Referendum per abrogare le Comunità di valle in Trentino: la Lega Nord deposita i quesiti volti a semplificare il quadro istituzionale trentino

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Sergio DivinaLa Lega Nord del Trentino punta dritto a semplificare il quadro istituzionale della provincia di Trento tramite l’impiego dell’istituto referendario. I vertici del Carroccio trentino hanno depositato presso la segreteria del Consiglio provinciale di Trento i quesiti per l’indizione di un referendum popolare volto ad abrogare le Comunità di valle, il nuovo ente intermedio creato tra la Provincia e i 227 comuni trentini. Con l’apposizione delle firme del comitato promotore del referendum, entro 10 giorni l’ufficio di presidenza del Consiglio provinciale di Trento dovrà nominare una commissione di esperti nel campo del diritto che dovrà valutare l’ammissibilità dei quesiti referendari proposti. Dalla loro ammissione, scatteranno 90 giorni di tempo per raccogliere le 8.000 firme necessarie a supportare la validità della richiesta referendaria, con la possibilità di chiamare i trentini alle urne nel periodo compreso tra il 31 marzo e il 30 aprile 2012. Due i quesiti referendari proposti, riguardanti rispettivamente le Comunità di valle e il Comun general de Fascia, una comunità di valle speciale istituita per la minoranza ladina della valle di Fassa.

La battaglia della Lega Nord contro la Comunità di valle è fondata sul fatto che le Comunità, oltre a sostituire i preesistenti comprensori, finiscono con l’impoverire bilanci e competenze dei singoli comuni, anche di quelli di grandi che dei servizi resi dalla Comunità non avrebbero alcun bisogno. Secondo il segretario della Lega Nord Trentino, On. Maurizio Fugatti, “le comunità hanno sostituito in senso negativo i vecchi carrozzoni comprensoriali e sono state di fatto utilizzate per dare una carica pubblica con annessa ricca indennità a tanti ex sindaci non più ricandidabili o a consiglieri provinciali trombati dal popolo. Ancora oggi, ad un anno dalla loro nascita, tante comunità non hanno ancora iniziato a funzionare, nonostante abbiano speso fior di quattrini pubblici per pagare le indennità ai loro amministratori”. Oltre che sul piano economico, Fugatti critica anche la creazione di un ulteriore livello di governo che va in senso contrario alla semplificazione dell’assetto istituzionale: “se molti dei 227 comuni trentini sono troppo piccoli per gestire efficacemente ed economicamente certi servizi pubblici, si può favorire la nascita di aggregazioni comunali o la formazione di consorzi di scopo, senza calare dall’alto un nuovo ente che finisce per spolpare i comuni delle loro competenze e delle loro risorse finanziarie. Il Trentino ha il doppio dei comuni della vicina provincia di Bolzano a pari popolazione: più che creare nuovi centri di potere spesso clientelare, è indispensabile semplificare al massimo la macchina istituzionale e burocratica, facendo funzionare al meglio la Provincia e i Comuni”.

Mauro GilmozziAlla notizia del deposito dei due quesiti referendari, il “padre” delle comunità di valle, l’assessore provinciale agli enti locali Mauro Gilmozzi (Upt) ha definito l’iniziativa leghista come “irresponsabile e priva di ogni fondamento, in quanto se dovessero venire abrogate le norme sulle Comunità di valle ci ritroveremmo nella necessità di dovere fare una nuova legge per istituire un ente intermedio molto simile alle Comunità, rispettando quanto previsto dallo Stato con le nuove norme sui comuni inserite nella manovra finanziaria approvata nelle scorse settimane, dove si prevede la gestione associata obbligatoria di una serie di servizi per i comuni sotto i 1.000 abitanti e in convenzione per quelli sotto i 5.000 residenti”. Pronta la risposta dei proponenti il referendum: “quanto previsto dalla manovra finanziaria nazionale è proprio il contrario di quello che si fa oggi in Trentino con le Comunità di valle” dice il senatore leghista Sergio Divina, secondo cui “i tanti piccoli comuni delle valli trentine saranno sì obbligati ad associarsi tra loro per gestire i servizi, ma per rispettare tale norma potranno farlo riunendo pochi comuni su un territorio omogeneo, magari pure in un’ottica di fusione tra di loro, e non le decine di municipi come oggi avviene con le Comunità, creando delle assemblee pletoriche ed ingestibili”.