Marchesini: «il settore estrattivo occupa 20.000 persone ed è uno dei settori trainanti dell’economia locale». Nessuna correlazione tra attività estrattiva e terremoti
Il contributo dell’Emilia-Romagna alla produzione nazionale di idrocarburi è del 25% del totale del prodotto su scala nazionale. Se si considera il solo apporto di gas, la percentuale sale al 48%. E’ quanto emerge dal seminario “Territorio e idrocarburi: l’Emilia-Romagna”, organizzato da Assomineraria in collaborazione con Confindustria regionale.
Si tratta di un settore, ha spiegato il presidente degli industriali della regione, Maurizio Marchesini, che «occupa circa 20.000 persone, ed è uno dei settori trainanti dell’economia dell’Emilia-Romagna».
Per il professore Alberto Clò, ex ministro dell’Industria e presidente di Rie (Ricerche industriali ed energetiche), «c’è un paradosso nazionale e uno locale. Quello nazionale è che avremmo tutte le possibilità per ridurre sensibilmente la dipendenza da paesi che in questi mesi evidenziano la criticità di una soggezione politica, e sto parlando di Russia e Libia – ha spiegato -. L’Italia ha riserve di idrocarburi tali per cui potremmo, con un grande contributo ai capitali privati, ridurre sensibilmente questa dipendenza. A livello locale, invece, l’Emilia-Romagna è per definizione nella storia italiana la patria degli idrocarburi, è qui che è nata a metà Ottocento l’industria non solo mineraria ma anche un distretto d’imprese impiantistiche e di servizi che possono considerarsi eccellenze a livello mondiale. Impedire la valorizzazione di queste risorse, e lo sviluppo di queste imprese che operano quasi interamente all’estero, penso che sia un’opportunità non colta». Per il professore il seminario «mette per prima volta in torno a tavolo le istituzioni, l’università e le imprese, ed è il modo giusto per avviare un dialogo per prendere scelte nella direzione che ho indicato».
Il convegno si è occcupato anche delle possibili correlazioni tra attività estrattive e quelle sismiche. «Dopo il sisma del 2012 – sottolinea Marchesini – gli interrogativi emersi da più parti sulle possibili correlazioni tra le attività di ricerca di idrocarburi in Emilia ed il terremoto, si sono diffusi trovando un naturale terreno fertile nelle paure dei cittadini e di tutti noi. Siamo arrivati a poter affermare, sulla base di studi svolti dopo il sisma dai maggiori esperti del settore e sulla base di sperimentazioni svolte nel Laboratorio di Cavone, che le attività di idrocarburi non hanno avuto un ruolo nel provocare o nell’innescare il sisma». Nonostante quest’evidenza scientifica, per Marchesini «a seguito del terremoto si sono scatenate delle paure anche se si è dimostrato, sia su base scientifica che su base sperimentale, che non c’è alcuna connessione tra il prelievo di idrocarburi e il terremoto; purtroppo siamo in una situazione che ancora tiene bloccata la ricerca di nuovi pozzi nella nostra regione». Per Clò «le bugie più grandi sono quelle che sembrano anche vere. Aver alimentato il timore e il terrore che il sisma fosse stato provocato da attività minerarie che non si sono neanche svolte ha creato una frattura nell’opinione pubblica. Un’opposizione motivata, ma che la scienza ha chiarito in modo netto: non vi è connessione tra quello che è accaduto e l’attività mineraria. Le stesse istituzioni hanno ritenuto di avere dalla scienza una chiarificazione, oggi rendono evidente che questa connessione non c’era e non c’è».