Federalberghi: nel turismo il sommerso e l’evasione fiscale dilaga

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Bocca: «minor sicurezza sociale, evasione fiscale e lavoro nero». Michielli: «il Veneto fra i territori più infestati dall’abusivismo. Urge un intervento per frenare il fenomeno» 

 

airbnb logoAlla fiera TTG incontri di Rimini Federalberghi lancia l’allarme contro il fenomeno dell’abusivismo e l’evasione fiscale, spesso connesso con il boom degli affittacamere che svolgono la loro offerta sui portali web come “Airbnb”.

Secondo il il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, «il sommerso nel turismo prosegue indisturbato la propria corsa generando una minor sicurezza sociale e il dilagare indiscriminato dell’evasione fiscale e del lavoro in nero. Il Piano strategico del turismo – aggiunge – afferma a chiare lettere la necessità di definire un quadro normativo e regolamentare che contrasti efficacemente il fenomeno dell’abusivismo. Confidiamo che si passi presto dalle parole ai fatti e che un primo segnale venga già nei prossimi giorni in Parlamento con l’esame delle proposte di legge sulla “sharing economy” e sugli “home restaurant”. Infatti dall’analisi delle inserzioni presenti ad agosto 2016 sul portale “Airbnb” emergono quattro grandi bugie che smascherano definitivamente la favoletta della condivisione». 

Secondo Federalberghi non è vero che si tratta di forme integrative del reddito. Sono attività economiche a tutti gli effetti. Oltre la metà (57,7%) degli annunci sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con i casi limite di insegne di comodo quali Bettina che gestisce 366 alloggi, Daniel (293) e Simona (260). Inoltre, non è vero che si tratta di attività occasionali. La maggior parte (il 79,3%) degli annunci si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno. A questo si aggiunge il fatto che non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare. La maggior parte degli annunci (70,2%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti in cui non abita nessuno. Infine, non è vero che le nuove formule tendono a svilupparsi dove c’è carenza di offerta. Gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.

«Abbiamo censito le strutture parallele che vendono camere in rete sui principali portali – aggiunge Bocca – e mettiamo questo elenco a disposizione delle amministrazioni nazionali e territoriali, nonché delle autorità investigative competenti, che desiderano fare luce sul fenomeno». L’esempio eclatante è costituito dal portale Airbnb che, in una giornata di agosto 2016, poneva in vendita in Italia 222.786 strutture (erano 234 nel 2009), con una crescita esponenziale alla quale non fa seguito una significativa variazione del numero di attività ufficialmente autorizzate (le strutture extralberghiere censite dall’Istat erano 104.918 nel 2009, oggi sono a quota 121.984, per una differenza di oltre 100.000 unità). 

Tra le città italiane maggiormente interessate dal fenomeno – prosegue Federalberghi – Roma con 23.889 alloggi, Milano con 13.200, Firenze con 6.715, Venezia con 5.166 e Napoli con 3.040. «Il consumatore è ingannato due volte – sottolinea Bocca – in quanto viene tradita la promessa di vivere un’esperienza autentica e vengono eluse le norme poste a tutela del cliente, dei lavoratori, della collettività e del mercato». 

Si pone inoltre con tutta evidenza – secondo Federalberghi – un problema di evasione fiscale e di concorrenza sleale, che danneggia tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza. Per la Federazione degli albergatori infatti, l’abusivismo nel settore non è un problema solo italiano, ma l’Italia, pur essendo un grande Paese turistico, esita a prendersene cura. Ad esempio – conclude il dossier – a Barcellona chi vuole affittare il proprio appartamento per periodi brevi deve chiedere una licenza. Ad Amsterdam le attività non professionali possono ospitare al massimo 4 persone. In ogni caso, se l’attività si svolge per più di 60 giorni nell’anno, si determina automaticamente l’obbligo di apertura della partita Iva. A New York i contratti di locazione di durata inferiore a 30 giorni possono essere gestiti unicamente da imprese ricettive. A Berlino la violazione delle regole in materia di locazioni brevi comporta una sanzione di 100.000 euro. La norma mira a tutelare i cittadini, che stentano a trovare casa in affitto a prezzi ragionevoli. A Parigi anche gli affitti brevi sono soggetti alla tassa di soggiorno. 

Marco Michielli, presidente di Federalberghi Veneto e vicepresidente nazionale della Federazione, la chiama “Shadow economy”, una nebbia che avvolge migliaia di attività ricettive definibili, nel migliore dei casi, “border line”: «un esempio eclatante è il portale Airbnb, che in diversi casi include e mostra senza troppi veli le degenerazioni della “sharing economy” – spiega Michielli -. Ad agosto 2016, nel Veneto risultavano disponibili su Airbnb 12.740 alloggi, di cui 8.650 riferiti a interi appartamenti, 9.919 disponibili per più di 6 mesi e 8.039 gestiti da host che mettono in vendita più di un alloggio. Numeri che rivelano vizi e bugie di un sommerso che fa della concorrenza sleale il suo punto di forza».