Lo Statuto speciale d’autonomia del Trentino Alto Adige compie 40 anni

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Dellai e Durnwalder

Dellai e DurnwalderDurnwalder: “non è solo un pezzo di carta”. Dellai nella lettera inviata a Napolitano: “un’esperienza al servizio del Paese”

Il 20 gennaio 1972 è una data storica per la regione Trentino Alto Adige, in quanto segna l’entrata in vigore del secondo Statuto di autonomia che ha dato una maggiore forma di autogoverno alla minoranza tedesca fino ad allora ingabbiata nel guscio della regione, trasformando di fatto le due province di Trento e di Bolzano in realtà quasi regionali, dotate ciascuna di ampissime competenze, lasciando alla Regione un ruolo di raccordo tra le due realtà che è andato progressivamente svuotato a favore delle due province.
Per il presidente della provincia di Bolzano Luis Durnwalder, lo Statuto “non è solo un pezzo di carta, o una legge come tutte le altre ma rappresenta la base su cui è stato costruito l’Alto Adige che conosciamo oggi”. Per il governatore altoatesino “siamo una terra particolare, diversa dalle altre regioni italiane per lingua, cultura, geografia ed economia, e ciò che può funzionare a Roma o a Milano non è detto che funzioni anche da noi”, prosegue Durnwalder, ricordando la strada “lunga, ripida, piena di ostacoli” che ha portato al secondo statuto di autonomia, osservando che il riconoscimento formale della specialità altoatesina nel 1972 non ha rappresentato un punto di arrivo, ma piuttosto di partenza: “nei successivi 20 anni abbiamo dovuto tradurre in fatti concreti ciò che era solo sulla carta”. Per Drunwalder “se oggi viviamo in una provincia dove sono stati raggiunti la pace, la sicurezza e il benessere, lo dobbiamo agli sforzi compiuti da chi in questi anni ha governato l’Alto Adige e dalla volontà dei tre gruppi linguistici che vi convivono”.
L’anniversario è stato commentato anche dal presidente della provincia di Trento e presidente della regione Trentino Alto Adige, Lorenzo Dellai, che ha colto l’occasione per rivolgere in una lettera aperta al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “una riflessione dedicata al lungo cammino dell’esperienza autonomistica, un’esperienza al servizio anche del resto del Paese, ed insieme la consapevolezza del difficile momento che l’Italia, assieme al resto dell’Europa, sta attraversando”.
Questo il testo della missiva inviata da Dellai al Quirinale.
“Signor Presidente,
Le scrivo in un giorno di grande valenza simbolica per il Trentino: quarant’anni fa entrava in vigore il Secondo Statuto di Autonomia, con il quale si è definito il nostro attuale assetto istituzionale. Nel porgerLe il caloroso saluto di tutti i trentini, voglio anche consegnarLe alcune considerazioni per noi molto importanti.
Il dibattito mediatico si è interessato più volte della nostra Autonomia Speciale in questi ultimi mesi e di sicuro continuerà a farlo in futuro. Siamo naturalmente molto felici quando, al di fuori dei nostri confini, discutono di noi. Non siamo gelosi della nostra esperienza autonomistica, se per gelosia intendiamo un sentimento di timore misto ad irrazionale possessività: vogliamo invece che la nostra Autonomia venga conosciuta e giudicata, anche con rigore, per quanto ha prodotto e per quanto può dare di utile a tutto il nostro Paese.
Il nostro rammarico è che spesso emerge una sostanziale ignoranza di fondo della nostra storia e delle nostre peculiari istituzioni di “Comunità Autonoma”. Un’ignoranza che dipende certo anche da nostre responsabilità e che si mescola, talvolta, ad un sentimento di “rivalità” da parte di molti. Purtroppo, più si inasprisce la crisi economica, più si rafforzano – accanto ai comportamenti migliori e più innovativi – le tendenze regressive, con la cifra della chiusura e dell’antagonismo con presunti “nemici”.
E quando, come per quanto ci riguarda, i nemici non esistono, si inventano, perché ciò fa comodo. Oggi, Signor Presidente, noi festeggiamo una tappa fondamentale di un lungo cammino che continua. Perciò, noi ringraziamo chi ci ha preceduto e tutte le autorità politiche ed istituzionali che, all’epoca, hanno dimostrato lungimiranza e autentico senso dello Stato.
Vogliamo vivere questa occasione, come molte altre, per riflettere su noi stessi, per migliorare, per essere sempre più responsabili verso la nostra comunità, verso il Paese e verso l’Europa. E vogliamo portare le nostre riflessioni anche fuori del Trentino: oggi più che mai, è indispensabile che tutti i trentini si sentano “ambasciatori” della loro Autonomia.
