Con un punto di Ires in meno le imprese risparmierebbero 1,2 miliardi di euro
Il calo della tassazione continua a fare parlare, anche se qualcosa si muove. Secondo l’analisi condotta dall’ufficio studio dell’Associazioni artigiani di Mestre, il cuneo fiscale sui redditi da lavoro sarebbe in calo. La Cgia ha ricostruito la dinamica della tassazione sul lavoro dal 2007 ad oggi prendendo come base di riferimento la metodologia dell’OCSE spingendosi al 2015 e tenendo in conto anche l’IRAP sul costo del lavoro.
I risultati che emergono indicano, dal 2007 al 2015, una riduzione significativa del peso del fisco sul lavoro soprattutto per i redditi più bassi: per una retribuzione lorda di 20.410 euro, che beneficia del bonus degli 80 euro, il cuneo fiscale si riduce di 5,2 punti percentuali (1.707 euro in meno); per una retribuzione lorda di 30.463 euro la riduzione è pari a 1,1 punti percentuali (un beneficio di 982 euro).
«Il peso del fisco sul costo del lavoro – sottolinea Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia – sta scendendo grazie ad una serie di interventi che spaziano dall’aumento delle detrazioni fiscali sul lavoro dipendente avviate dal Governo Letta, al bonus degli 80 euro introdotto dal presidente del consiglio Renzi e alle progressive misure approvate nel corso degli anni che hanno praticamente azzerato l’IRAP sul costo del lavoro».
Tra l’altro, nonostante l’Italia si posizioni nella parte alta della classifica internazionale del costo del lavoro, paesi come Belgio e Austria ma anche economie più grandi come Germania e Francia hanno un cuneo fiscale superiore a quello italiano. «Sarebbe quindi preferibile continuare a ridurre le tasse su altri fronti, in particolare – conclude Zabeo – a beneficio delle famiglie e sulla casa in modo da spingere i consumi interni che sono fondamentali per rafforzare la crescita economica. È bene precisare che la riduzione del costo del lavoro è andata anche a beneficio dei datori di lavoro e quindi l’eventuale spazio per ridurre la fiscalità generale per le famiglie sarà salutata con favore».
Secondo quanto emerge sempre dai dati dell’OCSE, inoltre, la tassazione italiana sulla proprietà immobiliare è tra le più elevate dell’Area Euro: quasi l’1,5% del Pil, un’incidenza seconda solo a quella della Francia (dato 2012 che rappresenta l’ultimo anno disponibile che si avvicina di più alla situazione attuale). In Italia, tra l’altro, si registra tra il 2007 e il 2012 il maggior incremento del prelievo sulla proprietà immobiliare (+0,67 punti percentuali) dopo la Grecia.
Dalle famiglie alle imprese. La Cgia ha valutato anche quale sarebbe l’impatto della riduzione dell’Ires, l’imposta sui redditi delle società: ogni punto di riduzione dell’aliquota Ires consentirebbe alle società di capitali e ai grandi gruppi di pagare complessivamente 1,2 miliardi di euro in meno di tasse all’anno.
La Cgia sottolinea che, attualmente, l’utile delle società di capitali (Spa, Srl, etc.) e dei gruppi di società (società finanziarie e di investimento, società controllate e collegate, etc.) sono tassate con un’aliquota al 27,5%. Complessivamente, le aziende e i gruppi interessati da questa riduzione dell’Ires sarebbero quasi 620.500: pari al 12% del totale delle imprese presenti in Italia. Ogni punto percentuale di Ires in meno consentirebbe alle società di capitali di risparmiare 1.232 euro all’anno, a ciascun gruppo, invece, il beneficio fiscale sarebbe molto più conveniente, ben 137.889 euro.
«Con il taglio dell’Ires ventilato dal Governo Renzi – commenta Zabeo – i vantaggi fiscali andrebbero prevalentemente alle grandi imprese. Se, invece, la riduzione interessasse l’Irap, il taglio di un punto di questa imposta costerebbe allo Stato quasi 4 miliardi di euro, ma la riduzione delle tasse interesserebbe tutte le imprese, anche quelle più piccole, come le ditte individuali o le società di persone. Probabilmente, operando una riduzione del carico fiscale che oltre all’Ires comprendesse anche l’Irap sarebbe più giusto ed equo».