Governo Renzi incapace di frenare la crescita della spesa, cresciuta più delle tasse

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Secondo la Cgia di Mestre, tutti i governi sono stati di manica larga con la crescita della spesa corrente. Se Renzi non sterilizza le clausole di salvaguardia, già pronti 22,4 miliardi di nuove tasse

 

rotolo biglietti 50 euro finanza affari tasseChi ha governato l’Italia negli ultimi 15 anni è legato da un denominatore comune: l’incapacità di frenare la spesa pubblica, specie quella legata all’erogazione delle pensioni. Secondo l’Ufficio studi della Cgia, in questo lasso temporale le tasse in Italia sono aumentate perché la spesa pubblica è cresciuta più rapidamente. 

Tra il 2000 e il 2014, infatti, le entrate tributarie sono aumentate del 38,6%, mentre la spesa pubblica al netto degli interessi sul debito è salita del 46,5%. Entrambe queste due voci hanno subito un’impennata nettamente superiore a quella registrata dal Pil italiano che nello stesso periodo di tempo ha segnato un incremento del 30,4%. 

«Nella giornata conclusiva del Meeting di Comunione e Liberazione – osserva Paolo Zabeo della Cgia – il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha dichiarato che per tagliare le tasse bisogna assolutamente ridurre la spesa pubblica. Insomma, per trovare le risorse per azzerare la Tasi e l’Imu  sulla prima casa e per ridurre l’Ires e l’Irpef bisogna invertire di 180 gradi le politiche di bilancio adottate in questi ultimi 15 anni. Le tasse hanno inseguito le uscite, al fine di evitare che i nostri conti pubblici saltassero per aria. Con il risultato che il carico fiscale sui cittadini e sulle imprese è aumentato a dismisura per coprire gli aumenti di spesa che, purtroppo, non hanno ridotto le disparità esistenti tra le persone in difficoltà e le classi sociali più abbienti».

Secondo l’Ufficio studi dell’Associazione artigiani di Mestre, sarebbe ingeneroso definire l’Italia un paese di spendaccioni. Gli ultimi dati disponibili (anno 2013) dicono che la spesa pubblica italiana è pari al 50,8% del Pil, solo 1,4 punti in più della media dei paesi dell’Area euro. Se dall’importo totale si toglie la spesa pensionistica (16,7% del Pil) che, nel breve periodo, risulta essere difficilmente comprimibile e quella per interessi sul debito pubblico (4,9% del Pil), le uscite si riducono al 29,2% del Pil, contro una media dei paesi che compongono l’Area dell’euro pari al 33,8%, potendo così contare su una spesa media, al netto di previdenza e interessi, più contenuta di ben 4,6 punti percentuali di Pil.

Questo perché, secondo la Cgia, l’Italia sconta gli effetti negativi di una spesa pensionistica che nel passato è stata molto generosa (e che sarebbe da rivedere profondamente, specie laddove le prestazioni sono largamente superiori rispetto ai contributi effettivamente versati) e di un debito pubblico che, nonostante l’austerità e il rigore di questi ultimi anni, ha comunque continuato a crescere a causa dell’incapacità dei vari governi di ridurne l’importo attuando politiche di vendita di quote del patrimonio pubblico disponibile, spesso amministrato male ed improduttivo.

Se le tasse in Italia nel recente passato sono cresciute all’inverosimile, la quota già raggiunta rischia di essere superata se il Governo Renzi non riuscirà a recuperare entro la fine di quest’anno i 18,8 miliardi di euro necessari per sterilizzare le clausole di salvaguardia, affinché siano evitate, entro l’inizio del 2016, gli aumenti delle accise sui carburanti, l’incremento degli acconti Irpef e Ires e il ritocco all’insù dell’Iva al non invidiabile livello del 25%. Senza contare che entro la fine di quest’anno dovranno essere reperiti altri 1,5 miliardi per estendere anche per il 2016 la decontribuzione totale a beneficio delle aziende che  assumono a tempo indeterminato e altri 2,1 miliardi per consentire, dopo le sentenze della Consulta,  sia la reindicizzazione delle pensioni sia  il rinnovo dei contratti dei lavoratori del pubblico impiego.

Più che a lanciare proclami e promesse che non hanno l’obbligo di essere iscritte a bilancio con la relativa copertura finanziaria, buone solo per qualche titolo ad effetto sui giornali e per distrarre l’opinione pubblica dai problemi del Paese che Renzi non riesce a risolvere, meglio sarebbe vedere nei fatti l’opera di revisione della spesa pubblica, finora sempre promessa ma mai attuata.