Di Fonso (Confindustria Vicenza): «Soddisfatti, accolte a Bruxelles le nostre richieste»
L’Europa ascolta le ragioni di Confindustria e ferma il “reverse charge”, meccanismo diabolico introdotto in Italia dalla “Legge di Stabilità” e che prevedeva l’inversione contabile dell’IVA per le forniture alla “grande distribuzione organizzata”, ovvero supermercati, ipermercati e discount alimentari. La Commissione Europea ha reso noto di non voler sottoporre al Consiglio Europeo la richiesta avanzata dall’Italia di concedere l’autorizzazione all’introduzione del “reverse charge”.
«E’ una grande vittoria che conferma i rilievi sollevati da Confindustria e presentati alla Commissione Europea lo scorso 10 marzo – osserva Domenico Di Fonso, vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega per il fisco e componente del Comitato tecnico fisco di Confindustria nazionale -. Bruxelles, in definitiva, ci ha dato ragione, ritenendo che la norma della “Legge di Stabilità” non sia in linea con le regole e con le finalità delle disposizioni comunitarie in materia di IVA. Con questa decisione viene scongiurato il rischio, per i fornitori di ipermercati, supermercati e discount alimentari di subire le pesanti conseguenze finanziarie che la misura avrebbe loro causato, non consentendo un veloce recupero dei crediti IVA maturati».
Il “reverse charge” era entrato nella Legge di Stabilità con lo scopo dichiarato di avviare un meccanismo anti-evasione. «La lotta all’evasione Iva è un obiettivo chiaramente condiviso – osserva Di Fonso -, si tratta di capire però che attuarla ricorrendo a meccanismi come il “reverse charge” vuol dire prendere male la mira e dunque sbagliare bersaglio, colpendo le imprese oneste e non gli evasori. Il risultato sarebbe un ulteriore palla ai piedi delle aziende. Misure come il “reverse charge”, ma anche come lo “split payment” che comporta il mancato pagamento dell’IVA da parte delle pubbliche amministrazioni, non fanno che colpire le molte imprese corrette, facendo pesare su di esse l’incapacità di colpire gli evasori. Diventano niente più che prestiti forzosi delle aziende allo Stato. Nella Grande distribuzione e nella PA i costi sono tutti documentati, quindi l’evasione non la si combatte così. Per contro, si avrebbe un aumento pesante del credito IVA da parte delle aziende, con le prospettive di recupero in tempi troppo lunghi per le capacità di resistenza delle imprese. Ricordiamoci che la stessa Commissione ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia per i cronici ritardi nell’esecuzione dei rimborsi IVA. Ritardi che già ora costringono spesso le aziende a ricorrere a finanziamenti bancari, con ulteriori costi per interessi passivi e garanzie fidejussorie. E’ chiaro che il “reverse charge” da una parte e lo “split payment” dall’altra finirebbero col far saltare moltissime aziende».