Ceresa: «bacino a rischio fino al 15 settembre, quando le campagne della Bassa termineranno le irrigazioni. Problemi per la navigazione interna causa i mancati dragaggi de porti»
Il lago di Garda, il maggior bacino lacustre italiano e uno dei maggiori d’Europa, è ancora a rischio a causa dei continui prelievi di acqua da parte degli agricoltori del Mantovano per irrigare le campagne.
Anche se in misura ridotta rispetto ai primi giorni d’agosto quando il prelievo alla diga di Salionze era al massimo consentito di 80 metri cubi al secondo, l’attuale fuoriuscita di 45 metri cubi al secondo è ancora «troppo elevata rispetto alle esigenze del lago» dice Pierlucio Ceresa, segretario della Comunità del Garda, l’ente incaricato di governare il bacino e le esigenze dei comuni che si affacciano sul lago, secondo cui «la situazione non è destinata a migliorare fino al prossimo 15 settembre, quando i prelievi d’acqua per l’irrigazione della campagne del Mantovano cesseranno».
La situazione del 2015 del lago è stata particolarmente difficile a causa della perdurante siccità. «Ora il livello del lago è a soli +40 cm sullo zero idrometrico, un livello molto basso che mette a rischio molte attività sul lago, ad iniziare da quello della navigazione di linea– sottolinea Ceresa – . Se i prelievi d’acqua dovessero proseguire con questo ritmo in assenza di precipitazioni, non è irrealistico raggiungere un livello di soli 20-25 cm sullo zero idrometrico, avvicinandosi pericolosamente al record dell’estate del 2003 quando il livello si fermò a +8 cm sullo zero idrometrico».
I problemi maggiori derivanti dal basso lago, oltre alla fanghiglia e alle alghe che pullulano sulle spiagge che si sono allargate non a vantaggio dei turisti che hanno difficoltà ad entrare in acqua, c’è la navigazione: «il problema è legato anche ai mancati dragaggi delle aree portuali, che con il tempo si sono insabbiate, rendendo oltremodo difficile le operazioni di attracco ai pontili con bassi livelli del lago. Gli agricoltori denunciano questa situazione, perché se i porti fossero dragati, per l’agricoltura ci potrebbe essere a disposizione più acqua. Ma il problema dei dragaggi, oltre che dei costi, deriva anche dalla legislazione esistente, differente per la sponda bresciana e veneta del lago – evidenzia Ceresa -. Se su quella bresciana i fanghi di scavo non sono ritenuti rifiuti speciali tranne che in casi specifici e come tali la loro gestione è decisamente più facile ed economica, viceversa su quella veneta lo sono sempre, con il risultato che i dragaggi sono pochi ed estremamente onerosi. L’assurdo avviene nella località di confine: alla Maraschina nel comune di Sirmione, se draghi un metro oltre il confine bresciano i fanghi possono essere gestiti come un qualsiasi inerte, mentre se lo si fa un metro verso il versante veneto bisogna conferirli in una discarica autorizzata per i rifiuti speciali con tutto quel che ne consegue anche per lo scavo e il trasporto».
Tale problematica è stata più volta evidenziata dalla Comunità del Garda nelle conferenze interregionali, ma non se ne è fatto nulla. «Sarebbe auspicabile un intervento dei legislatori locali per uniformare la normativa e per facilitare i lavori di manutenzione dei porti del Garda» conclude Ceresa.