Valdastico Nord, in Trentino il PD dice “NO”

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Sulla possibile acquisizione da parte degli spagnoli di Abertis della maggioranza della Serenissima, Tosi rilancia: «sia A22 ad acquistare le quote in vendita da parte di banca Intesa»

 

autostrada veicoliSul completamento della Valdastico Nord cresce la tensione. Se da parte della provincia di Trento c’è una mezza apertura da parte della frangia autonomista e postdemocristiana, viceversa dal PD si alzano le barriere.

Ugo Rossi, presidente della provincia, sottolinea che l’apertura al dialogo dei giorni scorsi non «comporta l’approvazione automatica dello sbocco della Valdastico Nord in Trentino. Se le proposte del Governo e del Veneto non ci convinceranno, possiamo sempre dire di no e opporci alla decisione centrale». Più netti gli esponenti del PD trentino. Per il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi «qualcuno deve spiegarmi se la Valdastico nord è ancora utile se è utile alla strategia di spostare quote crescenti del traffico merci dalla strada alla ferrovia. A mio avviso, il completamento dell’autostrada in ambiente alpino è in contrasto con quanto fatto fino ad ora dal Trentino che ha investito pesantemente sul potenziamento del trasporto ferroviario». 

Anche il deputato trentino Michele Nicoletti, ex segretario provinciale del PD, spara a palle incatenate: «sulla Valdastico serve una linea dura da parte del partito, che deve darsi una linea unitaria che rispetti anche i contenuti della Convenzione delle Alpi che non ammette la costruzione di nuove autostrade in ambiente alpino. La politica trentina deve prendere una decisione chiara e unitaria, a partire dal PD».

Da parte di Autostrada Serenissima, proprietaria di A31, si professa sicurezza e tranquillità, in attesa degli sviluppi, non senza rilanciare la palla e aumentare la posta in gioco. Il presidente della società, il sindaco di Verona Flavio Tosi, sottolinea che «completamento della Valdastico, potenziamento della ferrovia del Brennero e terza corsia di A22 possono andare tranquillamente d’accordo. Si tratta di infrastrutture tutte necessari al territorio e allo sviluppo dell’economia». Tosi ha nel mirino A22 e la sua “potenza” economica: «se fossi al vertice di A22 valuterei con attenzione la possibilità di fare un’offerta per l’acquisto della quota di A4 in vendita da parte di Banca Intesa. Secondo me tenere in Italia la proprietà di un’infrastruttura strategia come A4 è fondamentale e A22 potrebbe avere tranquillamente le risorse per impedirne la vendita agli spagnoli».

Il ragionamento di Tosi non fa una grinza: a partire da quest’anno, A22 ha terminato l’accantonamento di quote di utili a favore del finanziamento del tunnel del Brennero, cresciuto a 550 milioni di euro. Essa ha orami la quasi certezza che il Governo Renzi le rinnoverà la concessione per altri trent’anni, anche se in cambio dovrà provvedere al riacquisto di quel 15% circa di azioni ora in mano ai soci privati che andranno liquidati per arrivare ad un’Autobrennero interamente in mano ai soci pubblici in modo da realizzare una società “in house” cui affidare la concessione diretta da parte dello Stato: si tratta di circa 120-150 milioni di euro. A fronte di un bilancio che vede una media di profitti netti di circa 80 milioni di euro annui, A22 potrebbe sia finanziare il riacquisto della quota detenuta dai privati e fare un pensiero ad investire altri 450 milioni per rilevare le quote di maggioranza di Serenissima in mano ai privati. Uno scenario che aprirebbe, magari inserendo nella strategia anche il tratto Venezia – Trieste di A4 posseduto dalla regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia tramite Autovie Venete, al secondo gruppo autostradale d’Italia con proprietà interamente in mano agli enti locali, con una concessione di trent’anni (valevole per A22 e A4 Autovie Venete) che potrebbe essere estesa anche alla Serenissima una volta che anche questa fosse interamente in mano a soci pubblici.

Indubbiamente, si tratta di uno sforzo finanziario notevole, ma che potrebbe, in una seconda battuta a gruppo autostradale del NordEst realizzato, guardare anche alla Borsa per piazzare quote di minoranza per rientrare di parte del capitale da utilizzare per finanziare opere pubbliche di utilità per il territorio.

Ora, il problema è solo uno: la politica che esprime i governi locali di Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna avranno la necessaria lungimiranza per delineare un simile scenario, sicuramente strategico per le infrastrutture del territorio? Ai politici la risposta.