Il cantiere di Monfalcone posto sotto sequestro dal Noe per violazione delle norme sui rifiuti

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Bloccata la produzione al sito Fincantieri. Reazioni sdegnate del mondo dell’economia e della politica

 

fincantieri cantiere monfalcone 2Il sequestro di alcune aree produttive dello stabilimento Fincantieri di Monfalcone, attuato dai Carabinieri del NOE su disposizione del Tribunale di Gorizia, suscita preoccupazione e sconcerto. Preoccupazione che nasce dalla considerazione che l’atto di sequestro di fatto paralizza l’attività dello stabilimento con le gravi conseguenze di carattere occupazionale ed economico che ne conseguono. Lo sconcerto deriva dal fatto che, troppo spesso, le autorità procedono ad inibire l’attività d’impresa senza valutare compiutamente che, pur nel rispetto delle procedure, potrebbero essere adottate misure meno drastiche per garantire il rispetto delle legge senza peraltro bloccare del tutto l’operato aziendale e lasciare a casa più di 4.000 persone.

L’ex direttore dello stabilimento Fincantieri di Monfalcone (Gorizia), Carlo De Marco, e i titolari di sei aziende che lavorano all’interno del cantiere, sono coinvolti nell’indagine con l’ipotesi di reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Gli altri indagati sono Nella Dosso, 55 anni, titolare della ditta “Pulitecnica friulana” di Udine, Valter Radin (59), della “Petrol Lavori” di San Dorligo della Valle (Trieste), Romeo Ronco (69) della “Marinoni” di Genova, Francois Marcel Gaston Avon (58), della “Carboline Italia”, Corrado Annis (48) della “Sirn” di Trieste e Fabio Bianchi (49) della “Savi” di Genova. La Procura della repubblica di Gorizia, nel giugno 2013 si era vista respingere la richiesta di sequestro, prima dal Gip e poi dal Tribunale, secondo cui non vi sarebbero state urgenze tali da giustificare una situazione di pericolo ambientale. Da qui il ricorso presso la terza sezione penale della Cassazione che invece ha dato il via libera al provvedimento che ora ha bloccato la produzione.

L’inchiesta riguarda la gestione degli scarti di lavorazione nelle navi prodotti da parte delle ditte subappaltatrici di Fincantieri, che però non risultano titolari dell’autorizzazione a gestire i rifiuti. La contestazione riguarda in particolare il deposito temporaneo messo a disposizione da Fincantieri, dove i vari rifiuti vengono ammassati e quindi rimossi da parte di un’altra ditta subappaltatrice. La Corte ha accolto la tesi della Procura, per cui tutte le ditte in subappalto, e non solo Fincantieri, sarebbero soggette all’autorizzazione al trattamento rifiuti, anche in caso di semplice “stoccaggio”. La procedura utilizzata nel cantiere raffigurerebbe quindi un “deposito incontrollato”, sanzionato dal decreto legislativo sul trattamento dei rifiuti.

Nel cantiere di Monfalcone (Gorizia) del gruppo italiano lavorano circa 4.500 persone tra dipendenti della stessa Fincantieri e operai delle società in appalto. Da oggi, come è stato reso noto dal gruppo, lavorano soltanto gli addetti alla manutenzione degli impianti, cioè un centinaio di persone. Al cantiere sono in costruzione alcune navi, grazie anche alla ripresa degli ordinativi, tornati a livello pre-crisi del 2007.

«Oltre agli incontri che come Giunta abbiamo immediatamente fatto nel corso della giornata, siamo costantemente in contatto con i ministri Galletti e Guidi e con l’amministratore delegato dell’azienda Bono. La situazione viene monitorata costantemente a ogni livello per cercare di risolverla nel più breve tempo possibile» ha affermato la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, intervenendo in Consiglio regionale sulla situazione dello stabilimento Fincantieri di Monfalcone. «Fermo restando il rispetto per le decisioni assunte dalla magistratura – ha aggiunto Serracchiani – stiamo cercando di capire un problema di complessa interpretazione normativa, sul quale va fatta chiarezza. L’Azienda si accinge a impugnare il provvedimento di sequestro e nel contempo sta studiando come comportarsi – ha concluso – nella specifica questione del trattamento degli scarti di lavorazione del sito».

«La Lega Nord chiama i ministri Guidi e Orlando a riferire in aula sulla situazione di Fincantieri, bloccati dal sequestro del tribunale di Gorizia, e ad attivare ogni canale utile per sbloccare la situazione e riavviare la produzione. In un momento di crisi simile non possiamo accettare che il futuro di migliaia di famiglie sia appeso alla burocrazia» annuncia il capogruppo leghista alla Camera Massimiliano Fedriga, deputato del Friuli Venezia Giulia, che ha presentato, a nome dell’intero gruppo leghista, un “question time” sulla vicenda Fincantieri. «5.000 addetti, altrettante famiglie, investimenti per miliardi e 3.000 imprese dell’indotto sono oggi a rischio per un provvedimento abnorme – dice Fedriga – rispetto all’entità delle contestazioni. Il ministro Guidi – che è pure rampollo di un’importante famiglia di industriali – faccia sentire la propria voce e Orlando sensibilizzi i vertici della Giustizia per ottenere il più rapido ripristino delle produzioni. Fatti come questo dimostrano che il Paese è ostaggio di vincoli, paletti, veti e malapolitica: l’iniziativa di imprenditori e aziende oggi incontra troppi freni alla crescita. E un governo assente non fa niente per rimuoverli».

«La notizia del sequestro preventivo di alcune aree del cantiere di Monfalcone, polo strategico non solo dell’isontino ma anche di tutto il territorio nazionale, desta molta preoccupazione. Sono quasi cinquemila, infatti, i dipendenti che domani non rientreranno sul posto di lavoro. La magistratura compierà le indagini che saranno più opportune. Ma alla luce di questa nuova notizia è sempre più necessario trovare un equilibrio tra la necessità della tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori e la possibilità di fare impresa» afferma la senatrice del Pd Laura Fasiolo in una nota. Secondo la quale «è sempre più necessario trovare un equilibrio tra la necessità della tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori e la possibilità di fare impresa».

FVG sergio razeto president econfindustria trieste renzo tondo«Preoccupazione e sgomento» è stato espresso dal presidente di Confindustria Venezia Giulia, Sergio Razeto, il quale sostiene che, «se da un lato non si può prescindere dal rispetto delle norme, dall’altro non è ammissibile che ancora una volta si proceda alla chiusura dell’attività di un intero stabilimento industriale, senza preoccuparsi delle conseguenze economiche e sociali che ne derivano». Razeto sottolinea che «in realtà non si parla di un grave pericolo per la salute e per l’ambiente, ma dell’interpretazione di una norma sulla gestione degli scarti di lavorazione prodotti a bordo nave, su cui si è pronunciata la Corte di Cassazione. Pur non entrando nel merito del provvedimento della Suprema Corte», per Razeto «si sarebbero potute valutare misure alternative al sequestro, in modo da non inibire di fatto l’attività della Fincantieri e delle imprese dell’indotto a Monfalcone», la «più grande impresa cantieristica europea, che adotta procedure analoghe a quelle dei suoi competitors europei, nel rispetto delle specifiche norme sulla gestione ambientale».