domanda estera, nonostante il rallentamento del commercio globale e l’apprezzamento del cambio, e dal graduale recupero dei consumi interni.
Nei primi nove mesi del 2016 la produzione dell’industria padovana aumenta su base annua del 3%, più tonica della media regionale (+2,4%). E anche l’occupazione dà segni di risveglio (+1,1%), in linea con il dato veneto (+1,0%). La componente estera della domanda è il propellente. Nei primi nove mesi l’export piazza in termini annui la migliore performance di sempre. Una crescita del 4,9% che distanzia il Veneto (+0,7%) e l’Italia (+0,5%). Circa 6,8 miliardi di commesse tra gennaio e settembre, che proiettano per la prima volta l’export padovano oltre i 9 miliardi di euro nel 2016. Il balzo nei mercati extra-Ue, lo scatto a doppia cifra di Stati Uniti e Cina, il ritrovato segno più di Russia (dopo il crollo per sanzioni e crisi), confermano un’industria tonica e reattiva nell’intercettare la domanda mondiale e avviata a stabilire il record di commesse estere.
Determinante è anzitutto la performance degli Stati Uniti, terzo paese di importazione dei beni made in Padova (dopo Germania e Francia). Uno scatto del 17,0% nei primi nove mesi (Veneto +2,6%, Italia +0,7), che in valore assoluto vuol dire 515,5 milioni di euro di commesse e che segue al +30,8% nel 2015 (Veneto +16,6%, Italia +20,9%).
La riscossa del made in Padova riguarda tutti i principali mercati extra-Ue, in sensibile recupero rispetto al 2015. Ancora migliore degli Usa, ma con volumi inferiori (129 milioni) è la performance della Cina. Un balzo del 21,0% che riporta la variazione in terreno positivo (-6,2% nel 2015), mentre il Veneto si ferma al +9,4% e l’Italia fa +3,5%. E che allontana almeno per ora il rischio di un raffreddamento della domanda cinese. La novità è il ritrovato segno più della Russia, con una crescita dell’8,1% a dispetto di sanzioni e crisi, dopo il crollo nel 2015 (-40,4%).
«Dagli indicatori congiunturali emerge un tessuto imprenditoriale forte, capace di resistere ad anni di crisi e di reagire agli shock esterni. Un’industria reattiva sui mercati grazie a investimenti e innovazione, qualità e personalizzazione del prodotto-servizio – dichiara Massimo Finco, presidente di Confindustria Padova -. Una vitalità da sostenere e consolidare con adeguati strumenti, anche finanziari, aiutando le Pmi a radicarsi nei mercati, aggredendo i gravi problemi e ostacoli strutturali che rimangono e richiedono di essere affrontati: difficoltà di erogazione del credito, elevata tassazione, crescita dimensionale, lentezza della giustizia e della Pa. Per questo le misure adottate non vanno interrotte, semmai rafforzate».
Per Fino «le imprese sono impegnate pancia a terra per competere e hanno bisogno di certezze e punti di riferimento. Al nuovo governo e alle forze politiche chiediamo grande responsabilità, a tutti i livelli, per dissipare i rischi di instabilità, e una visione forte per il futuro del Paese, che guardi all’Europa e ai grandi cambiamenti a livello globale. Ci sono impegni e scadenze da rispettare, non consumando la legislatura nella sola legge elettorale. A cominciare dall’attuazione della legge di bilancio e dando continuità ad alcuni provvedimenti attesi, come il piano “Industria 4.0” che non va depotenziato per far ripartire gli investimenti e la produttività. Questa è l’ultima chiamata per il manifatturiero che è vitale per il nostro territorio, per il Paese e per la crescita che resta deludente».