Amianto al Porto di Trieste: gli ex vertici davanti al giudice

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Trieste. Si è tenuta qualche giorno fa l’udienza preliminare, davanti al giudice Guido Patriarchi, degli imputati nel processo per le morti e malattie da amianto al Porto di Trieste.

Ventuno gli imputati, coinvolti nella gestione del Porto di Trieste e delle compagnie portuali di terra tra gli anni ‘70 e gli anni ‘90, ed accusati a vario titolo di omicidio colposo e lesioni per non aver adottato le misure di prevenzione tecniche, organizzative e procedurali per eliminare, quantomeno ridurre, la dispersione delle fibre di amianto a contatto con i lavoratori del porto.

L’avvocato Giovanni Borgna difende gli ex vertici dell’allora Ente Autonomo Porto di Trieste: il sen. Giuseppe Tonutti presidente dal 1973 al 1977, a cui è succeduto Michele Zanetti dal 1977 al 1990, quest’ultimo in mandato con l’avvocato Lucio Frezza, e Luigi Rovelli, direttore dell’ufficio del lavoro dal 1979 al 1985, successivamente direttore generale dal 1985 al 1992. Arrigo Borella, altro direttore generale dal 1981 al 1985 è difeso dall’avvocato Raffaella Bartolucci.
L’avvocato Guido Fabbretti difende i viceconsoli della compagnia lavoratori portuali (ex lavoratori maneggio) Emilio Corletti, Marcello Menegon, Vito Micheli, Giulio Seri, Franco Marsetti, mentre l’avvocato Davide Zignani assiste i viceconsoli Claudio Brecel, Vincenzo Marinelli ed Edoardo Micoli.
Gli altri imputati sono Piero Billeri, Antonio Mantia, Luigi Nardini tutti direttori dell’ufficio del lavoro portuale tra gli anni 70 e gli anni 90 e i viceconsoli delle compagnie di lavoratori di terra Fabio Armani, Carlo Lussini, Germano Svara, Annibale Scucato difesi dagli avvocati Domenico Lobuono, Claudio Giacomelli, Pierumberto Starace, Raffaele Conte, Roberto Mantello. Il Console dei lavoratori Elio Petric è difeso dall’avvocato Franco De Robbio, il viceconsole Dusan Sossi dall’avvocato Ernesta Blasetti.

Secondo l’accusa – nel gennaio del 2015 aveva inviato agli indagati l’avviso di conclusione delle indagini preliminari – che si è basata prevalentemente sull’indagine epidemiologica del dipartimento di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro SCPSAL dell’azienda sanitaria triestina, gli imputati avrebbero omesso di adottare tutte le misure idonee ad eliminare o ridurre la dispersione delle fibre di amianto in porto tra i dipendenti.
Si tratta di braccianti, pesatori, autisti che movimentavano i sacchi di nylon, juta, carta pieni di amianto provenienti dalle navi, mentre i pulitori provvedevano alla pulizia dei magazzini e delle stive. In particolare viene contestata la mancata dotazione ai lavoratori di appositi dispositivi di protezione delle vie respiratorie, di armadietti separati per gli abiti civili e quelli da lavoro, di sistemi di aspirazione negli ambienti chiusi ed altre carenze che avrebbero contribuito a causare la morte per mesoteliome pleurico di 32 lavoratori, in forze al porto tra gli anni ’60 e gli anni ’90, e 4 casi di malattia.

A settembre la prossima udienza davanti al giudice dell’udienza preliminare.

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