“Dioniso. Mito, rito e teatro” ospite degli spazi espositivi delle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari

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La sede museale di banca Intesa Sanpaolo a Vicenza ospita fino all’autunno 2016 una ricca mostra di ceramiche attiche, tra cui il celebre vaso di Pronomos proveniente dal Museo archeologico nazionale di Napoli

 

vaso di pronomos 2Alle Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari, sede museale e culturale di Intesa Sanpaolo a Vicenza, è visitabile l’esposizione “Dioniso. Mito, rito e teatro”. Dopo “Le ore della donna” e “Il viaggio dell’eroe”, il rinnovato allestimento nell’ambito del progetto “Il Tempo dell’Antico. Ceramiche attiche e magnogreche dalla collezione Intesa Sanpaolo”, è visitabile fino all’autunno 2016. 

La nuova esposizione, curata dall’archeologa Federica Giacobello dell’Università degli Studi di Milano, è dedicata a una delle figure più affascinanti e complesse della cultura greca: Dioniso. La complessità della natura del dio si manifesta fin dal racconto della sua nascita: concepito dalla principessa tebana Semele unitasi a Zeus, nasce prodigiosamente dalla coscia del padre, che lo porta a gestazione dopo che la madre viene fulminata da Era gelosa. 

La straordinarietà di Dioniso, dio multiforme e dio del mutamento, viene indagata attraverso un itinerario espositivo che, dalle feste istituzionali celebrate in suo onore ad Atene e in Magna Grecia, porta a scoprire la sua potenza resa evidente dai due grandi doni che egli offre agli uomini: il vino e il teatro. Dioniso è il dio del teatro e in occasione delle sue feste principali, le Grandi Dionisie, erano messi in scena ad Atene gli agoni teatrali che, come noto, coinvolgevano in una circostanza religiosa ed educativa l’intera cittadinanza chiamata ad assistervi. 

A documentare l’inscindibile legame tra il teatro e il dio, il celebre ed eccezionale cratere attico opera del Pittore di Pronomos, in cui è raffigurato Dioniso abbracciato ad Arianna, circondato da attori con abiti di scena di un dramma satiresco. Il vaso, che proviene da Ruvo di Puglia come le ceramiche della collezione Intesa Sanpaolo, è conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed è un esemplare unico nel soggetto e un capolavoro artistico. 

vaso di pronomos 3Il Vaso di Pronomos ha attraversato i secoli in un percorso complesso e affascinante che lo ha visto protagonista. La storia di questo manufatto inizia con la sua creazione ad Atene intorno al 400 a.C., in un’officina ceramica in cui prestava opera un pittore indubbiamente dotato di grandi capacità artistiche. Le sue qualità sono evidenti nell’impostazione armoniosa e dinamica delle figure, nel forte senso pittorico e decorativo tradotto nell’uso del colore bianco sovradipinto, nell’interpretazione innovativa dei soggetti; suoi tratti peculiari si rivelano nel profilo dei volti, nella resa degli occhi, nelle ciocche ondulate trattate singolarmente, nelle mani affusolate con dita ripiegate all’insù; tipica è la ricerca di simmetria nella composizione della scena. Il ceramografo si inseriva in un momento di grande creatività artistica, maturato grazie all’esperienza secolare delle botteghe artigianali ateniesi e debitore della cosiddetta “grande pittura” (da cavalletto e parietale). Atene, infatti, persa in quegli anni l’egemonia politica con la guerra del Peloponneso a vantaggio di Sparta, dimostrava di voler riaffermare la sua supremazia culturale. Non conosciamo il nome di questo ceramografo, perché non firmò il cratere né altri esemplari a lui attribuiti dagli archeologi su base stilistico- esecutiva: si tratta di una quarantina di opere rinvenute in particolare in contesti non ateniesi; tra queste, la più significativa è il vaso in esame, da cui dipende il nome a lui assegnato nella storia degli studi di Pittore di Pronomos. 

Altrettanto abile ed esperto fu il ceramista che si occupò di modellare il cratere a volute, una forma poco diffusa – soprattutto se paragonata alle altre tipologie di cratere (a campana, a calice e a colonnette) – e preziosa, perché richiedeva una grande perizia e alti costi di realizzazione. Veniva infatti assemblato da più componenti lavorate separatamente e dotato di eleganti e complesse anse solo parzialmente realizzate a matrice; inoltre la grandezza del vaso rendeva ancora più difficili le operazioni artigianali. Una tipologia vascolare che, considerando la provenienza dei manufatti, risulta molto apprezzata nel mercato occidentale, nonostante il costo d’acquisto elevato e le difficoltà di trasporto: tale forma, infatti, non permetteva l’impilaggio, modo in cui generalmente erano caricati i vasi sulle navi che da Atene partivano verso i porti dell’Italia. 

Il Cratere di Pronomos si distingue per la sua ricercatezza e accuratezza esecutiva, che si rivelano nel perfetto equilibrio delle sue parti e nella forma rara delle anse, composte da un arco impostato sulle spalle su cui si sviluppano le volute verticali. Che fosse un pezzo eccezionale lo dimostra, inoltre con grande evidenza, il soggetto narrato sul lato principale, che lo ha reso celeberrimo. 

Il visitatore, oltre che dalle immagini dei vasi, viene accompagnato lungo il percorso anche dal racconto gestito attraverso i testi e i contenuti multimediali che costituiscono parte integrante della mostra, permettendo di evidenziare come la figura di Dioniso abbia affascinato la cultura moderna e contemporanea. 

A latere della mostra, è stato dato alle stampe anche un interessante volumetto edito da Carocci Editore, “Il dono di Dioniso. Il vino nella letteratura e nel mito in Grecia e a Roma” a cura di Luca della Bianca e Simone Beta che indaga il filo rosso che lega le due culture, quella attica e quella latina, attraverso il vino e la divinità ad esso legate: dal greco Dioniso al romano Bacco o Libero fino al medioevo quando la ritualità cristiana prende definitivamente il sopravvento sui significati pagani. Nella mitologia e nella letteratura il vino è sempre stato celebrato come elemento importante dei rapporti sociali e delle feste pubbliche e private.

Il progetto espositivo denominato “Il Tempo dell’Antico. Ceramiche attiche e magnogreche dalla collezione Intesa Sanpaolo” è dedicato alla valorizzazione e alla condivisione con la collettività della importante collezione Intesa Sanpaolo e presenta a rotazione nuclei di vasi selezionati su base tematica dalla raccolta. La storica raccolta Caputi, la cui formazione risale alla prima metà dell’Ottocento, si compone di un ingente corpus di 522 reperti provenienti dai corredi tombali di Ruvo di Puglia, fiorente centro antico nell’attuale provincia di Bari. I vasi dipinti, che nell’insieme forniscono una significativa testimonianza della cultura e dell’arte della Grecia d’Occidente, furono prodotti tra il VI e il III secolo a.C. nelle officine ceramiche dell’Apulia e della Lucania o importati da Atene.