Lei sa benissimo come si è arrivati al varo del Secondo Statuto: ricorda perfettamente quel percorso difficile, ma entusiasmante. Ricorda le tensioni che precedettero questo passaggio fondamentale, la stagione delle bombe, il rischio di veder ricomparire i fantasmi del passato, quegli opposti nazionalismi che provocarono la lacerazione di un tessuto prima unitario. Ricorderà anche senz’altro i protagonisti trentini e sud tirolesi di questa difficile intesa, che ha ripristinato il vero spirito dell’Accordo di Parigi, opera del grande Alcide Degasperi: in modo particolare, Bruno Kessler, Silvius Magnago, Alcide Berloffa.
Questo percorso, che ha portato alla pacificazione e poi allo sviluppo armonico di una area strategica come quella attorno al Brennero, dovrebbe essere parte di un patrimonio di memorie collettivo, che si tramanda di generazione in generazione. Niente invece è meno scontato: spesso le conquiste vissute nel presente non vengono ricondotte alle fatiche del passato.
Per questa ragione, noi da tempo abbiamo avvertito la necessità di riscoprire i valori dell’autonomia, contro il rischio di una sua visione solo “amministrativa”; abbiamo deciso di rafforzare la conoscenza della nostra storia, pensando ai nostri padri che, con il sacrificio dell’emigrazione e della lotta contro la storica povertà, hanno impresso nel nostro codice genetico il carattere della solidarietà e della tenacia; abbiamo scelto di accrescere l’attenzione verso i ragazzi ed i giovani, portatori di un diritto inalienabile a poter conoscere ed interpretare, con i loro linguaggi, questi valori e questa storia.
Sì, perché l’impianto istituzionale e giuridico della nostra Autonomia si è innestato su una costituzione materiale fatta di solidarietà, volontariato, cooperazione, attitudine a “fare da sé”, legame con il territorio, anche nelle piccole comunità di montagna. Tutto ciò si è certamente modificato nei decenni dello sviluppo, ma per nostra fortuna non ha perso la sua natura di vero e proprio elemento unificante e identitario di queste nostre “terre tra i monti”.
È l’aspetto più importante della nostra peculiare realtà ed è anche ciò che più si apprezza di noi all’esterno. Questa costituzione materiale è all’origine sia della nostra fortissima coesione sociale sia della nostra presenza spontanea e volontaria lì dove possiamo essere utili. Dal terremoto in Abruzzo fino ai molti Paesi del Terzo Mondo ove operano i nostri cinquecento missionari e le nostre duecentosessanta associazioni per la cooperazione allo sviluppo.
Signor Presidente, sappiamo che l’Autonomia, così concepita, non è solamente un nostro diritto consolidato: essa ci carica di enormi responsabilità. Per questo non abbiamo paura del futuro ma siamo impegnati per essere all’altezza di queste responsabilità.
La stagione, per noi relativamente recente, della ricchezza diffusa ha portato con sé anche qualche accenno di pigrizia e qualche pesantezza, anche istituzionale. Ma sappiamo già come operare per dare il buon esempio in queste direzioni, stimolando spirito di iniziativa, valorizzazione dei talenti, sobrietà ad ogni livello.
Vogliamo essere una terra che valorizza sempre di più la democrazia e la partecipazione; che rispetta l’ambiente, anche in forza della responsabilità attribuitaci dall’Unesco quando le nostre Dolomiti sono diventate “Patrimonio dell’Umanità”; una terra che rafforza i propri legami di amicizia e di collaborazione con Bolzano ed Innsbruck.
Vogliamo crescere come Regione europea della conoscenza, mettendo al centro dei nostri investimenti la formazione, la ricerca scientifica, l’innovazione, quali condizioni fondamentali per valorizzare i nostri giovani ed offrire ad essi occasioni di lavoro stabile e qualificato. Quando dico “nostri” giovani, intendo dire anche i giovani che da ogni parte d’Italia e del mondo vengono o vorranno venire a Trento per studiare e per dare il proprio contributo al futuro.
In un momento di grande difficoltà e di fronte ai rischi di una regressione che rischia di essere non solo economica ma anche civile e culturale, noi vogliamo far crescere fiducia nel futuro e coltivare visioni di lungo periodo.
Lo vogliamo fare e lo facciamo per noi e per tutto il nostro Paese, quel Paese “unito e plurale” che Lei, Signor Presidente, egregiamente oggi rappresenta”.