Confapi Padova: “export segnali incoraggianti»

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Carlo Valerio presidente confapi Padova
Valerio: «la ripresa non porta nuova occupazione»

 

Carlo Valerio presidente confapi Padova“Jobless recovery”. Letteralmente “ripresa senza lavoro”. Un’espressione che si usa quando, dopo una fase di recessione, l’economia di un Paese riprende a crescere ma non aggiunge posti di lavoro. Anzi, il tasso di disoccupazione tende ad aumentare ulteriormente. E’ quello che sta accadendo nel territorio della provincia di Padova.

Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha messo in relazione i dati relativi all’export che emergono dall’ultima indagine di “Veneto congiuntura” prodotta da Unioncamere a quelli che riguardano l’occupazione. Ebbene, nel 2015 l’export padovano ha raggiunto gli 8,7 miliardi di euro, segnando un aumento del +2,8% rispetto all’anno precedente. In particolare, per i prodotti della meccanica si registra nell’insieme un aumento del +4,3% (contro però il +6,5% del 2014), determinato dalle variazioni che hanno interessato motori (+31,8%), macchine per impiego generale (+5,3%) e macchine per l’agricoltura (+3,8%). E tuttavia, è una crescita che non produce lavoro: nel settore manifatturiero l’andamento dell’occupazione è negativo (-0,6% contro il +0,1% del 2014). 

«I segnali di ripresa ci sono, ma le esportazioni non trainano l’occupazione: è questa la sintesi che è possibile fare a partire dai numeri oggettivi – evidenzia Carlo Valerio, presidente di Confapi Padova, Associazione delle piccole e medie industrie -. La domanda è: perché il mercato del lavoro non trae beneficio da tutto ciò? Credo che le ragioni siano molteplici, a partire dalle caratteristiche peculiari delle nostre aziende, che sono di piccole dimensioni e non sono attrezzate strutturalmente per cavalcare l’onda. Con una battuta potremmo dire che abbiamo il vento in poppa, ma la barca non è abbastanza grande per poterlo sfruttare e viaggiare veloce. Va tuttavia sottolineato che il nostro territorio, proprio per le peculiarità delle aziende che lo compongono, spesso a conduzione familiare, ha comunque ridotto meno di altri il personale occupato, mantenendo maggiore stabilità rispetto ad altre aree della nazione anche negli anni in cui la crisi si faceva più sentire. Una politica, quella dei nostri imprenditori, dettata dalla filosofia del rispetto e dell’appartenenza alla comunità, molto radicata. E così, oggi, le attuali forze impiegate possono “reggere” la situazione senza che al momento ci sia bisogno di nuova manodopera». 

Quali sono i mercati di riferimento per le aziende padovane che esportano? Tra i principali paesi di destinazione i risultati migliori si rilevano per le vendite dirette verso Spagna, Usa, Turchia e Regno Unito, con variazioni invece più contenute verso la Germania (che rimane comunque il primo sbocco) e una contrazione dell’export verso la Russia e in parte anche Cina. Per quanto riguarda le direttrici di destinazione a livello continentale, l’Europa rimane il primo mercato (70,6% del totale, pari a 6 miliardi e 175,6 milioni di euro, sugli 8 miliardi e 742,8 milioni del totale dell’export padovano) con la Germania confermato come prima nazione di destinazione dei prodotti padovani, per un volume di esportazioni pari a un miliardo e 189 milioni di euro. 

«La tanto bistrattata Europa resta un punto di riferimento assoluto – conclude la sua disamina Valerio -. Sono numeri che ci fanno capire quanto il Veneto e Padova siano parte di un sistema continentale: alla base c’è quella che definirei una “base culturale tecnica” che ci accumuna. Non è necessariamente un limite, ma una caratteristica, anche se bisogna distinguere fra settore e settore. Senza dubbio è così per quello manifatturiero che, come Associazione delle Pmi, ci tocca più da vicino».