Per la Sezione Edili di Confartigianato Veneto il II “Piano Casa” è rimasto lettera morta

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Confartigianato veneto Bassani Paolo

Confartigianato veneto Bassani Paolo“Tradito dai comuni lo spirito della legge”

“Un’azione criminale dei comuni nei confronti delle imprese edili in particolar modo quelle artigiane a cui la proroga del Piano Casa regionale guarda con particolare attenzione”: questo lo sfogo di Paolo Bassani, presidente regionale veneto della categoria Edili di Confartigianato di fronte alle prime indiscrezioni che trapelano sulle decisioni prese nelle giunte comunali in materia. Per Bassani “il settore è alla canna del gas. Negli ultimi tre mesi del 2011, in Regione hanno chiuso ben 1.490 colleghi. Di fronte a tutto questo, i comuni dove queste stesse aziende vivevano, operavano e offrivano lavoro, sembra abbiano fatto a gara a chi imponeva i maggiori lacci, laccioli e restrizioni alla legge che ha prorogato fino a fine 2013 il Piano Casa”.
Bassani critica la burocrazia eccessiva e la lentezza nel cui vengono prese, sempre che lo si faccia, le decisioni: “a parte lo scandalo della lentezza con cui le amministrazioni stanno inviando alla regione Veneto le varie delibere (ricordo che i comuni avevano tempo fino al 30 di novembre scorso hanno per regolamentare la materia), ad allarmarci sono le prime notizie che trapelano, dalle quali emerge chiaramente che ci troviamo di fronte a situazioni paradossali e molto difformi con un’unica costante: l’inerzia delle amministrazioni comunali e, talora, il loro tentativo di usare il Piano Casa non per i fini per i quali è stato varato, ma cercare un tornaconto per le casse municipali”. Tra gli episodi segnalati, delibere in cui è stata inserita la perequazione urbanistica, non  prevista dalla legge regionale e applicabile di norma alle sole aree di trasformazione urbanistica, che assicura ingiusti profitti a spese dei contribuenti, oppure di definizioni di “prima casa di abitazione” più restrittive, ed in contrasto con quella fissata dalla legge regionale, che vincolano il mantenimento della residenza ai dieci anni successivi al rilascio del certificato di agibilità, il tutto aggravato dalla previsione di trascrivere e registrare l’atto, e quindi con ulteriori nuove spese a carico del cittadino. Limitazioni assurde che non hanno giustificazione e che porteranno i cittadini a lasciar perdere con un danno economico incalcolabile per il settore e per l’Erario il quale dai lavori eseguiti incassa l’Iva e le tasse sui redditi degli artigiani. Basti pensare che l’applicazione della prima parte del Piano Casa ha prodotto oltre 27.000 domande per 1,2 miliardi euro di investimenti attivabili. Un risultato di non poco conto se si pensa che il Veneto ha registrato un numero di istanze più del doppio di tutto il resto d’Italia e, soprattutto, territorialmente poco impattanti: la media regionale era di 5,3 istanze ogni 1.000 abitanti e soprattutto di 1,5 per chilometro quadrato.
Ad aggravare la situazione le differenze, anche sostanziose, tra comuni confinanti: per Bassani “le forti disparità di trattamento tra cittadini che le diverse delibere comportano anche tra municipi limitrofi non sono affatto da sottovalutare, con il pericolo di alimentare la distanza già abissale che esiste tra la gente e la politica”.