I “crostoni” di ghisa non sono rifiuti, tutti assolti gli amministratori e dipendenti di Rottfer, Metfer e Salit.

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Trieste. Una sentenza attesa dal mondo delle fonderie e del recupero rottami ferrosi, quella pronunciata il 10 marzo scorso dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trieste Guido Patriarchi: tutti assolti i nove imputati, difesi dall’avvocato Giovanni Borgna, che, a vario titolo, operavano per RottFer, Metfer, Salit, tutte aziende attive nel settore del recupero dei metalli e materiali ferrosi delle acciaierie.

 

La vicenda, nata in seguito ad alcuni controlli svolti dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Udine nella primavera del 2011, ha visto accendere i riflettori sulle modalità di gestione dei rifiuti non pericolosi da parte delle società Metfer di Trieste e Rott-Ferr di Pavia di Udine che si occupavano di ricevere, trasportare, lavorare e cedere ad impianti di acciaieria e fonderia, come materie prima secondarie (MPS), gli scarti di lavorazione in metallo provenienti dalle Ferriere di Servola di Lucchini s.p.a. e Sertubi s.p.a.

“Tutti assolti i 9 imputati dall’accusa di illecita gestione dei rifiuti”

Tutti assolti dall’accusa di illecita e abusiva gestione dei rifiuti i 9 imputati, difesi dall’avvocato Giovanni Borgna del foro di Trieste. Si tratta di Michele Montrone, Gabriella Cum, Diego Montrone, Valentin Randazzo, Sara Albertini, Eva Vozlic, Tania Turri, Dino Viezzoli, Renzo Spessot che a vario titolo operavano in RottFer, Metfer, Salit, che cedevano i materiali raccolti e lavorati a numerosi clienti tra cui le Acciaierie Riva, Acciaierie Venete, Acciaierie Bertoli Safau, Ferriere Nord Pittini.

“I crostoni di ghisa, la ghisetta e ghisa granulare non sono rifiuto”

Il giudice ha accolto le tesi della difesa, sostenute dalla perizia del prof. Ing. Marco Boscolo, secondo cui i crostoni di ghisa, ghisa granulare, ghisetta, acciaietta, non sono rifiuto, ma sono dei “colaticci prodotti per lo più in fase di colata della ghisa e marginalmente nelle operazioni di fonderia vera e propria, che presentano identiche qualità chimiche e fisiche dei pani di ghisa e se ne differenziano per la non uniformità e costanza della composizione chimica. Essi possono essere impiegati in acciaieria ove possono vantaggiosamente sostituire la ghisa in pani che viene impiegata per aumentare il contenuto di carbonio alla carica.”

“Rottami e cascami di lavorazione sono soggetti ad attività di recupero semplificata”

Si tratta di rottame e cascami di lavorazione ad alto contenuto di residui ed assoggettabile ad “attività di recupero in regime semplificato consistente nella messa in riserva per la produzione di materia prima secondaria, mediante selezione e trattamento a secco per l’eliminazione dei materiali e delle sostanze estranee per l’industria metallurgica.”

L’attività di recupero dei rottami in questione, infatti, consiste in una “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale” e non esiste un elenco tassativo delle c.d. attività di recupero, tale da escludere l’attività che veniva svolta dagli imputati.

“End of waste: dopo il recupero la ghisetta non è più rifiuto”

Ed è proprio questa attività di recupero che fa venir meno la qualità di rifiuto al rottame: secondo la recente normativa sul c.d. end of waste non esistono più materie le prime secondarie ma solo prodotti che cessano di essere rifiuti, poiché “un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo.”

L’operazione di recupero può consistere anche nel mero controllo sui materiali di rifiuto – attività svolta dalle aziende in questione – per verificare se soddisfino i criteri elaborati affinché gli stessi cessino di essere considerati rifiuti nel rispetto delle condizioni previste.

“Respinte le tesi dell’accusa secondo cui i crostoni in ghisa vanno gestiti come un rifiuto”

Respinte dunque le tesi dell’accusa secondo cui i residui di lavorazione delle fonderie venivano trasformati in materia prima secondaria (MPS) in assenza di una norma che consentisse tale operazione, di conseguenza, “i rifiuti di ghisa in questione devono essere assoggettati nell’intero loro ciclo di vita (produzione – gestione – recupero finale) alla normativa dei rifiuti, con l’obbligo di gestirlo e recuperarlo come rifiuto.”

 

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