Inquinamento da Pfas, riunito in regione del Veneto il comitato tecnico regionale

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Pfas veneto area impatto sanitario
Definite le azioni sanitarie sulla popolazione. Puppato: «Zaia non ha più scuse»

 

Pfas veneto area impatto sanitarioSignificativi sviluppi nell’ambito della vicenda dell’inquinamento da sostanze perfluoro alchiliche (Pfas) che ha interessato ampie aree del Veneto: l’Azienda Miteni  presenterà a breve al Comune di Trissino il proprio Piano di Bonifica, che sarà poi valutato dall’Arpav e dalla Provincia di Vicenza. La notizia è emersa nel corso della riunione dello specifico Comitato, istituito dalla Regione e composto  dai tecnici regionali della sanità, dell’ambiente e dell’agricoltura, convocato per fare il punto della situazione e valutare le iniziative predisposte per la sorveglianza sanitaria sugli abitanti delle zone coinvolte, alla presenza degli assessori regionali all’ambiente e sanità.

Nel corso della riunione sono stati anche definiti i particolari del monitoraggio ambientale in corso e di quello sanitario, che coinvolgerà una popolazione di 109.029 abitanti. Per quanto concerne gli aspetti ambientali, l’Arpav sta effettuando controlli senza soluzione di continuità. Tutto il territorio veneto è stato valutato e suddiviso in diverse aree a seconda della presenza o meno e dell’entità degli inquinanti rilevati. I prelievi, già oltre 5.000, proseguiranno in tutti i territori dove è emersa in qualsiasi quantità, anche minima (“sotto soglia”) la presenza di queste sostanze.

Complessa la macchina dei controlli sanitari, che dovranno durare una decina d’anni per verificare nel tempo gli eventuali effetti sulla salute e farne una valutazione epidemiologica, costeranno oltre 100 milioni di euro l’anno, e verranno effettuati sui tutti i residenti dell’area “di massima esposizione” (area rossa nell’immagine di apertura), delineata nei comuni di Albaredo d’Adige, Alonte, Arcole, Asigliano Veneto, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant’Anna, Brendola, Cologna Veneta, Legnago, Lonigo, Minerbe, Montagnana, Noventa Vicentina, Poiana Maggiore, Pressana, Roveredo di Guà, Sarego, Terrazzo, Veronella, e Zimella, per un totale di 109.029 persone. 

La sorveglianza è stata organizzata su due livelli: il primo, per tutti ed esente ticket, prevede l’effettuazione di una serie di esami: Colesterolo totale, HDL, LDL; Glicemia, Emoglobina glicata; Creatinemia e filtrato glomerulare; Enzimi epatici: ALT e AST; Ormoni Tiroidei: THS; Acido Urico; Esame urine: microalbuminuria; pressione arteriosa. Il secondo livello prevede i necessari approfondimenti rivolti a coloro che dovessero presentare anomalie negli esami. Saranno chiamati a sottoporsi alla valutazione tutti i cittadini compresi tra 14 e 65 anni. I controlli verranno ripetuti ogni 12 mesi. 

Su un’area allargata (arancio e giallo nell’immagine) sarà attuata una sorveglianza attiva della popolazione con la possibilità di accedere agli esami di screening o di approfondimento se in presenza di sintomi o di sospette condizioni cliniche rilevate in ambito ospedaliero o segnalate dai Medici di Medicina Generale sul territorio. Per tutte le aree (compresa quella in verde, dove sono stati riscontrati Pfas ma sotto soglia e dove permane la sorveglianza ambientale) rimarrà attiva la sorveglianza epidemiologica.

Sulla vicenda, va all’attacco del governo regionale la senatrice veneta Laura Puppato, capogruppo del Pd nella Commissione Ecomafie e componente della Commissione Ambiente: «dopo quanto il Cnr ha chiarito in audizione al Senato, il presidente della regione Veneto Luca Zaia non ha più scuse. Deve intervenire, stabilendo obiettivi di qualità per le acque e quindi tagliando pesantemente le emissioni  dei Pfas nella zona compresa tra le province di Vicenza, Rovigo, Verona e Padova, dove le acque di distribuzione di ben 24 comuni superano le soglie di pericolo per questi agenti chimici e dove opera l’industria Miteni. Sono almeno 10 anni che in Veneto si prende tempo, rimpallando le responsabilità. Ma non si può essere federalisti a targhe alterne: compete alla Regione mettere in campo una soluzione e quindi deve farlo subito». 

«In Commissione Ambiente al Senato – spiega Puppato – il Cnr ha chiarito che nel 2006 ha effettuato una ricerca per conto dell’Ue per capire come impattavano i Pfas sui grandi fiumi europei. Al confronto con il Reno, il Danubio e la Loira, il Po è risultato il più inquinato dai Pfas. Ma le ipotesi sulle cause si sono presto ristrette alla Miteni, allora Mitsubishi, perché nelle zone circostanti si rileva uno sforamento dei valori di soglia nelle acque da 100 a 500 volte superiore a quanto avviene in altre zone e regioni d’Italia. In più, dal 2006 con la direttiva acque, l’Unione europea ha superato il concetto di limite di emissione e si è concentrata sulla qualità dei corpi idrici. Superare di 500 volte i valori di soglia per sostanze che in altri paesi sono state messe al bando non è tollerabile».