L’insetto ha infestato il territorio con danni ingenti al comparto frutticolo. In preallarme anche le campagne di Veneto e Trentino
In un solo anno la cimice asiatica, che si riproduce quattro volte tanto quella nostrana (la cimice verde dei prati), ha procurato danni ingenti al comparto pere da Modena a Bologna e Ferrara (rovina i frutti, indebolisce la pianta, trasmette virus o funghi). Risultato: un crollo della produzione 2016 stimato intorno al 20-40%.
La preoccupazione, ora, si sposta anche su altri frutti già marginalmente colpiti, come le pesche e su altre aree che cominciano a intravedere lo spettro del temibile insetto ossia la Romagna. Ma in allarme sono anche le confinanti campagne di Veneto e Trentino, dove si sono già registrati casi della sua presenza, visto che l’insetto è un eccellente volatore.
«Accelerare la modifica della norma comunitaria che vieta l’introduzione dell’antagonista naturale scoperto in Cina, partendo subito con la sperimentazione: è l’ultima chance – auspica il presidente di Confagricoltura Emilia-Romagna, Gianni Tosi -. La soluzione in grado di contrastare la specie invasiva potrebbe essere, infatti, il Trissolcus halyomorphae, un imenottero parassitoide della famiglia Scelionidae (che deposita le proprie uova in quelle della cimice e quando le larve della vespa nera si sviluppano, uccidono le uova dell’insetto asiatico) già importato in Svizzera come negli Stati Uniti».
Secondo Confagricoltura «i produttori di pere sono in ginocchio e adesso la cimice asiatica colpisce anche le pesche. Per contrastarla si è fatto di tutto e di più, con conseguente innalzamento dei costi di produzione ma non esiste una strategia di difesa efficace. I frutteti dell’Emilia-Romagna sono tra i più esposti in Italia, insieme al basso Veneto e al Piemonte. Mentre gli esperti avvertono: Si espande a macchia d’olio, guadagnando 15-20 chilometri all’anno. Il miglior mezzo di diffusione? Siamo noi stessi perché sale sui camion e i mezzi di trasporto».