Produttori imbufaliti: dopo l’azzeramento dei dazi per Cambogia e Myanmar deciso da Bruxelles, le importazioni di cereale bianco sono salite del 4.487%
L’Ente Nazionale Risi ha organizzato a gennaio 2017 a Milano una riunione di tutti i Paesi europei produttori di riso (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Romania, Bulgaria e Ungheria) per creare un fronte comune nel confronto con l’Unione europea. La posizione italiana è quella di richiedere l’immediato ripristino dei dazi alle importazioni di riso da Cambogia e Myanmar, aboliti nel 2009.
L’emergenza è determinata dal record delle importazioni comunitarie di riso lavorato “Indica” nella campagna 2015/2016 e dalla riduzione delle esportazioni comunitarie che hanno generato un aumento degli stock comunitari di riporto nella campagna attuale.
L’Italia, con i suoi 234.000 ettari coltivati a riso e un consumo pro capite annuo di 6 kg, è il primo paese produttore di riso dell’Unione europea. Nella filiera italiana operano 4.265 aziende risicole e circa 5.000 addetti, circa 100 industrie risiere, di cui 6 detengono complessivamente più del 50% del mercato. Il riso lavorato rappresenta un giro d’affari di circa un miliardo di euro. Il risotto, che si prepara esclusivamente con varietà di riso prodotte in Italia, va ricordato, è ormai un prodotto tipico del cibo “Made in Italy”, non a caso celebrato anche nel recente Expo2015.
Questa realtà è messa in pericolo dalle importazioni di riso “Indica” a dazio zero da Cambogia e Myanmar. Nel 2015 l’Unione europa aveva raccomandato al governo cambogiano di stabilizzare i volumi dell’export di riso verso l’Europa, ma la promessa è stata totalmente disattesa, tanto che la Commissione europea ha nuovamente inviato una sua delegazione in Cambogia il 13 luglio 2016; un incontro che non ha prodotto alcun risultato concreto. Oggi, con l’abolizione della tariffa doganale, si è verificato un boom e l’import ha raggiunto quota 367.000 tonnellate, Il 4.487% in più.
«In realtà, l’impegno della Commissione sembra essere soltanto di facciata – ha dichiarato Paolo Carrà, presidente dell’Ente Nazionale Risi – perché non ha mai voluto, sinora, assumere decisioni formali nei confronti di Cambogia e Myanmar. Le sole promesse degli operatori cambogiani non bastano a salvaguardare gli interessi della filiera risicola comunitaria. È necessario quindi unire le forze per arrivare a Bruxelles con una posizione comune che convinca le Istituzioni comunitarie ad agire con rapidità».
In Italia la raccolta del riso sta procedendo a pieno ritmo grazie alle belle giornate autunnali. Alla data odierna, la raccolta ha raggiunto il 60% della superficie seminata, ma, considerato il ritardo delle operazioni rispetto all’anno scorso, è ancora impossibile preventivare l’entità della produzione.
La produzione italiana è destinata per un terzo al consumo interno ed il resto è avviato all’esportazione in Europa e nel mondo. In Italia si coltivano circa 140 varietà. Il riso, secondo la normativa europea, si può suddividere in chicchi tondi (adatti per minestre e dolci), medi (timballi, sartù, etc.), lunghi A (risotti) e Lunghi B – Indica (contorni). Le varietà vanto dell’alta gastronomia italiana nel mondo e predilette dai grandi chef sono il Carnaroli, l’Arborio ed il Vialone Nano.
«L’emergenza – spiega Roberto Magnaghi, direttore dell’Ente nazionale risi – è determinata dal record delle importazioni comunitarie di riso lavorato Indica prodotto nella campagna 2015/2016 e dalla riduzione delle esportazioni comunitarie che hanno generato un aumento degli stock comunitari di riporto nella campagna attuale. L’Indica arriva dall’Oriente in pacchettini, destinato ai mercati nord eruropei. E’ una varietà che non si consuma in Italia ma che noi produciamo ed esportiamo in Europa sempre meno. Siamo passati con l’Indica da 75 a 33 ettari».
Se i paesi europei produttori di riso chiedono la reintroduzione di dazi, viceversa Germania, Olanda e Belgio, che importano e confezionano il riso Indica, hanno l’interesse contrario: poter acquistare a prezzo inferiore in Sudest asiatico.
In Italia opera un avanzato Centro ricerche sul riso, realizzato dall’Ente Nazionale Risi a Castello d’Agogna, vicino Mortara in provincia di Pavia, non lontano da Milano. Le attività di ricerca e di sperimentazione sviluppate dal Centro Ricerche sul Riso sono articolate in tre settori principali: miglioramento genetico e biotecnologie; agronomia e difesa della coltura nell’interesse di una risicoltura sostenibile; chimica e merceologia (unico laboratorio nell’Unione europea accreditato per le analisi merceologiche sul riso). È anche presente “la banca del germoplasma” che conserva circa 1.500 semi di tutte le qualità di risi italiani e del mondo, unica nel suo genere.